Dopo le Regionali – Chi deve comandare a sinistra?
In primo pianoPoliticaSocietàLa vittoria dell’alleanza progressista in Toscana ha riacceso qualche speranza a sinistra, dopo le sconfitte nelle Marche e in Calabria. Le speranze di un’inversione di tendenza, tuttavia, sono mitigate dalle preoccupazioni per l’astensionismo, cresciuto di ben 15 punti in Toscana, e per la crisi del Movimento Cinque Stelle, ossia di quello che – sulla carta – è il principale alleato del Pd in vista delle elezioni politiche del 2027. Alcuni analisti e sondaggisti fanno notare che l’astensionismo è un pericolo soprattutto per la sinistra: a differenza che in passato, sarebbero proprio i suoi elettori a disertare le urne quando non apprezzano le proposte dei leader progressisti. I due grandi mali dell’alleanza di sinistra, dunque, sarebbero l’astensionismo e la “evaporazione” del Movimento Cinque Stelle.
Questa analisi, a prima vista, ha una sua plausibilità. La crisi del Movimento Cinque Stelle è conclamata, e l’ascesa del “partito dell’astensione” è da decenni il leitmotiv dei media all’indomani di ogni consultazione elettorale. A ben vedere, però, le cose sono molto più complicate di come appaiono.
Intanto, non è vero che nelle ultime tre consultazioni regionali abbiamo assistito a un’impennata dell’astensionismo. L’impressione di un aumento è dovuta a un banale errore tecnico-metodologico: la partecipazione elettorale viene confrontata con quella del 2020, in cui il dato di Toscana e Marche era inflazionato dall’abbinamento delle Regionali alla consultazione referendaria (molto sentita) sulla riduzione del numero di parlamentari. Se il confronto viene fatto con il 2015, in cui non c’erano altre elezioni, si osserva una perfetta stabilità della partecipazione al voto in tutte e tre le regioni (48% in Toscana, 50% nelle Marche, 44% in Calabria). E nell’unico caso in cui si può fare un confronto con le ultime elezioni regionali (quello della Calabria, che andò al voto nel 2021, in data diversa da quella del referendum) il dato del 2025 è praticamente identico a quello del 2020 (44.4% contro 44.3%). Dunque cominciamo con lo sgombrare il campo dalla prima mina: la crisi della sinistra non è colpa dell’astensionismo.
Ma anche l’altra parte delle preoccupazioni che travagliano la sinistra, ovvero la crisi dei Cinque Stelle, andrebbe riconsiderata alla luce dei dati. È vero che nelle elezioni regionali i Cinque Stelle raccolgono pochi consensi, ed è verissimo che il loro peso elettorale è oggi molto minore di 10 anni fa, e tuttavia se guardiamo ai movimenti più recenti dell’opinione pubblica non sono i Cinque Stelle il vero tallone di Achille della sinistra. La supermedia dei sondaggi calcolata da Youtrend mostra che dopo le elezioni europee del 2024, ovvero nell’ultimo anno e mezzo, il consenso verso i Cinque Stelle è in costante aumento, mentre quello al Partito Democratico è in calo. Il differenziale fra i due partiti era di circa 14 punti (a favore del Pd), ora è sceso a circa 9. L’evaporazione dei Cinque stelle è un fenomeno che riguarda le elezioni locali, ma sul piano nazionale (almeno a stare ai sondaggi) è semmai il Pd a perdere colpi (dal 24 al 22%), mentre i Cinque Stelle sono in lenta ma costante crescita (dal 10 al 13%).
Non solo. Una recentissima indagine di Renato Mannheimer ha scoperto una cosa assolutamente sorprendente. Nonostante il Pd abbia quasi il doppio dei consensi dei Cinque Stelle, l’elettorato progressista preferisce nettamente Giuseppe Conte a Elly Schlein come candidato alla Presidenza del Consiglio per le elezioni del 2027: il leader Cinque Stelle viene scelto dal 34% degli elettori di sinistra, mentre la segretaria del Pd deve accontentarsi del 22% delle indicazioni. E lo scarto fra i due leader è ancora più grande se si considera l’intero elettorato, non solo gli elettori di sinistra: 27% contro 14%.
Come mai?
La spiegazione, probabilmente, sta in una precedente indagine di Mannheimer, condotta poche settimane fa. Da essa emergeva la profonda insoddisfazione dell’elettorato di sinistra per l’operato (o il mancato operato) dell’opposizione, ben maggiore della speculare insoddisfazione dell’elettorato di destra per l’operato del governo. A sinistra gli insoddisfatti sfioravano il 50%, a destra erano meno del 13%. E anche fra gli indecisi coloro che bocciano l’opposizione risultavano più numerosi di coloro che bocciano il governo (79% contro 67%).
Fra i due risultati – preferenza per Conte e insoddisfazione per l’opposizione – un nesso c’è: l’elettorato progressista, proprio perché Schlein è il leader che dà le carte a sinistra, tende a attribuire a lei e non a Conte litigiosità e mancanza di idee del campo largo, e al tempo stesso apprezza la vena populista e soprattutto iper-pacifista del leader Cinque Stelle.
A quanto pare, la questione di chi debba guidare il centro-sinistra è più che mai all’ordine del giorno.
[articolo uscito sul Messaggero il 17 ottobre 2025]