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La “cetomedizzazione” della sinistra è iniziata 40 anni fa. Intervista a Luca Ricolfi

14 Marzo 2018 - di Luca Ricolfi

Politica

Luca Ricolfi, docente di Statistica e sociologo, come commenta questi dati per cui nei Comuni più ricchi del Torinese prevale il Pd, mentre nelle zone più povere a vince la Lega e dove la crisi morde svettano i grillini?

Sono perfettamente coerenti con quelli nazionali. Aggiungo solo una cosa: c’è una variabile che ancor meglio del reddito pro capite spiega le scelte elettorali, ed è il tasso di occupazione. Dove manca il lavoro la gente vota Cinque Stelle, dove il lavoro c’è la gente vota Pd, ma anche, anzi ancor più, Lega. Da questo punto di vista il presunto populismo della Lega è di natura del tutto diversa da quello dei Cinque Stelle, perché si affermano in contesti opposti, di massima e minima occupazione. Il messaggio dell’elettore Cinque Stelle è: visto che il lavoro non c’è, almeno datemi il reddito. Quello dell’elettore leghista è: visto che il lavoro ci sarebbe anche, metteteci in condizione di lavorare (meno tasse e meno burocrazia).

Si corona – purtroppo per il Pd –  il grande sogno di Renzi? Quello di andare a prendere voti ai ceti conservatori o per lo meno borghesi?

No, questo succedeva già con il Pd di Bersani e con quello di Veltroni, e persino – in qualche misura – con il Partito comunista dell’era Berlinguer. La “cetomedizzazione” del principale partito della sinistra è iniziata circa 40 anni fa, negli anni ‘70, non certo con la segreteria Renzi. La novità è che Renzi è riuscito a perdere quel po’ di base popolare che ancora votava Pd.

C’è un problema però. La classe operaia o degli inoccupati non vota quelli che sono gli eredi di Gramsci e Bordiga.  Soprattutto nella Torino città operaia per antonomasia.

Rispondo con una domanda: lei vede una ragione per cui gli operai dovrebbero votare Pd?

Dobbiamo rassegnarci a un Pd radical chic? Un Pd partito delle élite, come dice un sondaggio di pochi giorni fa della Luiss?

Mi sembra sconfortante che si debba apprendere da un sondaggio, e si presenti come una novità, quello che sappiamo da almeno vent’anni. Le cose che oggi si cominciano a vedere gli studiosi disincantati le sanno da tempo. Per parte mia le descrissi con una certa spietatezza ne La frattura etica (2001), in Perché siamo antipatici? (2005), ne Le tre società (2007), solo per citare tre libri ormai vecchiotti. E le ho ribadite in Sinistra e popolo (2017) un libro scritto prima della Brexit e della vittoria di Trump.

La domanda è: visto che tutti gli elementi della sindrome elitaria erano presenti 20 anni fa, come ha fatto la sinistra a tenere la testa sotto la sabbia così a lungo?

Perché il Pd non convince quelli che stanno al di sotto di un certo reddito? Cosa è successo?

Il Pd non li convince per tre motivi. Primo: con gli 80 euro il Pd ha aiutato chi già aveva un lavoro, e non l’esercito degli incapienti, che non guadagnano nulla o lavorano in nero (circa 10 milioni di persone, in gran parte concentrate al Sud). Secondo: il Pd non ha capito che l’accoglienza all’italiana è una politica antipopolare, che piace ai ceti benestanti e illuminati, ma danneggia chi sta in periferia e fatica a sbarcare il lunario. Terzo: il Pd non ha capito che il popolo è dotato di senso dell’humor, e quindi detesta l’ipocrisia del politicamente corretto.

È vero quello che dice Calenda, il Pd ha ignorato le paure delle persone?    

E adesso se ne accorge? Non ha mai notato il disprezzo con cui i suoi compagni di partito parlavano, delle “paure irrazionali” della gente? Dov’era quando Renzi e il Papa invitavano al dovere morale dell’accoglienza, senza se e senza ma? Perché hanno messo 4 anni, Renzi e il Papa, ad accorgersi che i sentimenti del popolo meritavano più rispetto?

Nel suo ultimo libro “Sinistra e popolo” lei affronta l’argomento del populismo, il tramonto della sinistra quando è cominciato?

Il tramonto della sinistra come espressione dei ceti popolari è iniziato dopo la morte di Berlinguer, ma l’ingresso massiccio dei ceti medi nella base elettorale della sinistra era iniziato dieci anni prima, nel cuore degli anni ’70. E’ allora che i ceti medi, fatti di studenti, insegnanti, giornalisti, magistrati, artisti di ogni specie, presero d’assalto la diligenza del Pci, visto come un’alternativa pura e incorrotta al malgoverno imperante. Un copione che in Italia si presenta circa ogni quarto di secolo (1974-74, 1992-1994, 2017-18): cambiare tutto, per non cambiare nulla.

Intervista a cura di Andrea Rinaldi pubblicata su Il Corriere della Sera-Torino il 12 marzo 2018
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Luca Ricolfi
Luca Ricolfi
Torino, 04 maggio 1950 Sociologo, insegna Analisi dei dati presso l'Università di Torino.
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