Elezioni in Romania e corruzione

23 Maggio 2025 - di Luca Ricolfi

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Il caso delle elezioni in Romania ha suscitato molte discussioni nel resto d’Europa, Italia compresa. La lente con cui se ne è parlato è sostanzialmente questa: da una parte c’è un pericoloso candidato di estrema destra, sovranista, populista, trumpiano e anti- europeo, George Simion; dall’altra c’è il sindaco di Bucarest, colto (è un matematico), democratico, progressista, europeista, Nicușor Dan. La speranza degli europeisti è che l’annullamento dei risultati del primo turno delle elezioni presidenziali (dicembre 2024), in cui aveva vinto un candidato vicino a Simion (Călin Georgescu), non si riveli un boomerang, finendo per consegnare la vittoria proprio a Simion, ossia al candidato che di Georgescu aveva preso il posto.

Ora sappiamo come è andata. I timori di una vittoria dell’estrema destra euroscettica si sono dissipati (forse anche grazie a una mobilitazione anti-Simion di tanti astensionisti abituali), il nuovo presidente Dan assicurerà la lealtà all’Unione Europea e alla Nato.

Fin qui il racconto dominante. Un racconto che, ai miei occhi, appare alquanto riduttivo. O meglio troppo “UE-centrico”. Sembra quasi che quel che è andato in scena in Romania domenica scorsa sia solo un referendum pro o contro l’Unione Europea. O, peggio, uno scontro fra democrazia e tentazioni neo-fasciste.

Due sono le fonti della mia perplessità. La prima è, per così dire, puramente politologica: credo sia estremamente riduttivo leggere l’avanzata della destra in Europa come risultato di tentazioni neo-fasciste. Troppe cose dividono i programmi dei moderni partiti etichettati come “di estrema destra”, dai programmi dei partiti fascisti e nazisti del passato. Prima fra tali cose l’atteggiamento verso la guerra, che oggi è pacifista e anti-militarista, mentre ieri era espansionista e guerrafondaio. Dare del fascista a un candidato atipico e decisamente discutibile come Simion, mi pare una forzatura.

Ma la fonte di perplessità maggiore è un’altra: mi capita spesso di ascoltare i racconti di rumeni che da anni vivono in Italia (talora indicati come “diaspora romena”), e di constatare che le priorità dei loro discorsi sono diverse, talora molto diverse, da quelle che vediamo riferite sui grandi media italiani. Per i “rumeni d’Italia” il problema fondamentale della Romania è la corruzione, che viene raccontata in termini molto più drammatici di quelli che capita di leggere sui media italiani. Non c’è solo la corruzione nel sistema sanitario, che costringe i cittadini a pagare con mance, mazzette e regalie il diritto a essere curati. Ci sono anche due altri importantissimi meccanismi corruttivi, di cui in Europa occidentale si parla poco. Il primo è che, spesso, occorre pagare per essere assunti nella pubblica amministrazione: il posto non si ottiene per merito, ma si compra. Il secondo è l’uso distorto dei copiosi fondi europei che, secondo molti rumeni, troppe volte sono stati distribuiti in modo clientelare e hanno permesso arricchimenti personali illeciti. Per non parlare dello stato del sistema scolastico, che colloca la Romania all’ultimo posto in Europa e che alcuni – forse esagerando – considerano (per alcuni specifici aspetti) peggiore di quello vigente ai tempi della dittatura comunista di Ceaușescu.

Detto in termini semplici: molti rumeni all’estero, proprio perché vedono con i loro occhi come si vive nei paesi dell’Europa occidentale, sono estremamente critici con l’establishment che ha governato il paese negli ultimi 35 anni, e aspirano a un cambiamento radicale (meno corruzione, più istruzione), senza il quale – anche quando lo desidererebbero – sono ben poco disposti rientrare in Romania.

La cosa interessante è che la lotta alla corruzione è in cima ai programmi di entrambi i candidati, il vincitore europeista Nicusor Dan e il perdente euroscettico George Simion. Quel che ha spinto tanti elettori a scegliere Dan e tanti altri a scegliere invece Simion non è solo il grado di fiducia nell’Unione Europea, ma anche il grado di fiducia nella capacità dei due candidati di risolvere davvero il problema numero 1 della Romania, ossia di smantellare l’enorme macchina della corruzione che da tanti decenni attanaglia il paese. C’è chi ha creduto che Dan fosse più adatto di Simion, e chi ha creduto che il più adatto fosse Simion e non Dan. E ci sono pure quanti, pur avendo scelto uno dei due, restano scettici perché temono che nessuno sarà veramente capace di cambiare la Romania.

Viste da questa angolatura, le accuse a Simion di nostalgie fasciste appaiono alquanto fuori bersaglio. Più ragionevole, forse, è pensare che fra quanti lo hanno votato molti l’abbiano fatto semplicemente perché hanno ritenuto che, proprio in quanto più anti-sistema e meno compromesso con la burocrazia di Bruxelles, avesse maggiori possibilità di estirpare la corruzione.

[articolo uscito sulla Ragione il 20 maggio 2025]