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Allarme sicurezza, a chi conviene?

24 Novembre 2025 - di fondazioneHume

Dossier Hume

Sulla criminalità e sulla sicurezza, da qualche settimana, il vento sta cambiando. Ma a farlo cambiare non sono tanto i dati recentemente diffusi dal Viminale  (ancora incompleti,  e solo parzialmente pubblici) quanto l’attenzione dei media e della politica nei confronti di alcuni episodi di violenza particolarmente efferati.

Se stiamo ai dati, e non li manipoliamo come molti politici (di entrambe le parti) stanno facendo in questi giorni, la situazione è molto frastagliata. Quando i confronti vengono fatti correttamente, e si rinuncia alla tecnica dell’anno di appoggio (scegliere come termine di confronto l’anno che conferma le proprie tesi), il quadro che emerge è tutt’altro che univoco, perché alcuni dati segnalano un miglioramento della situazione, altri un peggioramento. Fra i segnali (lievemente) positivi è il caso di segnalare il numero di sbarchi, che nel biennio 2024-2025 risultano stabilizzati intorno ai 65 mila arrivi (-35% rispetto al 2022), e il numero di donne uccise, che negli ultimi anni è sempre diminuito. Fra i segnali (gravemente) negativi l’aumento della violenza di strada, soprattutto giovanile, un fenomeno di cui si parla molto in questi giorni, ma che in realtà è esploso fra il 2019 (ultimo anno senza covid) e il 2022 (primo anno relativamente no-covid). È dall’autunno del 2023, quando uscirono i dati ufficiali del 2022, che lo sappiamo, ma curiosamente se ne parla con la dovuta preoccupazione solo oggi (su questo giornale quei dati, sconcertanti, li pubblicammo due anni fa).

Perché solo oggi?

Credo vi siano soprattutto due motivi. Il primo è la recente mossa di Chiara Appendino – rapidamente fatta propria da Conte – di porre il problema della sicurezza come centrale e ineludibile per la sinistra, in aperta polemica con il resto del Fronte largo. Il secondo motivo, strettamente connesso al primo, è l’avvicinarsi della scadenza elettorale del 2027 (elezioni politiche, presumibilmente intorno a giugno). È proprio per queste ragioni che, negli ultimi tempi, molti esponenti della sinistra hanno sentito la necessità di parlare di sicurezza. Cosa che hanno cominciato a fare sia mostrandosi preoccupati per l’aumento della criminalità, sia accusando il Governo di non garantire la sicurezza ai cittadini. Mossa cui alcuni esponenti della destra hanno goffamente provato a replicare cercando di ridimensionare l’allarme sicurezza: esattamente il contrario di quello che erano abituati a fare quando erano all’opposizione.

Ma è razionale questo scambio di ruoli? O meglio: siamo sicuri che, elettoralmente parlando, alla sinistra convenga cavalcare l’allarme sociale, e alla destra assumere una postura quasi negazionista?

Nessuno può saperlo con certezza (ci vorrebbe una ricerca ad hoc), ma personalmente ho qualche dubbio. Mi pare un po’ ingenua l’idea che l’elettore, avendo constatato che Meloni non ferma gli sbarchi né riesce a reprimere la delinquenza giovanile, e avendo scoperto che la sinistra non snobba più il problema della sicurezza, si decida finalmente a votare a sinistra anziché a destra. Perché ciò accadesse, occorrerebbe che la sinistra – la sinistra tutta, non una sua componente – avesse un piano per combattere la criminalità, che tale piano venisse spiegato pubblicamente, che risultasse diverso da quelli del passato, e naturalmente che fosse convincente per gli elettori.

Se queste condizioni mancano (e al momento mancano), ma nello stesso tempo – per mettere in difficoltà il Governo – si continuano ad alimentare le paure dei cittadini, è possibile che una parte degli elettori trovi ulteriore motivo per votare a destra. Anziché pensare che la sinistra potrebbe riuscire dove la destra ha fallito, non pochi elettori potrebbero ritenere che il problema sia grave precisamente perché neppure la destra riesce a domarlo. E potrebbe persino convincersi, non del tutto senza motivo, che alcuni fallimenti del governo (Albania, criminali rimessi in libertà subito dopo l’arresto) non dipendono dal governo, ma dal modo in cui i magistrati interpretano le leggi e dalla lentezza dell’Europa, che non ha ancora fatto decollare il nuovo “Patto su migrazione e asilo”. Insomma, la reazione potrebbe essere non “visto che Meloni ha fallito proviamo con Schlein”, ma semmai “visto che neppure Meloni ce l’ha fatta, diamole più strumenti”.

Di qui, per la sinistra, un passaggio delicato. Per convincere gli elettori a votarla non le basterà proclamare, numeri alla mano, che “Meloni ha fallito”, ma le occorrerà offrire agli elettori una proposta chiara, concreta, e doppiamente diversa: diversa da quella attuale della destra, ma anche da quelle passate della sinistra.

[articolo uscito sul Messaggero il 22 novembre 2025]

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L. Ricolfi e staff Hume
L. Ricolfi e staff Hume
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