Sexting e revenge porn – Il dilemma della città vecchia

22 Aprile 2025 - di Luca Ricolfi

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In questi giorni mi è tornato alla mente un episodio di oltre quarant’anni fa. Con i miei colleghi e colleghe sociologhe, per lo più provenienti da università del nord e del centro Italia, eravamo sbarcati in una importante città del Sud per partecipare a un convegno di sociologia. Appena arrivati in albergo, qualcuno ci avvertì: evitate la città vecchia, perché c’è il rischio di essere scippati e derubati.

Alcuni di noi, prevalentemente maschi se ricordo bene, accettarono di buon grado il consiglio e si limitarono a girare nei quartieri prossimi all’albergo, situato al di fuori della città vecchia. La maggior parte delle colleghe sociologhe, invece, non si fecero alcun problema ad avventurarsi nella città vecchia. Secondo loro non c’era alcun pericolo, era evidente che eravamo di fronte a un pregiudizio anti-meridionale, un pregiudizio che andava sfatato. Mai e poi mai avrebbero rinunciato a visitare la città vecchia e a fare shopping per uno stupido pregiudizio.

Al ritorno dal giro nella città vecchia, nessuna si presentò indenne: a tutte era stato sottratto qualcosa.

Perché questa differenza di comportamento? Dopo tutto eravamo sociologi sia noi, il gruppo dei prudenti (più maschi che femmine), sia loro, il gruppo delle audaci (più femmine che maschi).

Una risposta possibile è che ognuno ha una diversa propensione al rischio, nonché una diversa inclinazione a credere agli stereotipi negativi (l’immigrato che delinque, lo zingaro che borseggia, il meridionale sfaticato). Di fronte a un allarme, si può prenderlo sul serio o declassarlo a credenza infondata. C’è chi gli stereotipi li considera pre-giudizi, e chi pensa che talora siano post-giudizi, frutto dell’esperienza.

Ma credo non sia tutto. Nella reazione di chi dice “io nella città vecchia ci vado lo stesso” c’è anche una sorta di ribellione a un ricatto. È come dire: è mio diritto girare per la città vecchia senza essere aggredito, non lascerò che qualcuno mi tolga questo diritto. Insomma, per alcuni può essere anche una questione di principio: si va incontro a un rischio non perché lo si giudica del tutto inesistente, ma perché defilarsi significherebbe piegarsi a una prepotenza, rinunciare a qualcosa che nessuno è titolato a sottrarci. Di qui il dilemma: evitare il rischio e rinunciare a un diritto, o esercitare il diritto e correre il rischio?

L’episodio mi è tornato alla mente perché, nel mondo di oggi, il “dilemma della città vecchia” è diventato più attuale che mai, specialmente per le donne. Le scelte di abbigliamento, i modi di stare sui social, la selezione dei luoghi, delle compagnie e degli orari in cui muoversi in una città, sono tutte decisioni che riproducono il dilemma: se mi espongo affermo un principio, ma corro un rischio; se non mi espongo, evito il rischio ma rinuncio a far valere un principio.

Questo dilemma si presenta tipicamente in materia di sexting (condivisione di immagini sessualmente esplicite). E con speciale drammaticità per le ragazze più giovani, per le quali il sexting può essere una libera scelta, ma pure una pretesa indebita da parte di partner prepotenti e ricattatori. A valle di ogni atto di sexting, infatti, è sempre in agguato il rischio del cosiddetto revenge porn, ossia che qualcuno diffonda le immagini senza consenso, o anche semplicemente minacci di farlo per ottenere prestazioni sessuali, denaro, o altri favori.

Anche qui, a prima vista, sembra riproporsi il dilemma: rischiare per affermare il principio, o rinunciare per evitare il rischio?

Sul punto, credo che la posizione più saggia sia quella assunta dall’avvocata Francesca Florio nel suo libro Non chiamatelo revenge porn (Mondadori 2022). A suo parere, nessuno ha il diritto di stigmatizzare il sexting, e le persone che lo praticano non hanno ragione di vergognarsene; e tuttavia, nello stesso tempo, è molto pericoloso nascondere o minimizzare gli immensi rischi che con il sexting vengono assunti. Fare sexting solo per affermare il principio che si ha tutto il diritto di farlo è autolesionistico. E stigmatizzare chi – come mamme, genitori, educatori – lo sconsiglia vivamente è profondamente sbagliato. Perché la “città vecchia” esiste, e avventurarvisi solo per affermare la propria libertà può costare caro. Molto caro. Come può rendersi conto chiunque legga le tante, drammatiche storie splendidamente raccontate da Francesca Florio nel suo libro.

[articolo uscito sulla Ragione il 15 aprile 2025]