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Faziosità a sinistra, incultura a destra

18 Marzo 2024 - di Dino Cofrancesco

In primo pianoPoliticaSocietà

Come sia finito Tommaso Cerno alla direzione del ‘Tempo’, il quotidiano di Renato Angiolillo e di Vittorio Zincone, resta per me un mistero. Certo un editore  può imporre al foglio di cui è proprietario una nuova linea politica ma la rottura con la tradizione non ha nulla di esaltante per quanti hanno a cuore la continuità col passato e con i valori ai quali per tanti anni si è rimasti fedeli, pur nella consapevolezza che, col mutar dei tempi, le strategie per preservarli e consegnarli alle generazioni future possono e debbono variare. E’ superfluo aggiungere che la continuità che si è apprezza è quella che si accompagna allo ‘stile’, al rispetto degli avversari, alla misura.

 Non voglio essere equivocato,   Tommaso Cerno è un giornalista di sinistra e rimasto tale, che spesso, tuttavia, nei talk show televisivi, ha assunto apprezzabili atteggiamenti anticonformisti e contro-corrente. In un primo momento, avevo pensato, ingenuamente, che forse la sua nomina fosse dovuta alla definitiva entrata dell’ex direttore dell’Espresso nella area politica liberale. Mi ha stupito, pertanto, nel vederlo, la sera del 15 marzo su un canale di Mediaset–il 35–raccontare la marcia su Roma con un linguaggio che sarebbe piaciuto all’Anpi. Il commento al documentario storico, infatti, era scandito da frasi come ‘la marcia dei malfattori’,’i malfattori sfilano..’,i malfattori tornano nelle loro tane provinciali etc.

 Mi sono venute in mente due considerazioni: ma com’è possibile che, a più di un secolo dalla marcia su Roma e dopo le ricerche di Renzo De Felice, “che tanta ala vi stese”, si riguardino le camicie nere come una banda di mascalzoni, violenti e ubriachi? Che Mussolini e i quadrumviri abbiano affossato–ma non nel 1922 bensì nel 1924– l’Italia liberale non ci piove ma ancora adesso ci è così difficile  riconoscere che avevano in mente un progetto politico, un’etica, dei valori, che non sono certo i miei ma che, non pertanto, vanno compresi (anche per evitare il pericolo che la dimenticanza del passato comporti la sua ricomparsa) e analizzati sine ira ac studio? Viviamo ancora nel clima della guerra civile in cui quanti hanno in odio la democrazia liberale —siano rossi o neri—sono da riguardare alla stregua dei delinquenti comuni? Brutto segno questo sprofondare politica e diritto, etica e religione nell’abisso dell’indistinzione indotta dal fanatismo moralistico più ottuso! Quando il nemico diventa un criminale tout court e la sua neutralizzazione una faccenda che riguarda non l’esercito ma la polizia, ci si pone al di fuori  della civiltà liberale, che distingue Al Capone da Adolf Hitler.

La seconda considerazione rinvia alle dolenti note sulla cultura della destra liberale. L’antifascismo ‘senza se e senza ma’ di Cerno non è inferiore a quello di Aldo Cazzullo, per il quale Mussolini è stato solo un delinquente–Mussolini il capobanda. Perché dovremmo vergognarci del fascismo Ed. Mondadori (sic!) s’intitola un suo libro recente—ma colpisce che abbia trovato spazio in una TV come Mediaset nata (anche) all’insegna della lotta al pensiero unico. E’ forse il segno inequivocabile che anche per i dirigenti dell’emittente televisiva creata da Berlusconi a stabilire chi sono gli storici che contano è il circolo mediatico Espresso/Repubblica/Stampa etc.

 In realtà, se a sinistra troviamo, da sempre, una faziosità ideologica degna della Russia stalinista, a destra, trionfa  un’incultura non riscattata da quel pragmatismo che fu una delle grandi virtù del liberalismo di governo. In una Regione di centro-destra come la Liguria, la commemorazione del 25 aprile venne affidata ,l’anno scorso, pensate un po’, a Maurizio Viroli, uno degli storici più settari e dogmatici che abbiano calcato le scene delle patrie lettere, autore di libri che presentano Silvio Berlusconi  come il più grande corrotto e corruttore della Prima Repubblica. Ma c’è di peggio: l’amministrazione di centro-destra del Comune di Genova, ripetutamente sollecitata, ha fatto orecchie da mercante alla proposta di dedicare una strada, un giardino, una piazza, una scuola al più grande sociologo del suo secolo, il genovese Vilfredo Pareto, al più grande giornalista del Novecento, Giovanni Ansaldo, nato all’ombra della Lanterna, a uno dei più importanti registi del Novecento Pietro Germi, nato nella genovesissima Via Ponte Calvi e figlio di un portiere d’albergo. Che le amministrazioni di centro-sinistra non l’abbiano fatto si può capire: Vilfredo Pareto, di cui Mussolini aveva il culto, fu proposto nel 1923 come rappresentante italiano in una importante Commissione della Società delle Nazioni a Ginevra e quindi nominato senatore del Regno; Giovanni Ansaldo, dopo la sua adesione al fascismo, aveva diretto ‘Il Telegrafo’ su designazione dell’amico Galeazzo Ciano e, nel secondo dopoguerra, il liberalconservatore ‘Mattino’ di Napoli; Pietro Germi era ritenuto dagli intellettuali e cineasti del PCI un socialdemocratico, quindi un criptofascista. Figli simili, per la Genova antifascista, erano da dimenticare ma la Genova civile, non dovrebbe rendere omaggio a pensatori, giornalisti e artisti che hanno segnato la storia culturale italiana, pur non dimenticando colpe ed errori che possono aver commesso (non Germi naturalmente)?

Aiuta il progetto ARTICOLO 34 – MERITO E PARI OPPORTUNITA’

6 Dicembre 2022 - di fondazioneHume

Speciale

L’articolo 34 della Costituzione recita:

La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Purtroppo, il sistema di sussidi che enti pubblici e privati erogano agli studenti è ancora ben lungi dal garantire il rispetto dell’articolo 34.

Le borse destinate ai “capaci e meritevoli” ma “privi di mezzi” sono ancora troppo poche (specie nella scuola secondaria superiore), di importo insufficiente, e non sempre in grado di individuare i più capaci e meritevoli.

La Fondazione David Hume sta elaborando un progetto per far sì che, nel giro di alcuni anni, il dettato costituzionale venga pienamente rispettato attraverso un sistema di borse di studio ampio, generoso, e in grado di assicurare anche ai meno abbienti il proseguimento degli studi fino ai gradi più alti.

La promozione del merito, a partire dalla scuola, è uno degli strumenti fondamentali per contrastare le diseguaglianze e favorire le pari opportunità. Ma è anche una via per alzare il livello medio di preparazione degli studenti, con benefici in tutti i campi, dalla cultura alla sanità, dall’economia alla qualità della vita democratica.

Il nostro progetto prevede innanzitutto l’istituzione di un FONDO NAZIONALE DEL MERITO, che permetta ad ogni singola scuola di:

  • Premiare, con un riconoscimento simbolico e una piccola somma in denaro (per esempio 100 euro), le allieve e gli allievi che hanno ottenuto i risultati migliori, indipendentemente dalla condizione economico-sociale della famiglia: le ragazze e i ragazzi che ottengono buoni risultati vanno tutti riconosciuti e valorizzati, perché – con il loro impegno e il loro talento – contribuiscono al benessere e al buon funzionamento dell’intera comunità;
  • Dotare di una significativa borsa di studio (per esempio 12 mila euro l’anno) le premiate e i premiati che provengono da famiglie svantaggiate, e rischiano quindi di interrompere prematuramente gli studi, o intraprendere percorsi inferiori alle loro possibilità, dover lavorare per mantenersi agli studi, con grave perdita per loro stessi e per la collettività.

Il FONDO NAZIONALE DEL MERITO, provvisto di una dotazione iniziale dello Stato centrale, dovrebbe essere aperto ai contributi degli altri enti pubblici e dei privati, in particolare famiglie, imprese, fondazioni bancarie, istituzioni e organizzazioni del terzo settore.

L’ipotesi da cui muoviamo è di iniziare dai ragazzi di 3a media e, ogni anno, estendere il sistema ad una o più leve successive, anche in funzione dell’apporto dei soggetti che vorranno contribuire al “Fondo nazionale del merito”. Più generosi saranno i contributi al Fondo, più rapidamente sarà raggiunto l’obiettivo di assicurare un adeguato sostegno a tutti i “capaci e meritevoli”, come avevano previsto i Padri Costituenti.

Elezioni del 25 settembre: LIBERI DI SCEGLIERE

3 Agosto 2022 - di fondazioneHume

PoliticaSpeciale

Elezioni. Manifesto di giuristi e altre personalità della cultura : “Liberi di scegliere. Per una campagna elettorale all’insegna del pluralismo, della pari dignità, della solidarietà politica e della responsabilità”

“Liberi di scegliere”. E’ il titolo del manifesto lanciato da costituzionalisti di diverso orientamento politico per una campagna elettorale all’insegna del pluralismo, della pari dignità, della solidarietà politica e della responsabilità. Un’iniziativa contro la delegittimazione e le campagne denigratorie che purtroppo hanno contraddistinto questa prima fase del confronto elettorale, aperto anche alla adesione di altri accademici e già sottoscritto in poche ore da oltre cento costituzionalisti, giuristi, politologi, sociologi, diplomatici, docenti di diritto e scienza della politica ed altri accademici.

Di seguito il testo dell’appello:

Nei momenti più delicati nella vita di una nazione grava in capo a ciascun componente della comunità il dovere di agire senza mettere in discussione quel minimo comune denominatore, fondato sulla pari dignità sociale dei cittadini, su cui si regge la convivenza politicamente organizzata. La Costituzione italiana evoca questo essenziale principio di condotta già nelle sue prime battute, allorché nell’art. 2 richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, accanto a quelli di solidarietà sociale ed economica. La Carta, inoltre, agli art. 3 e 21, richiama all’osservanza della pari dignità sociale anche nelle manifestazioni del pensiero e delle opinioni e all’art. 49  impone il rispetto del metodo democratico nella competizione tra i partiti.

Tra i fondamenti dell’ordinamento repubblicano vi è certamente il diritto-dovere dei cittadini di scegliere liberamente i propri rappresentanti in Parlamento e il correlato diritto di tutti i partiti politici e dei loro esponenti di competere democraticamente per l’acquisizione del consenso, aspirando al governo del Paese secondo la propria visione dell’interesse generale.

La dialettica democratica, i principi di libertà e rispetto, insieme al richiamato dovere inderogabile di solidarietà politica postulano la reciproca legittimazione dei concorrenti, il ripudio di ogni atteggiamento di contrapposizione radicale, teso a mettere in discussione il diritto di ciascuna forza politica ad aspirare alla guida del Paese con il consenso degli elettori, così come, ancor di più, forme di discriminazione o di screditamento, da qualsiasi parte provengano, fondate sulle caratteristiche fisiche o sulle posture di chi è considerato avversario e, talvolta, addirittura “nemico” politico.

Il dovere di accettare la fisiologia della competizione politica e gli esiti che gli elettori determineranno non grava soltanto sui partiti e sui loro esponenti, ma su tutti i soggetti e le componenti della comunità, che, in ogni democrazia pluralista, contribuiscono ad alimentare il dibattito e ad orientare l’opinione pubblica (stampa, accademia, istituzioni economiche e sociali, etc.)

A maggior ragione nei momenti di grande instabilità economica, sociale e geopolitica come quello che stiamo attraversando – con la necessità di mantenere un saldo impegno corale, insieme agli alleati europei e occidentali, contro gravi minacce da ultimo concretizzatesi con l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia – elementari istanze di responsabilità e di “correttezza costituzionale” impongono il ripudio di ogni atteggiamento discriminatorio o delegittimante, che, prescindendo dalla volontà degli elettori e dal rispetto delle normali dinamiche istituzionali e costituzionali, alimenti contrapposizioni radicali, forme di delegittimazione morale, condizioni di sospetto e inquietudine sociale fondate su congetture, narrazioni prive di riscontri o addirittura vere e proprie “fake news”.

Nell’architettura democratica e pluralista della Carta repubblicana ogni diritto e ogni libertà – compresa la libertà di manifestazione del pensiero e quella di stampa – si declinano in parallelo ai doveri di solidarietà, al principio di responsabilità, di osservanza del metodo democratico e all’esigenza di rispetto della dignità della persona.

Auspichiamo, dunque, che tutti i soggetti convolti nella campagna elettorale appena iniziata, ma anche nel dibattito pubblico a questa connesso, rispettino le istanze del pluralismo e del reciproco rispetto, pur nella legittima e necessaria dialettica tra differenti visioni politiche e culturali, affinché possa svolgersi un confronto chiaro e netto tra idee, programmi, progetti alternativi sui quali gli elettori potranno liberamente esprimersi.

Per sottoscrivere il manifesto: liberidiscegliere2022@gmail.com

Perché Bach ci può salvare. Storia della pianista internata da Mao

9 Novembre 2018 - di Susanna Tamaro

HumanitiesIn primo pianoSelected Books

Qualche settimana fa, facendo ordine nella libreria, mi è capitato in mano il famoso Libretto rosso di Mao Zedong. Era la versione in cinese di mio padre, sinologo dilettante. Non ero in grado di leggere neppure un ideogramma, ma improvvisamente mi sono tornati in mente i tanti slogan che rimbombavano nelle orecchie degli adolescenti e dei ragazzi della mia generazione.   Leggi di più

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