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La morte di Darya Dugina

1 Settembre 2022 - di Dino Cofrancesco

In primo pianoSocietà

Giorni fa ho inviato un WhatsApp ad amici e colleghi, in cui esprimevo il mio sconcerto dinanzi al silenzio di quasi tutti i media sull’atto terroristico che ha fatto saltare in aria la figlia (unica) di Alexander Dugin. Solo il Pontefice ha trovato parole di pietà, per il resto giornali e tv sembravano persino soddisfatti del punto messo a segno dai nemici di Putin. ‘La guerra è guerra’, mi ha risposto qualcuno. ‘Quante sono le Dugine ammazzate in Ucraina dall’Armata rossa?’, mi ha obiettato un collega, che, peraltro, stimo molto.Eh no, qui bisogna intendersi. Un atto terroristico va condannato solo in base alle sue motivazioni ideali? L’attentato alla sede di Charlie Hebdo (7 gennaio 2015) ha sconvolto le coscienze perché a perpetrarlo sono stati fanatici islamici ma se avesse colpito l’ambasciata russa di Parigi, avremmo dovuto dedicare strade e piazze agli attentatori  ?

 No, la violenza, la barbarie, non hanno giustificazioni e se a praticarle sono i ‘nostri’, ne hanno ancora meno. I bombardamenti di Dresda, di Hiroshima, la distruzione di Montecassino, l’incendio di Primavalle che costò la vita a Virgilio e Stefano Mattei (16 aprile 1973) sono crimini incancel-labili. Nicola Chiaromonte scrisse pagine coraggiose denunciando l’olocausto di  Hiroshima (un po’ lo aveva fatto anche Eugenio Garin nelle Cronache di filosofia italiana) ma nelle commemorazioni per il cinquatenario della sua morte  chi l’ha ricordato?

 Una democrazia matura dovrebbe essere implacabile coi misfatti di quanti stavano dalla ‘parte giusta’ giacchè essi gettano un’ombra sulle cause più nobili. Gli applausi senesi al generale Alphonse Juin (quello delle marocchinate di Esperia) sono una pagina vergognosa della storia della Liberazione e riconoscerlo (finalmente!) farebbe onore alla civic culture liberale. La guerra è ineliminabile dal mondo umano e spesso è una trite necessità.Non si può essere pacifisti quando si ha a che fare con  Hitler ma se se ne adottano i metodi la sua sconfitta rischia di tradursi in una mezza vittoria.’Pietà l’è morta!’ma che lo si dica di una parte sola, quella dei nostri nemici–si chiamino Hitler, Stalin, Putin o altro.

Dino Cofrancesco

Le strane convergenze

24 Agosto 2022 - di Luca Ricolfi

In primo pianoPolitica

Supponete che un partito prevedesse, fra i suoi punti programmatici, il contrasto all’immigrazione irregolare, il rifiuto del politicamente corretto, l’ostilità alle rivendicazioni LGBT. Come lo definireste?

Credo che molti risponderebbero, senza troppe esitazioni, che lo considererebbero un partito di destra. E in effetti è così, molti partiti di destra radicale, in Italia come in Europa, rispecchiano questo profilo.

Però sarebbe un errore pensare che questo genere di idee siano prerogativa esclusiva della destra radicale. Idee del tutto affini si incontrano in alcune formazioni della sinistra radicale, ad esempio nella nuova lista “Italia sovrana e popolare”, guidata da Marco Rizzo, che in queste settimane sta raccogliendo le firme per presentarsi alle imminenti elezioni politiche. E in modo ancora più netto nei filosofi marxisti anti-capitalisti, come Jean Claude Michéa (francese), Slavoj Źiźek (sloveno), Costanzo Preve e il suo allievo Diego Fusaro in Italia.

Ma qual è la ratio di simili idee?

In parte è la medesima a destra e a sinistra. Sia la destra radicale sia la sinistra radicale vedono nei flussi migratori un doppio pericolo: l’abbassamento dei livelli salariali dei lavoratori nativi, dovuto alla concorrenza degli immigrati, la competizione fra cittadini e stranieri nell’accesso ai servizi sociali.

Diverso è il discorso sulle rivendicazioni LGBT e il politicamente corretto. Qui le motivazioni della destra e della sinistra radicali, almeno in parte, divergono. A destra l’ostilità al mondo LGBT è genuinamente culturale, perché deriva semplicemente da una concezione tradizionalista del ruolo della famiglia e del rapporto fra uomini e donne. A sinistra, invece, la medesima ostilità deriva da due idee distinte ma convergenti: il consumismo sessuale sarebbe un capitolo della colonizzazione di tutti gli ambiti della vita da parte del capitalismo globale trionfante; l’attenzione ossessiva della sinistra ufficiale al mondo LGBT e agli immigrati avrebbe completamente cancellato la questione sociale (occupazione, salari, povertà, disuguaglianze).

Più in generale, destra e sinistra radicale, considerano le questioni sollevate dal politicamente corretto (a partire dalla riforma del linguaggio) come problematiche “borghesi”, che possono interessare solo i ceti alti.

Soprattutto, destra e sinistra radicale convergono su una diagnosi: il nemico numero uno sono gli organismi sovranazionali, come l’Unione Europea, la Bce, le Nazioni Unite, la Banca mondiale, che togliendo autonomia agli stati nazionali renderebbero più difficile la difesa degli interessi nazionali e delle istanze popolari.

Di qui la fusione, a destra come a sinistra, fra sovranismo e populismo, e la comune ostilità alla sinistra ufficiale, che in tutte le società democratiche moderne è tendenzialmente liberale, cosmopolita, fiduciosa nei meccanismi di mercato, rispettosa delle istituzioni sovranazionali.

Questa convergenza può turbare chi tende a vedere destra e sinistra come due mondi antitetici e incompatibili. In compenso permette di spiegare fatti altrimenti incomprensibili, come le transizioni dall’estrema destra all’estrema sinistra e viceversa. E’ dei giorni scorsi, ad esempio, la notizia che Francesca Donato, parlamentare europea eletta nelle liste della Lega, si appresterebbe a correre nella lista del comunista Marco Rizzo, leader della neonata lista di sinistrissima “Italia sovrana e popolare”.

Risalendo indietro nel tempo, possiamo rintracciare conversioni ben più clamorose e interessanti, perché frutto di meditate elaborazioni teoriche. Penso, ad esempio, al caso dell’economista di sinistra (radicale) Alberto Bagnai, che qualche anno fa aderì alla Lega di Salvini. Ma penso, soprattutto, a Costanzo Preve, raffinato filosofo marxista anti-capitalista, che nel 2012, in occasione delle presidenziali francesi, dichiarò (e spiegò con un raffinato ragionamento) che, se fosse stato francese, in caso di ballottaggio Sarkozy-Marine le Pen avrebbe votato per la candita di estrema destra.

Ebbene, tutti questi casi, a prima vista incomprensibili, hanno una logica precisa. Alla base del sovranismo populista, che rende quasi intercambiabili destra e sinistra radicali, ci sono due idee forti: primo, l’assoluta centralità della questione sociale; secondo, la convinzione che solo gli stati nazionali abbiano qualche chance di fornire risposte alla domanda di protezione degli strati popolari.

L’analisi può essere sbagliata, ma la sfida che lancia è reale. E tocca alla sinistra ufficiale raccoglierla, innanzitutto mostrando che non ha dimenticato la questione sociale.

Luca Ricolfi

Massimalisti e riformisti

23 Agosto 2022 - di Luca Ricolfi

In primo pianoPolitica

Durante la prima Repubblica i partiti, sia pure con qualche piccola fluttuazione, venivano percepiti come disposti su un asse destra-sinistra: missini, monarchici, liberali, democristiani, repubblicani, socialdemocratici, socialisti, comunisti, psiuppini, demoproletari.

Nella seconda Repubblica, ossia a partire dal 1992, questo genere di ordinamento non è stato più possibile, perché alla dimensione destra-sinistra se ne è aggiunta un’altra, che possiamo chiamare moderato-radicale, o pro-sistema anti-sistema. Due partiti, in particolare, hanno contribuito a rompere lo schema destra-sinistra: la Lega negli anni ’90, percepita come partito radicale né di destra né di sinistra; il Movimento Cinque Stelle negli ultimi dieci anni, percepito come partito anti-sistema, incollocabile sull’asse destra-sinistra.

Oggi tutto questo sta evaporando, perché la Lega è nel frattempo diventata un partito genuinamente di destra, e i Cinque Stelle, dopo l’alleanza con il Pd nel governo giallo-rosso, sono percepiti come un partito di sinistra. In breve, il sistema politico – a dispetto delle ambizioni del Terzo polo di Renzi e Calenda – sta tornando bipolare. Cespugli a parte, c’è una destra fatta dei partiti di Meloni, Salvini, Berlusconi, e c’è una sinistra fatta dei partiti di Letta, Conte, Calenda.

Quel che non è chiaro è come questi sei partiti si dispongano sull’asse destra-sinistra. O, per dirla in modo classico, chi siano i riformisti e chi siano i massimalisti entro i due campi.

Il modo più canonico di affrontare questo tema è di utilizzare la “teoria economica della democrazia” di Anthony Downs (1957), che suggerisce di ordinare le forze politiche in base al loro grado di interventismo statale, con la destra “liberista” che vuole minimizzarlo per promuovere la crescita dell’economia, e la sinistra “statalista” che vuole massimizzarlo per attuare la giustizia sociale.

Quel che è interessante, di questo schema, è che mette a soqquadro alcune consolidate abitudini mentali. Se applichiamo all’Italia di oggi la teoria di Downs, sembra ragionevole considerare massimalisti la Lega e i Cinque Stelle. La Lega, infatti, con la proposta di un’aliquota unica al 15%, porta alle estreme conseguenze il liberismo di Berlusconi, che nel “Contratto con gli italiani” del 2001 si accontentava di due aliquote Irpef, e ora si fa bastare un’aliquota al 23%, giudicando irrealizzabile l’obiettivo del 15% caro a Salvini. Il movimento Cinque Stelle, per parte sua, con la strenua difesa del reddito di cittadinanza, porta alle estreme conseguenze l’interventismo statale caro alla sinistra, rischiando di farlo degenerare in assistenzialismo.

Visti con le lenti di Downs, gli estremi dell’asse destra-sinistra sono il massimalismo iper-liberista della Lega e il massimalismo iper-statalista dei Cinque Stelle. Ma chi occupa il centro? Chi sono i partiti più riformisti e meno massimalisti?

A sinistra la risposta è facile: il Terzo polo liberal-democratico di Renzi e Calenda nasce esattamente per dare vita a una sinistra coerentemente riformista, senza le ambiguità e le attrazioni fatali del Pd.

E’ a destra che la risposta si fa difficile, ma anche più interessante. Siamo abituati, con buone ragioni, a considerare Forza Italia come forza politica moderata, meno euroscettica e meno anti-immigrati rispetto a Lega e Fratelli d’Italia. Ma sulla politica economico-sociale, ovvero sull’asse di liberismo-interventismo della “teoria economica della democrazia”?

Qui un’analisi delle proposte in materia di tasse non lascia molti dubbi: le idee di Giorgia Meloni sono molto meno massimaliste di quelle di Berlusconi e, a maggior ragione, di quelle di Salvini. Giorgia Meloni non ama la flat tax e, nel giro di poche settimane, è riuscita a riportare a più miti consigli gli alleati. Nel programma appena pubblicato del centro-destra le aliquote del 15% e 23% non compaiono. L’eventuale flat tax, almeno inizialmente, è limitata al reddito incrementale (si applica ai guadagni in più rispetto all’anno precedente). L’unica concessione è l’innalzamento della soglia di fatturato (da 65 mila a 100 mila euro) che permette alle partite Iva di usufruire dell’aliquota del 15%. La via maestra è ridurre la pressione fiscale sulle imprese che aumentano l’occupazione.

Meloni moderata e riformista, dunque?

No, se parliamo in generale. Ma in politica economica sì. Né dovremmo stupircene troppo: la destra da cui proviene Giorgia Meloni è la destra sociale, non certo quella iper-liberista di Reagan e Thatcher.

La realtà è che Giorgia Meloni e Carlo Calenda, da opposte sponde, stanno conducendo due operazioni speculari di contenimento del massimalismo. Il terzo polo è (anche) il tentativo di iniettare un po’ di liberalismo nella cultura statalista e pro-tasse della sinistra. Fratelli d’Italia è (anche) il tentativo di immettere un po’ di stato nella cultura liberista e anti-tasse della destra.

 

Luca Ricolfi

Proposte per i disabili

15 Agosto 2022 - di fondazioneHume

In primo pianoSocietà

Nunzia Latini, è stata docente e formatrice di lingua italiana come seconda a stranieri. Nello stesso ambito, saggista per la didattica e la ricerca, relatrice in eventi pubblici e organizzatrice degli stessi. Ha espletato tale attività presso l’Università per stranieri di Siena, al CLA dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, Università di Verona e La Sapienza di Roma.  Progettista di formazione ed esperto, ha condotto gruppi di lavoro al Cirps dell’Università La Sapienza di Roma. Come docente del Miur ha insegnato Lettere, Geografia, Storia dell’Arte. Giornalista pubblicista.

In pensione, obbligata dalla patologia invalidante della sclerosi multipla che l’ha messa in carrozzina da sei anni, ha approfondito e studiato la passione di tutta una vita: la scrittura. Sta finendo il suo primo romanzo per La Nave di Teseo e ne ha molti altri in cantiere.

Ha approfondito e studiato il mondo della disabilità, guardata sempre con sensibilità nella scuola ed ha elaborato i seguenti punti fondamentali.

I punti di programma

REDDITO DI ASSISTENZA

Tanti disabili vivono in RSA in quanto il coniuge non può abbandonare il lavoro, costo allo Stato RSA 4000 euro mensili. Se il disabile con scelta volontaria resta a casa, il coniuge che lo assiste percepirà la pensione di assistenza di Euro 1.400/1.600, il disabile vive meglio perché in famiglia con forte risparmio per le casse dello Stato.

BONUS AUTO PER DISABILI.

Bonus per acquisto Auto attrezzata per disabili con possibilità di finanziamento per l’acquisto.
Sono tanti che, con la pensione di invalidità, non possono acquistare una vettura dedicata, di conseguenza vivono segregati e chiamano l’auto ambulanza per andare a fare visite e terapie.

IMMOBILI COMUNALI

Riservare una percentuale degli immobili ad uso abitativo con graduatoria riservata ai disabili.

COSTO AUSILI

Le Sanitarie vendono gli ausili alle ASL applicando il tetto massimo. Riduzione di 1/3 con un risparmio annuo di 1,2 miliardi l’anno.

REVERSIBILITÀ SPECIFICA DELLA PENSIONE DI INVALIDITÀ

Reversibilità della Pensione di invalidità se il coniuge ha rinunciato al proprio guadagno per assistere il coniuge disabile.

PENSIONE DI INVALIDITÀ

Portare la pensione di invalidità a 800 euro. Migliora la dignità e il disabile spende se può permetterselo, spendendo, il 50% torna nelle casse dello Stato.

CENTRI DI RIABILITAZIONE

Utilizzo di immobili sequestrati per illeciti ad organizzazioni criminali per nuovi centri di riabilitazione ortopediche, cardiologiche e neurodegenerative.

REDDITO DI CITTADINANZA

Conferma del RDC per i Care Giver. È per chi ha dovuto rinunciare al lavoro per assistere il coniuge disabile.

CARTA EUROPEA DEL DISABILE

Documento unico a sistema in ogni dove e per qualsiasi domanda. Contiene tutto senza dover ripresentare decine di documenti.

PERMESSO NAZIONALE CIRCOLAZIONE E POSTEGGIO PER DISABILE.

Mettere a sistema in ogni centro abitato del territorio nazionale l’automatico riconoscimento in entrata dell’automobile senza dover ogni volta domandare. Basta un QR-code.

SOSTEGNO SCOLASTICO

Ridefinizione delle specificità e multiple difficoltà gestionali del docente di sostegno a livello territoriale.

INFORMATICA, ELEARNING, ECOMMERCE.

 specificità quale miglioramento di vita per la comunicazione, l’acquisto, lo studio.

LAVORO E PROFESSIONALITÀ

Aiuto diretto alle aziende per l’individuazione di personale specifico delle liste dedicate con competenze e abilità effettive.

DIFESA E PROTEZIONE

La fragilità è facile target di bullismo e violenza gratuita. I diversamente abili devono essere maggiormente tutelati dalla legge che punisce severamente chi abusa di tale fragilità.

CAMPAGNA DI PUBBLICITÀ PROGRESSO

Accantonati all’angolo, i disabili hanno vissuto senza il minimo dell’attenzione pubblica. Aiutare un cambio di mentalità con decine di personaggi famosi che hanno già aderito. I diversamente abili non sono diversamente cittadini.

 

Nunzia Latini
Roma, 2 marzo 1967 
sposata e madre di due figli, Elisa, 23 e Matteo, 17. 
Oggi: studia, scrive, recensisce libri. 

Le tre sinistre

9 Agosto 2022 - di Luca Ricolfi

In primo pianoPolitica

Nei giorni scorsi, quando sembrava che il matrimonio fra Letta e Calenda fosse cosa fatta, in molti ci siamo chiesti se fosse la volta buona per la nascita di una sinistra finalmente e risolutamente riformista. Per sottolineare la profondità della svolta, lo stesso Calenda ebbe a parlare di una Bad Godesberg italiana.

In realtà, mai paragone fu più fuorviante. La svolta di Bad Godesberg, avvenuta nel 1959, sancì il distacco dei socialisti tedeschi (SPD) dal marxismo e dal progetto di abolizione della proprietà privata. Il che significava: piena accettazione dell’economia di mercato, sia pure corretta dall’intervento statale, e conseguente rinuncia a guardare all’Unione Sovietica, e all’economia pianificata, come modello di socialismo.

La sinistra italiana di oggi non ha alcun bisogno di una Bad Godesberg, perché quel tipo di svolta, sia pure con trent’anni di ritardo rispetto ai cugini tedeschi, la aveva già fatta Achille Occhetto, quando – dopo la caduta del Muro di Berlino, con la svolta della Bolognina – archiviò il Partito Comunista Italiano per farne un normalissimo partito socialdemocratico: il Pds, poi divenuto Ds, e infine Pd.

Questo, naturalmente, non significa che, a sinistra, non ci sia bisogno di una svolta. Il punto è: svolta rispetto a che cosa?

Calenda risponde: rispetto alla perenne oscillazione fra riformismo e massimalismo. Ma il massimalismo e l’estremismo sono morti da tempo, a sinistra. Il maggiore partito della sinistra, il Partito democratico, tutto è tranne che massimalista. Le uscite contro i ricchi (imposta di successione) e gli ammiccamenti ai partitini di estrema sinistra, come Articolo 1 (il partito di Speranza e Bersani) o Sinistra Italiana (di Fratoianni), non ne cambiano la natura riformista.

E’ il riformismo, semmai, il problema del Pd. Il Pd, dopo la tardiva Bad Godesberg di Occhetto, non ha ancora scelto che tipo di partito riformista vuole essere. Alla fine degli anni ’90, abbagliato dai successi della rivoluzione neoliberista di Thatcher e Reagan, affascinato dalle teorizzazioni pro-mercato della Terza via di Giddens, Blair, Clinton, Schroeder, il Pd ha deposto quasi interamente la questione sociale, incamminandosi a diventare un “partito radicale di massa”, attento agli immigrati, alle istanze LGBT, più in generale al vasto arcipelago delle grandi “battaglie di civiltà”, ma sostanzialmente dimentico delle istanze dei ceti popolari, dalla domanda di sicurezza al bisogno di protezione dai guasti della  globalizzazione. Tutte istanze che, viceversa, sono da tempo al centro dei programmi politici della destra.

Detto con rammarico: il Pd, per come è diventato in questi anni, non è né un partito laburista (o socialdemocratico), attento alle istanze dei lavoratori, né un partito di sinistra liberale (o liberaldemocratico), preoccupato della crescita, ostile alle tasse e impegnato nella battaglia per la “uguaglianza dei punti di partenza”, per dirla con Luigi Einaudi.

Credo che nessuno, neppure Enrico Letta, abbia idea di che cosa il Pd sia destinato a diventare in futuro. Quel che è abbastanza verosimile, però, è che l’incredibile “saga delle alleanze mancate”, cui abbiamo dovuto assistere in questi giorni, un qualche tipo di sbocco finisca per averlo.

Ma quale sbocco?

L’alleanza con +Europa di Emma Bonino, e la contemporanea rottura con Renzi e Calenda, fanno pensare che, per il Pd, l’esito più probabile sia l’accentuazione dei suoi caratteri di partito radicale di massa. Anche perché le altre due caselle – partito socialdemocratico e partito liberaldemocratico – sono già, più o meno confusamente, presidiate da quel che resta dei Cinque Stelle di Conte, e da quel che sarà del Terzo polo di Renzi e Calenda.

Sotto questo profilo, l’appuntamento del 25 settembre potrebbe essere davvero cruciale per il futuro della sinistra. Sarà la prima volta, infatti, in cui toccherà agli elettori – e non alle correnti del Pd – pronunciarsi sulle tre alternative politiche che dividono la sinistra da quando Achille Occhetto decise di archiviare il comunismo: partito radicale di massa, partito socialdemocratico, partito liberaldemocratico?

Al popolo di sinistra l’ardua sentenza.

Luca Ricolf

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