Verso le elezioni europee – Il dilemma migratorio

12 Settembre 2023 - di Luca Ricolfi

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Di elezioni europee si parla ancora poco, almeno in modo esplicito. Ma sottotraccia è lì che vanno la mente e le mosse dei politici, che già pensano come posizionarsi in vista del voto di giugno 2024. Fra i temi di cui non si parla ancora in modo esplicito, ma che pendono come una spada di Damocle su tutti, c’è sicuramente lo spinosissimo nodo dell’immigrazione illegale in Europa. Un nodo che in Italia si presenta con tre facce: sbarchi a Lampedusa e negli altri porti del Sud, ingressi a Trieste dalla rotta balcanica, respingimenti francesi a Ventimiglia.

È interessante il fatto che, rispetto a questo problema, le forze politiche siano sostanzialmente mute. Non nel senso che non ne parlino, ma nel senso che non parlano delle soluzioni.

Il centro-destra pare ormai rassegnato a considerare ineluttabile il flusso di migranti dalla rotta centrale del mediterraneo, almeno finché l’Europa non batterà un colpo (ma quale colpo? più soldi all’Italia? pattugliamenti di Frontex davanti alle coste della Tunisia e della Libia?). Quanto alla rotta balcanica, alla pressione su Trieste e le altre città del Friuli, se ne parla poco perché qualsiasi soluzione si scontra con l’ostilità dei cittadini, spaventati dall’arrivo di centinaia di stranieri collocati in un limbo incapace di accoglierli e di integrarli.

Quanto al centro-sinistra, l’impegno maggiore non è a prospettare soluzioni che vadano oltre il “più soldi ai sindaci per gestire l’accoglienza”, bensì a denunciare le promesse tradite di Giorgia Meloni, a partire da quella di fermare gli sbarchi con il “blocco navale”.

Insomma, sia la destra sia la sinistra paiono a corto di idee, o meglio di idee nuove, per affrontare il prossimo appuntamento europeo. Con ogni probabilità, il Pd si presenterà con il consueto schema: i migranti non sono il problema, i migranti sono la soluzione (ai bisogni di manodopera delle imprese). E magari aggiungeranno: in passato abbiamo sbagliato, è tempo che il Pd cancelli Marco Minniti e le sue politiche di contenimento dei flussi, come già sta cancellando Renzi e il suo sciagurato Jobs Act.

E il partito di Giorgia Meloni? A giudicare dalla cautela con cui si sta muovendo sul terreno migratorio, si direbbe che l’incapacità di fermare gli sbarchi, combinata con i drammatici problemi delle imprese che non trovano forza lavoro, possa condurre a una riconsiderazione del problema dell’immigrazione. I cui termini essenziali sono abbastanza chiari, se non ci si lascia offuscare dal velo dell’ideologia.

Il dilemma in cui qualsiasi governo è destinato ad incappare discende dal sistema di incentivi che regola i flussi migratori. Se l’immigrazione irregolare in Europa viene ostacolata e criminalizzata, i numeri diventano più gestibili, ma cresce la quota di stranieri che non si possono integrare, e con essa il senso di insicurezza dei nativi (a partire dai ceti popolari). Se viceversa l’immigrazione viene liberalizzata, allargando le maglie anche a chi non ha diritto all’asilo, il flusso è destinato a diventare presto ingestibile, con benefici tangibili per le imprese (più manodopera, salari più bassi), ma costi drammatici per i ceti popolari (dumping salariale, disordine urbano). Detto per inciso, è questo il motivo per cui un comunista come Marco Rizzo, ma anche altri esponenti della sinistra, si oppone all’aumento dei flussi migratori.

Il tutto complicato da una circostanza spesso dimenticata: l’affanno delle imprese non riguarda solo la mancanza di manodopera a bassa qualificazione, ma anche – se non prevalentemente – la mancanza di forza lavoro qualificata: elettricisti, meccanici, fonditori, saldatori, fabbri, tecnici informatici e così via. Pensare che questa lacuna possa essere colmata lasciando via libera agli sbarchi e allentando la sorveglianza ai confini con la Slovenia è perlomeno ingenuo.

Ecco perché, quello dell’immigrazione, è un problema vero, che richiederebbe un approccio analitico, attento ai costi e ai benefici delle varie politiche, senza scorciatoie ideologiche. Non sembra che, con l’approssimarsi dell’appuntamento europeo, tale consapevolezza si stia facendo strada, né a sinistra né a destra.

È un peccato, perché i problemi veri meritano di essere affrontati a viso aperto, non elusi a colpi di slogan e ideologia.