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Veltroni e le certezze sulla sicurezza

22 Agosto 2025 - di Luca Ricolfi

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“È un dato di fatto che gli italiani, dopo anni di governo di destra, si sentono più insicuri”.

“Credo di poter dire che mai la percezione di insicurezza su tutti i fronti sia stata così alta, anche in Italia”.

Sono due fra le molte affermazioni perentorie che si possono leggere in un recente intervento di Walter Veltroni sul Corriere della Sera.

All’articolo di Veltroni ha replicato Maurizio Belpietro su La Verità, opponendogli i dati del consueto Rapporto di Ferragosto del Viminale, da cui risulta che nei primi 7 mesi del 2025, rispetto al corrispondente periodo del 2024, sono diminuiti i reati totali (-9%), le violenze sessuali (-17.3%), le rapine (-6.7%), i furti (-7.7%), mentre sono aumentati leggermente gli omicidi (+3.4%).

Sono due esempi perfetti di come non si dovrebbe parlare di sicurezza. Veltroni presenta come “dato di fatto” una sua personale sensazione di aumento dell’insicurezza percepita, che nessuna indagine demoscopica ha finora confermato. Le poche indagini rigorose finora pubblicate, anzi, mostrano semmai il contrario. L’ultima ricerca di questo tipo dell’Istat, pubblicata meno di un anno fa e relativa ai primi mesi del governo Meloni, titola “Migliora la percezione di sicurezza dei cittadini”. Nulla esclude che indagini più recenti rovescino il giudizio, e diano ragione al pessimismo veltroniano, ma il punto è che per ora sappiamo solo che l’ultima rilevazione ufficiale ha registrato un aumento e non una diminuzione della percezione di sicurezza. Quanto poi alla affermazione che “mai” la percezione di insicurezza sarebbe stata così alta, ci soccorrono le indagini annuali dell’istituto Demos&Pi, che rivelano che il picco dell’insicurezza fu toccato nel 2012 (regnante Monti), con il 50% di cittadini preoccupati per la criminalità, mentre nel 2023 (ultima indagine disponibile, e primo anno del regno Meloni) l’insicurezza era al 33%”, ossia molto più bassa e, ironia della sorte, vicinissima al minimo storico (32%) toccato nel 2009, regnante Berlusconi. Anche qui non sappiamo ancora che cosa sia successo poi, ossia nel 2024 e nel 2025, ma supporre – e affermare perentoriamente – che si sia superato il picco del 2012 appare quantomeno avventuroso.

Meglio allora rivolgersi al Viminale e ai dati (rassicuranti) riportati da Belpietro?

Peggio che mai. Ci sono ottime ragioni per prendere con scetticismo anche i dati del rapporto di Ferragosto del Viminale, non solo le percezioni di Veltroni.

Innanzitutto, il rapporto ha un chiaro intento propagandistico. Il suo scopo (più che legittimo) è chiaramente quello di mettere in evidenza l’attivismo e i successi delle Forze dell’ordine.

In secondo luogo, i suoi dati sono pochissimo informativi, sia perché si limitano a rilevare le tendenze dell’ultimo anno (primi 7 mesi del 2025 contro primi 7 mesi del 2024), sia perché riguardano un piccolo e selezionato numero di reati, sia perché – inevitabilmente – sottostimano il numero di delitti del periodo più recente (per normali ritardi nella trasmissione dei dati). Presumibilmente, l’unico dato affidabile è quello degli omicidi, che sono quasi del tutto privi di “numero oscuro” (casi non denunciati) e difficilmente sono registrati e comunicati con grande ritardo, ma che – malauguratamente – risultano invece in aumento: +3.4%.

Che fare, dunque?

Per quanto riguarda la percezione di insicurezza, aspettiamo che l’Istat pubblichi i risultati della indagine multiscopo, condotta nei mesi scorsi. Per quanto riguarda la realtà, è essenziale usare dati consolidati, ossia non soggetti ad eccessive revisioni, prendere in considerazione un periodo di almeno 4-5 anni, scegliere in modo non furbesco l’anno di appoggio, rispetto al quale calcolare le variazioni. In concreto, questo significa ignorare gli anni 2020-2021, anomali causa Covid, e puntare su due confronti cruciali: 2022 contro 2019 (era Conte-Draghi) e 2023 su 2022 (primo anno dell’era Meloni).

Ed ecco i risultati: su 33 categorie di delitti considerate nelle statistiche ufficiali, 18 hanno avuto il medesimo andamento (aumento o diminuzione) nell’era Meloni e nell’era Conte, 6 sono aumentati nell’era Meloni e diminuiti nell’era Conte-Draghi, 8 sono aumentati nell’era Conte-Draghi e diminuiti nell’era Meloni. Riguardo al numero totale di delitti, il bilancio non è favorevole per nessuno: i furti sono aumentati nel 2022-2023 e diminuiti nel 2019-2022 (forse anche per gli strascichi della pandemia), ma l’insieme degli altri delitti è aumentato in entrambi i periodi a un ritmo simile (circa 2% l’anno).

Se poi ci rivolgiamo ai delitti di maggiore allarme sociale, il punto debole dell’era Conte-Draghi sono le violenze sessuali, aumentate del 28.8% in tre anni, mentre quello dell’era Meloni è l’aumento di alcuni crimini violenti commessi da minori, come le rapine e le lesioni dolose (un dato che risulta chiaramente da altre fonti ufficiali, inspiegabilmente trascurate).

Come si vede, appena si mette mano ai dati, ogni certezza ideologica vacilla.

[articolo uscito sulla Ragione il 19 agosto 2025]

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Luca Ricolfi
Luca Ricolfi
Torino, 04 maggio 1950 Sociologo, insegna Analisi dei dati presso l'Università di Torino.
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