Un dogma dei nostri tempi – Declino della violenza
In primo pianoPoliticaSocietàCome era prevedibile, dopo l’uccisone di Charlie Kirk le polemiche sul possesso delle armi, sull’uso della violenza, sull’istigazione all’odio sono riprese vigorose. Non c’è da stupirsene: quello dell’andamento della violenza, e in particolare degli omicidi, è da sempre un tema altamente infiammabile sul piano politico. I conservatori vedono in ogni episodio di violenza una convincente ragione per inasprire le misure repressive, mentre i progressisti – proprio perché ostili a quel tipo di misure – non si stancano di proclamare che la violenza è in declino da decenni, anzi da secoli, dunque l’allarme dei conservatori è ingiustificato.
La tesi del declino della violenza ha ricevuto un forte sostegno scientifico, una ventina di anni fa, dai lavori del criminologo Manuel Eisner sul crollo degli omicidi in Europa, dall’alto Medioevo ai giorni nostri. Ma l’apoteosi, anche mediatica, della tesi del declino della violenza è arrivata una decina di anni dopo, con un importane libro dello psicologo americano Steven Pinker (Il declino della violenza, Rizzoli). Un libro che, fin dalla copertina, esordisce dichiarando il suo intento: spiegare “perché quella che stiamo vivendo è probabilmente l’epoca più pacifica della storia”.
Pubblicato nel 2011, il libro usciva alla fine di un periodo di forte declino degli omicidi, non solo negli Stati Uniti. Il cuore del saggio di Pinker, di conseguenza, non è se la violenza sia davvero ai minimi storici, ma perché lo sia.
Da allora sono passati una quindicina di anni e, nonostante alcune critiche riguardo alle fonti e ai calcoli statistici mosse da vari specialisti, la tesi del declino della violenza è tuttora dominante. L’idea di fondo è che il ricorso alla violenza sia un retaggio del passato, da cui la maggior parte dei paesi si starebbe liberando. Democratizzazione, modernizzazione, civilizzazione, invecchiamento della popolazione sono le grandi forze storiche che, inesorabilmente, sospingerebbero verso il basso il tasso di omicidio.
Curiosamente, sono ben pochi a chiedersi se il fenomeno che si intende spiegare – il declino della violenza – sia davvero in atto, e soprattutto se lo sia universalmente. In parte si capisce perché: gli anni del covid hanno complicato le cose, spesso deviando le traiettorie degli omicidi. Inoltre i dati sugli omicidi, come molte altre statistiche, escono con notevole ritardo, e non riguardano tutti i paesi.
Ora però c’è una novità: gli uffici statistici delle Nazioni Unite hanno recentemente rilasciato i dati del 2023 per buona parte dei paesi importanti. E i dati del 2023 permettono finalmente dei confronti per così dire “covid-free: il dato del 2023, primo anno sostanzialmente fuori dell’epidemia, può essere comparato al dato del 2019, ultimo anno senza covid.
Più esattamente, possiamo chiederci se è vero che gli omicidi (di maschi e di femmine) siano in discesa nella maggior parte dei paesi del mondo, o almeno nelle società avanzate (occidentali o occidentalizzate).
Ed ecco alcune sorprese. Nelle società meno sviluppate non succede granché: le uccisioni di maschi sono in leggera diminuzione, quelle delle femmine sono in lieve aumento. La novità è che prima, ossia nel quadriennio 2015-2019, erano entrambe in assai rapida diminuzione. In breve: in quelle società era in atto un processo di riduzione della violenza, che nell’ultimo quadriennio si è invece interrotto.
Ma la vera cattiva notizia, per la teoria del declino della violenza, viene dalle società avanzate. Qui, nel quadriennio 2019-2023, sono aumentati sensibilmente sia le uccisioni di uomini sia quelle di donne, cosa che non accadeva nel quadriennio precedente: anche in questo caso una preoccupante inversione di tendenza.
Si potrebbe supporre che il fenomeno sia per così dire localizzato: l’aumento degli omicidi potrebbe essere concentrato in alcuni specifici paesi, mentre in tutti gli altri proseguirebbe il processo di civilizzazione. E invece no, sfortunatamente: l’aumento degli omicidi coinvolge 3 società avanzate su 4 (e le cose non vanno molto meglio nelle società meno sviluppate). Negli Stati Uniti, in particolare, le uccisioni di maschi sono aumentate del 18% nel quadriennio 2019-2023, quelle di donne del 21.5%. E la tendenza alla crescita era già in atto nel quadriennio precedente (+4.2% e +7.6% rispettivamente).
E in Italia?
In Italia le uccisioni di uomini e donne risultano entrambe in lieve aumento nel quadriennio 2019-2023, ma il punto è che – diversamente che negli Stati Uniti – erano in forte diminuzione nel 2015-2019. Anche da noi, dunque, quel che si osserva è un cambiamento di regime fra il quadriennio pre-covid e il quadriennio successivo.
Forse non viviamo affatto nella “epoca più pacifica della storia”. Non solo per gli eccidi in Ucraina, Gaza, Sudan, Myanmar, ma perché – da qualche anno – aggressività e ricorso alla violenza si stanno facendo strada anche nelle nostre civilissime democrazie.
[articolo uscito sul Messaggero il 21 settembre 2025]