Sulla diminuzione dei femminicidi – Qualcosa è cambiato
In primo pianoPoliticaSocietàCome è andato il 2025? Che cosa è cambiato nel nostro paese?
La risposta, inevitabilmente, dipende dalle priorità – e dalle convinzioni politiche – di ognuno di noi. C’è un cambiamento, però, di cui non si parla ma di cui tutti dovremmo rallegrarci: nel 2025, per la prima volta da molti decenni, il numero di donne uccise è diminuito in modo sensibile. Erano state 130 nel 2022, erano scese a 120 nel 2023 (l’anno della morte di Giulia Cecchettin), poi a 117 nel 2024, ma nel 2025 – a pochi giorni dalla fine dell’anno – sono circa 90 (fra 88 e 92 a seconda delle fonti). È la prima volta nella storia d’Italia che il numero di donne uccise scende sotto le 100 unità, e lo fa con un balzo percentuale mai osservato precedentemente: una riduzione compresa fra il 20 e il 25% è eccezionale, e difficilmente può essere considerata una mera fluttuazione statistica.
Il dato è tanto più significativo se si considerano alcuni aspetti. Primo, la (forte) diminuzione del 2025 segue alcuni anni di precedenti (più piccole) diminuzioni. Secondo, negli ultimi anni la quota di omicidi con vittime donne sul totale degli omicidi (maschili e femminili) ha smesso di crescere e anzi è in contrazione (era intorno al 40% nel 2022, oggi è prossima al 33%). Terzo, se consideriamo le società avanzate di tipo occidentale, negli ultimi anni nessuna ha tassi di omicidio con vittime donne più bassi di quelli italiani (non parlo di “femminicidi” perché al riguardo non esistono statistiche internazionali confrontabili).
Ma a che cosa può essere dovuto questo brusco cambiamento?
Su numeri così piccoli avanzare una spiegazione rigorosa è impossibile. Tutto quel che possiamo fare è avanzare qualche congettura.
Comincerei da una congettura per così dire negativa. Non credo che il crollo, così improvviso e pronunciato, delle uccisioni di donne e dei femminicidi possa essere dovuto a un’improvvisa resipiscenza del maschio, magari favorita dai pensosi mea culpa di tanti intellettuali: la mentalità maschile è una di quelle cose che possono anche cambiare, ma non nel giro di un anno solare.
Più verosimile mi pare l’ipotesi che a cambiare sia stato il livello di prudenza e di allerta delle donne. I dati dicono che, dopo l’uccisione di Giulia Ceccheetin (11 novembre 2023), il ricorso al numero di emergenza 1522 è molto cresciuto, assestandosi stabilmente a un livello nettamente superiore a quello del 2023. Fatto 100 il numero di chiamate del 1° trimestre 2023 (prima del delitto Cecchettin), il numero del 1° trimestre 2024 (immediatamente dopo il delitto) è schizzato a livello 183, ma quest’anno non è rientrato intorno ai livelli del 2023, rimanendone invece ampiamente al di sopra (143 contro 100). Segno che più donne che in passato hanno scelto di farsi aiutare. Nella stessa direzione sembrano andare le notizie, frammentarie ma convergenti, che segnalano una forte crescita dei corsi di autodifesa e delle vendite di spray al peperoncino.
Una seconda ipotesi, complementare alla prima, è che un ruolo importante possa avere avuto l’unità del ceto politico, che su nessun tema è mai stato così coeso e determinato. Dicendo questo non mi riferisco solo al percorso che ha condotto all’approvazione della legge 181 sul femminicidio (entrata in vigore poche settimane fa), ma più in generale alla maggiore sensibilità e prontezza mostrata dalle istituzioni nel prendere sul serio le denunce delle donne. Anche qui i dati sono frammentari, ma nel complesso indicano un aumento degli ammonimenti del questore per stalking e per violenza domestica (due comportamenti non di rado precursori del femminicidio), così come una crescita dei divieti di avvicinamento e del ricorso al braccialetto elettronico. In breve: una più frequente e convinta attivazione del “codice rosso” previsto dalla legge 69 del 2019.
Possiamo pensare di essere finalmente sulla buona strada, e che nel giro di pochi anni gli omicidi di donne scenderanno vicino a zero?
Temo di no, perché – a dispetto di quello che molti credono – almeno metà degli omicidi di donne hanno pochissimo a che fare con la cultura maschilista o patriarcale, e dipendono piuttosto da condizioni molto specifiche e ben poco estirpabili, come gravi disturbi psichiatrici o rischi connessi al sex-work. Ciò rende per ora chimerico il sogno di azzerare rapidamente i femminicidi, che anche nelle realtà orientali più avanzate (Giappone, Singapore, Hong Kong) non sono mai scesi molto al di sotto del livello italiano.
A dispetto di tutto questo, resta il fatto – estremamente positivo – che in questo 2025 che ora volge alla fine qualcosa di rilevante è cambiato. E questo qualcosa non è merito del governo o dell’opposizione ma è una conquista di tutti: politici, forze dell’ordine, magistrati, opinione pubblica. È importante che da qui non si retroceda, e anzi si provi a fare nuovi passi sulla strada che finalmente abbiamo imboccato.
[articolo uscito sul Messaggero il 29 dicembre 2025]


