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Manovre al centro – Una nuova Margherita?

22 Gennaio 2025 - di Luca Ricolfi

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Nei giorni scorsi, a proposito delle manovre in corso a sinistra, su Repubblica è uscito un articolo di Massimo Giannini con il titolo “Quale centro può servire alla sinistra”.

Il nucleo dell’articolo si può riassumere così: va benissimo aprire una discussione che allarghi al mondo dei cattolici e dei centristi il perimetro della sinistra ma, per carità, guardiamoci bene dal fondare un nuovo partito, perché il luogo in cui fare quella
discussione esiste già ed è il Pd.

Leggendo – il giorno dopo – le pagine della Stampa (altra testata del gruppo Gedi) dedicate ai due raduni dei riformisti a Milano (con Romano Prodi e Ernesto Maria Ruffini) e Orvieto (con Paolo Gentiloni e Enrico Morando), il messaggio che il lettore ricava è analogo. Un titoletto sottolinea il “no a nuovi partiti” di Romano Prodi, una intervista a Gianni Cuperlo avverte fin dal titolo che “vanno bene anche idee diverse, ma la casa comune dev’essere il Pd”. Esattamente il preoccupato ammonimento di Giannini.

Non so se – sul tema della nuova casa dei riformisti – la stampa progressista che conta abbia una sua linea politica, ma mi pare evidente che, dentro il Pd, l’eventualità di una rinascita di qualcosa di simile alla Margherita di rutelliana memoria suscita molte preoccupazioni. Certo, adesso un po’ tutti negano, ma la tentazione di mettere in scena qualcosa di nuovo, a destra del Pd, si scorge ad occhio nudo. E quindi ben si comprende che chi al Pd è affezionato, o crede nella sua insostituibilità come guida
della sinistra, non veda di buon occhio le manovre al centro.

La mia impressione è che entrambe le posizioni, di chi vuole affiancare il Pd e chi vuole arricchirlo dall’interno, abbiano ottime ragioni dalla propria parte. Chi in cuor suo è tentato di resuscitare la Margherita (ossia cattolici e liberal-socialisti) ha perfettamente ragione a prendere atto che la “fusione a freddo” fra Ds e Margherita è fallita, o meglio ha avuto successo solo nella stagione renziana (2014-018), l’unico breve periodo nel quale i riformisti non sono stati sopraffatti dai post-comunisti.

Dopo Renzi, e più che mai dall’avvento di Schlein, il Pd è tornato a essere quel che erano i Ds, ossia un partito di sinistra-sinistra, ostile al mercato e perenne ostaggio di tentazioni giustizialiste. Quindi ben si comprende che chi è stato sconfitto ed emarginato (cattolici e liberal-socialisti), ora provi a rialzare la testa.

Ma anche quanti, come Cuperlo e Giannini, vedono come fumo negli occhi la nascita di un partito di sinistra moderata hanno le loro buone ragioni. Fusione e scissione non sono operazioni simmetriche e reversibili. Quel che ieri si tentò fondendo Ds e
Margherita, non può essere disfatto oggi scindendo il Pd per estrarne miracolosamente la Margherita. È vero che le grandi manovre per occupare il centro pretendono di rivolgersi soprattutto a delusi e indecisi, ma è difficile pensare che non
finiscano anche per sottrarre voti al Pd, così riattizzando l’incendio che l’era renziana aveva fatto divampare, e che si è spento solo con la riconquista della “ditta” da parte della vecchia guardia ex comunista dei Bersani e D’Alema.

Né pare una soluzione convincente quella – suggerita da Ruffini – di costituire anche in Italia una “maggioranza Ursula”, visto che Forza Italia, l’unico partito di destra candidato a farne parte, non raccoglie neppure il 10% dei voti (8.3% secondo l’ultimo
sondaggio) e rischierebbe di rimpicciolirsi ulteriormente ove un eventuale nuovo partito moderato di sinistra dovesse vedere la luce di qui alla fine della legislatura.

A quanto pare la strada dei riformisti è impervia e costellata di rischi, qualsiasi cosa facciano. Sempre che, di qui al 2027, qualche catastrofico errore di Giorgia Meloni o dei suoi non spiani alla sinistra la strada per tornare al governo. Senza colpo ferire.

[articolo uscito sulla Ragione il 21 gennaio 2025]

Forza Italia e il destino del centro

29 Agosto 2024 - di Luca Ricolfi

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Che succede in Forza Italia?

In questi ultimi giorni si sta parlando di una imminente proposta di legge di Forza Italia che agevolerebbe l’acquisizione della cittadinanza italiana ai ragazzi stranieri che hanno completato uno o più cicli di studio. L’idea è già stata bocciata da Lega e
Fratelli d’Italia (non è nel programma di governo), mentre una significativa apertura sul cosiddetto Ius scholae – ovvero la cittadinanza in base agli anni di scuola in Italia – è arrivata da Giuseppe Conte con un articolo sul Corriere della Sera.

La cosa interessante è che Conte non solo ha appoggiato l’idea, attribuendone la paternità ai Cinque Stelle, ma ha anche attaccato il massimalismo di Pd e Alleanza Verdi-Sinistra (AVS), che punterebbero sullo Ius soli (basta nascere in Italia per ottenere la cittadinanza), ossia su una proposta non solo impraticabile (mancano i numeri in parlamento) ma anche politicamente sbagliata.

Una lettura congiunta di questi due episodi suggerisce un’ovvia osservazione: sia a destra (con Forza Italia) sia a sinistra (con i Cinquestelle) è in atto un tentativo di differenziarsi dalle forze più radicali, spostandosi verso il centro.

Questo doppio movimento, tuttavia, è molto più credibile a destra che a sinistra. La mossa di Forza Italia, infatti, non è estemporanea come quella dei Cinque Stelle, ma segue una serie di recenti mosse dello stesso tipo. Pochi giorni fa Tajani, leader di Forza Italia, ha fatto significative e assai esplicite aperture anche su un’altra proposta non gradita agli alleati di governo, quella di varare un provvedimento svuotacarceri, misura peraltro perfettamente in linea con la tradizione garantista del partito berlusconiano. Ancora più significativamente, un paio di mesi fa Marina Berlusconi, presentando i progetti della casa editrice Silvio Berlusconi Editore, ha fatto una dichiarazione molto impegnativa: “Se parliamo di aborto, fine vita o diritti Lgbtq, mi
sento più in sintonia con la sinistra di buon senso. Perché ognuno deve essere libero di scegliere”.

Sono tre mosse significative, che convergono su un unico obiettivo: salvare Forza Italia rafforzandone il profilo moderato garantista, liberale, e pure laico-libertario. Alla luce delle ultime mosse, non vi sarebbe nulla di strano se domani Forza Italia dovesse farsi promotrice di una legge sul fine vita, o desse disco verde al matrimonio egualitario.

È realistico un simile progetto di riposizionamento politico?

Secondo me sì, ma per spiegare perché occorre tornare ai Cinque Stelle e al loro speculare progetto di distacco da Pd e AVS. La differenza fra le due situazioni è che a sinistra qualsiasi forza moderata suscita una crisi di rigetto di natura ideologica, aggravata dal ricordo della stagione renziana. Mentre a destra un analogo rigetto non avviene perché i partiti di centro-destra, ormai da decenni, sono abituati a ricercare un equilibrio fra loro in modo pragmatico, lungo linee negoziali, senza scontri sui principi ultimi.

Ecco perché a destra c’è posto per una robusta gamba moderata, mentre a sinistra non c’è.

E la Margherita? potrebbe obiettare qualcuno, pensando a quando il centro sinistra la gamba moderata ce l’aveva eccome.
Ma è precisamente questo il punto. Per essere pienamente accettati nello schieramento di centro-sinistra, i moderati dovettero creare un loro partito, dotato di una massa elettorale critica, vicina a quella della componente post-comunista, e puntare su un “papa straniero” (Romano Prodi). È così che riconquistarono la maggioranza nel 2006, dopo il quinquennio berlusconiano.
Oggi siamo lontanissimi da quelle condizioni. La Margherita non esiste più, inabissata nel Pd; il progetto di dare al centro-sinistra una gamba moderata è fallito con la dissoluzione del Terzo Polo; la massa elettorale di Renzi è ridicola; il partito di Conte ha ben poco di moderato; quello di Calenda lotta per non scomparire; Elly Schlein è tutto tranne che un papa straniero.

Allo stato attuale il duo Tajani-Marina Berlusconi è di gran lunga l’offerta più credibile per gli elettori che guardano al centro.

[articolo per la Ragione, inviato il 19 agosto 2024]

Quegli anni bui del centrismo…

30 Novembre 2022 - di Dino Cofrancesco

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Gli anni che vanno dai primi governi Alcide De Gasperi allo sdoganamento delle forze di sinistra—i socialisti prima, i comunisti dopo—vengono descritti come una  sofferta fase di transizione tra la dittatura e la democrazia. Una chiesa che influenzava le scelte politiche, una radio che cestinava ogni prodotto artistico non in linea con i valori tradizionali (Dio, patria, famiglia), un’industria cinematografica soggetta alle più ottuse censure. Per chi ha vissuto quel periodo sembra di leggere una storia svolta a sua insaputa. Ero un liceale nei tardi anni cinquanta –l’unico studente della mia classe ad avere la tessera del PSI: invece della ‘Gazzetta dello Sport’, compravo ‘Il Mondo’ e non mi piaceva affatto vivere nella più bianca (allora) provincia italiana. Però ricordo anche altri aspetti di quell’Italia  dimenticati e rimossi: una televisione che, oltre a esercitare la censura, si preoccupava di elevare il livello culturale degli italiani (con sceneggiati di classici della letteratura e la mandata in onda del grande teatro europeo); una scuola selettiva non solo per gli studenti ma anche per i professori che, per diventare di ruolo, dovevano sudare sette camicie; un’amministrazione pubblica (stato e parastato) nella quale si entrava grazie a concorsi – tenuti nella mitica sede romana di Via Gerolamo Induno! – che non guadavano in faccia a nessuno; la diffusione del benessere in ampi strati sociali. La domenica nel mio paese ciociaro, prima della guerra, i contadini arrivavano in chiesa con i piedi dipinti di marrone per simulare le scarpe, nella mia adolescenza, li vedevo arrivare in macchina con grande sconcerto dei maggiorenti locali (‘di questo passo dove andremo a finire?’). Nel suo bel blog La nostra storia (‘Corriere della Sera’) Dino Messina ha recensito il libro di Pier Luigi Ballini ed Emanuele Bernardi, Il governo di centro: libertà e riforme. Alcide De Gasperi e Antonio Segni (Ed Studium). “I risultati della riforma che arrivò nel 1950 con una legge stralcio riguardante il delta del Po, la Maremma tosco-laziale, la Basilicata e la Puglia, la Sila e altre aree della Calabria, la Sicilia e la Sardegna sono racchiuse in un numero: 750 mila ettari distribuiti”. La vera rivoluzione sociale la fece la DC, a quella dei costumi avrebbero provveduto le sinistre.

 

Dino Cofrancesco

Il fazzoletto del centro

7 Gennaio 2020 - di Luca Ricolfi

Politica

Forza Italia langue, ma Mara Carfagna – con la neonata associazione “Voce libera” – sembra intenzionata a costruire un’alternativa o una variante rispetto a Forza Italia. Sulla medesima strada si era messo poche settimane prima Giovanni Toti, ex forzista, ora governatore della Liguria, con la costituzione del movimento “Cambiamo”.   Leggi di più

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