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Magistratura in soccorso di Giorgia?

16 Luglio 2025 - di Luca Ricolfi

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Difficile che passi una settimana senza un sondaggio che annuncia il crollo di Fratelli d’Italia, accompagnato – pochi giorni prima o pochi giorni dopo – da un sondaggio che annuncia l’esatto contrario. Come mai ciò ineluttabilmente accada lo ha spiegato più volte Paolo Natale, probabilmente il più attrezzato e navigato dei nostri sondaggisti: gli istituti di sondaggio omettono di indicare il margine di errore delle stime, che si aggira intorno al 2%. Ma c’è anche una seconda ragione che spiega l’altalena dei sondaggi: giornali, tv, siti internet amano l’iperbole e – ben poco professionalmente – definiscono “crollo” una perdita (presunta, visto il margine di errore) di 0.3 punti percentuali, e “avanzata” un aumento (ancora più presunto) di 0.2 punti percentuali.

Ma proviamo a raccapezzarci: come stanno evolvendo effettivamente gli orientamenti di voto? La risposta solida, che lavora su sondaggi ripetuti e tiene conto del margine di errore, è che il consenso personale di Giorgia Meloni è in lenta discesa dall’inizio del 2024, ma sia le intenzioni di voto per Fratelli d’Italia sia quelle per la coalizione di centro-destra sono sensibilmente cresciute rispetto al momento delle ultime elezioni (settembre 2022).

L’erosione del consenso verso Giorgia Meloni e il suo governo non stupisce più di tanto, visto il fisiologico esaurimento della “luna di miele” con l’elettorato e vista la mancanza di successi clamorosi e mediaticamente sottolineati, salvo il poderoso aumento dei posti di lavoro, oltre 1 milione a metà legislatura (ricordiamo che Berlusconi ne aveva promessi altrettanti, ma in un’intera legislatura).

Quello che merita una riflessione, invece, è il rafforzamento prima e la tenuta poi del partito della premier. Fratelli d’Italia, che aveva vinto le elezioni con il 26% dei voti, è stabilmente attestato vicino al 30% dei consensi, a dispetto dei sondaggi che da due anni periodicamente ne annunciano l’arretramento quando non il crollo (salvo smentirsi la settimana dopo).

A che si deve questa tenuta?

Una prima ragione è che, finora, l’opposizione non è stata in grado di costruire una alternativa credibile e compatta. Se gli italiani continuano a guardare a destra è innanzitutto perché, in quasi 3 anni dalla sconfitta del settembre 2022, la sinistra non è ancora riuscita a costituire quella coalizione o “campo largo” di cui non smette di parlare da allora.

Io credo però che vi sia anche una seconda ragione, molto importante e molto sottovalutata, per cui la destra tiene e anzi si rafforza: la paura delle criminalità e dell’immigrazione. Diversi sondaggi condotti da Demos negli ultimi anni certificano, fin dal 2022, l’esistenza di un trend di crescente preoccupazione nei confronti degli immigrati. Alla fine del 2024, due anni dopo il voto alle Politiche, la percentuale di elettori che considerano prioritari i problemi della criminalità e dell’immigrazione era quasi raddoppiata.

Ma perché, in così breve lasso di tempo, le percezioni dei cittadini sono tanto cambiate? Difficile dirlo, ma io avrei un’ipotesi: probabilmente la colpa (o il merito?) è della magistratura. Sono ormai talmente tante (e visibilmente partigiane) le entrate a gamba tesa dei giudici volte a ostacolare ogni tentativo di frenare l’immigrazione irregolare e punire gli autori di reati, che non stupisce che gli elettori, anziché allontanarsi dalla destra perché non riesce a ostacolare il crimine, attribuiscano ogni insuccesso della destra stessa all’azione di boicottaggio della magistratura. È paradossale, ma quel che succede è che l’ostruzionismo della magistratura verso i tentativi di fermare l’immigrazione irregolare finiscono per fornire a Giorgia Meloni e al suo governo il più inossidabile degli alibi per ogni possibile insuccesso dell’azione di contrasto.

L’attacco ai centri di trattenimento in Albania, il sistematico smontaggio di ogni tentativo di espellere gli immigrati che commettono reati, non fanno che convincere una parte dei cittadini che ci vuol più e non meno destra al governo.

Ad ennesima riprova della hegeliana “astuzia della ragione” (o “eterogenesi dei fini” per dirla con Wilhelm Wundt): la storia si fa gioco delle intenzioni degli uomini, comprese quelle dei magistrati più politicizzati.

[articolo uscito sulla Ragione il 15 luglio 2025]

Il fantasma del consenso

9 Luglio 2025 - di Luca Ricolfi

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Gerard Depardieu, Leonardo Apache La Russa, Ciro Grillo. Anche se per reati di diversa gravità (aggressione sessuale, stupro, stupro di gruppo), tutti e tre sono incappati in un processo a seguito delle denunce delle vittime. Il caso di Depardieu si è risolto con una condanna a 18 mesi di carcere (con sospensione della pena), quello del figlio di La Russa ha dato luogo a una richiesta di archiviazione della Procura di Milano (impugnata dalla difesa della vittima), quello di Ciro Grillo, a 6 anni dai fatti, è ancora fermo alle prime battute (l’accusa ha richiesto 9 anni di carcere).

C’è una differenza importante, tuttavia. Nel caso del settantacinquenne Depardieu alcol e sostanze non c’entrano. L’accusa è di molestie, non di stupro, e meno che mai di stupro di donna incapace di esprimere il consenso. Nel caso dei “figli di papà” Grillo e La Russa, invece, la sostanza dell’accusa è precisamente quella: aver approfittato di ragazze in palese stato di alterazione, e perciò – per definizione – non in grado di esprimere un consenso. Di qui una importante domanda: se una ragazza denuncia uno stupro dopo aver avuto rapporti sessuali in stato di alterazione psico-fisica (non importa se a causa di alcol, stupefacenti, o entrambi) il maschio o i maschi accusati sono automaticamente colpevoli?

La dottrina femminista secondo cui senza consenso esplicito l’atto sessuale è stupro risponde: certo che sì.

La macchina della legge, invece, sembra muoversi lungo un sentiero più accidentato. Nel caso di La Russa junior la Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione in base alla seguente considerazione: “non vi è in atti la prova che gli indagati, pur consapevoli dell’assunzione di alcuni drink alcolici da parte della ragazza, abbiano percepito, in modalità esplicita o implicita, la mancanza di una valida volontà” della giovane “nel compiere gli atti sessuali”. A sostegno della sua richiesta di archiviazione la Procura sostiene, sulla base di alcuni video, che i comportamenti della ragazza “non denotano in alcun modo quella posizione di asimmetria psicologica o fisica che deve sussistere perché sia configurabile una delle ipotesi di violenza sessuale”. Tesi contestata dalla difesa della denunciante, secondo cui i medesimi video “dimostrano pacificamente che la parte offesa era in uno stato di palese alterazione laddove la stessa, nella seconda parte del video prodotto e oggetto di valutazione, risponde con titubanza e in modo assolutamente slegato e incomprensibile rispetto alla domanda che le viene posta da Leonardo La Russa”.

L’aspetto interessante è che, pur dissentendo sulla interpretazione dei video, accusa e difesa sembrano concordare su un punto: lo stato di alterazione non basta a escludere il consenso, occorre anche che sia rintracciabile una “posizione di asimmetria psicologica o fisica” a scapito della vittima.

Nel caso di Grillo Junior (e dei 3 ragazzi coimputati con lui), a quello che riferiscono le cronache, difesa e accusa paiono muoversi in modo difforme: i video che riprendono i rapporti sessuali sono invocati dalla difesa di uno degli imputati per contestare la presunta “incapacità di reagire” della vittima, mentre l’accusa (la procura di Tempio Pausania) sembra puntare sul mero fatto che, avendo bevuto a più riprese ed essendo stanca per la nottata,  la ragazza non poteva essere in grado di esprimere un valido consenso. La procura, in altre parole, sembra rendersi conto che i video non testimoniano a favore della ragazza, e che dunque – per accusarla – occorre fare propria quella che abbiamo chiamato la dottrina femminista per cui “il sesso senza consenso è stupro”.

In concreto, questo significa che i 6 ragazzi accusati (2 nel caso La Russa, 4 nel caso Grillo) potrebbero essere sia tutti condannati (se prevale la dottrina femminista) sia tutti assolti (se prevale la dottrina della Procura di Milano). Nel primo caso, la lezione sarebbe: caro maschio, non provare ad avere rapporti sessuali con una femmina in stato alterato, perché se lei ti denuncia il carcere è assicurato. Nel secondo caso, la lezione sarebbe: cara femmina, non permettere che i tuoi rapporti sessuali con uno o più maschi vengano filmati, perché il sexting potrebbe diventare una prova contro di te.

In entrambi i casi, l’unica soluzione – almeno in teoria – sarebbe quella a suo tempo (ai tempi del MeToo) paventata da Catherine Deneuve: “di questo passo avremo un’app sullo smartphone che due adulti che vorranno andare a letto insieme useranno per spuntare esattamente quali atti sessuali accettano di fare e quali no”: peccato che i giuristi spieghino che, anche questa, non potrebbe funzionare.

Insomma, soluzioni vere non esistono, in qualsiasi modo si muova la magistratura. O meglio, le uniche soluzioni solo quelle tradizionali, retrograde, romantiche: ripristinare il corteggiamento, scegliere accuratamente il partner, evitare il sexting come la peste. Se non ci piacciono, siamo tutti – maschi e femmine – costretti ad accettare il rischio di finire nei guai.

[articolo uscito sulla Ragione l’8 luglio 2025]

Maggioranza di governo – Incompetenza comunicativa e consenso

29 Settembre 2023 - di Luca Ricolfi

In primo pianoPolitica

Gli ultimi sondaggi non portano buone notizie per Giorgia Meloni e il suo governo. Un sondaggio di Demos, commentato su Repubblica da Ilvo Diamanti, mostra che per la prima volta da quando è al governo, il consenso per Giorgia Meloni è sceso sotto il 50%, in netto calo rispetto a tre mesi fa. Il medesimo sondaggio rivela che, sulla maggior parte delle materie, e in particolare sui problemi della sicurezza e dell’immigrazione, i giudizi positivi sono al di sotto del 50% (e crollano al 31% in materia di sbarchi). Contemporaneamente, la maggior parte dei sondaggi segnalano la tenuta di Fratelli d’Italia e una sostanziale immobilità degli orientamenti di voto degli elettori (a parte una leggera crescita della Lega).

Se dai sondaggi passiamo al mondo dell’informazione, è ancora più evidente che le cose non si stanno mettendo bene per Giorgia Meloni e il suo governo. Sia pure lentamente, la stampa progressista pare stia imparando ad attaccare il governo in modo efficace (ancorché, talora, non molto professionale). Sempre meno accuse di fascismo, sempre meno accuse contro il generale Vannacci, che si sono rivelati formidabili boomerang. In compenso: sempre più “vigile attesa” sui passi falsi del governo in materie capaci di suscitare moti di indignazione.

Esemplari, da questo punto di vista, due campagne di stampa degli ultimi giorni. La prima a difesa del direttore del Museo Egizio di Torino (Christian Greco), sgangheratamente attaccato da esponenti locali e nazionali di centro destra. La seconda contro il “pizzo di Stato”, ovvero la norma che richiede a una specifica categoria di richiedenti asilo una cauzione di quasi 5000 euro (sotto forma di fidejussione bancaria, o di polizza assicurativa) per non essere trattenuti in particolari nuove strutture per le “procedure accelerate di frontiera”.

Ebbene, in entrambi i casi quello cui abbiamo assistito è una medesima dinamica comunicativa. Da un lato, un chiaro passo falso della maggioranza. Qualsiasi cosa si pensi nel merito, non credo possano sussistere dubbi sul fatto che sia gli attacchi a un eccellente professionista come Christian Greco, sia l’idea che un richiedente asilo debba ricorrere a una fidejussione bancaria per evitare la detenzione, hanno qualcosa di grottesco. Nello stesso tempo, però, non si può non notare con sconcerto l’impreparazione del governo a fronteggiare le campagne di stampa scatenate dalle sue azioni. Ci sono voluti diversi giorni perché il ministro della Cultura Sangiuliano si decidesse a smentire ogni ipotesi di destituzione di Greco dal suo incarico. E ci sono voluti diversi giorni per apprendere dal ministro dell’Interno Piantedosi il contenuto esatto e le vere ragioni della norma sulla cauzione di 5000 euro.

Certo, una stampa più posata non avrebbe dato l’importanza che ha dato a un paio di dichiarazioni contro il direttore del Museo Egizio, e avrebbe fornito una descrizione più accurata della norma sui migranti, dei suoi limiti di applicazione, della sua matrice (una direttiva europea). Ma questo non è il punto: la partigianeria di buona parte della stampa italiana (di destra e di sinistra) è un dato della situazione, non un’eventualità che può presentarsi oppure no. Quello che non è scontato, e sorprende quando lo tocchiamo con mano, è la incompetenza comunicativa del governo. Il suo non rendersi conto che le azioni, comprese le dichiarazioni dei politici, hanno conseguenze. E che quando si sbaglia, nella forma e/o nella sostanza, la correzione deve essere a stretto giro.

L’incompetenza comunicativa di questa classe di governo non è una novità, come tanti casi recenti e meno recenti testimoniano. La novità è che, da qualche tempo, il vento è cambiato, perché l’opinione pubblica comincia a presentare il conto. E, con il vento contrario, certi errori si pagano più cari.

 

[per La Ragione, uscito il 26 settembre 2023]

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