Le scelte sull’Europa e il vessillo della Carta

Non ho votato per la strana squadra di governo, costituitasi dopo le elezioni tra i due partiti che hanno raccolto più voti e che, in campagna elettorale, se l’erano date di santa ragione. Inoltre temo una brexit italiana non per ragioni ideali (ma davvero questa Europa può  scaldare i cuori di qualcuno e accendere le intelligenze, a parte quella di Emma Bonino?), ma per motivi prosaici: l’abbandono dell’euro azzererebbe i miei (pochi) risparmi e non credo che i vantaggi per l’export, che ne trarrebbero le nostre imprese,  me li farebbero recuperare col tempo. Mi chiedo, però, leggendo certe uscite di  insigni costituzionalisti, se ci sia ancora qualcuno, nel nostro paese, che si preoccupi più del rispetto delle regole del gioco che del risultato della partita in corso. Piaccia o non piaccia, la maggioranza degli Italiani (non il sottoscritto) ha votato per i partiti di Luigi Di Maio e di Matteo Salvini ovvero per formazioni politiche, in diversa misura, euroscettiche — forse il secondo più del primo, ma non si dimentichi il  referendum sull’euro minacciato da Beppe Grillo in una fase di stallo delle trattative per il nuovo governo.

Richiamandosi all’ art. 11 della Costituzione —“ L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa” ma “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”— e al 117 della Costituzione —“ La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali — qualche giurista ha, in sostanza, invitato il Presidente Mattarella a tener fuori  Paolo Savona dal Ministero dell’Economia, in quanto l’insigne economista sardo,  già pupillo di Guido Carli e vicino a Giorgio La Malfa,  sarebbe euroscettico e quindi  diffidente  degli «organismi sovranazionali che tutelano la pace» e pronto a «entrare in una logica nazionalista»(sic!). Sennonché, la democrazia va presa sul serio, non è pazziella e se i dirigenti di un partito chiedono i voti  degli elettori non per uscire dall’Europa ma per ottenere  dai nostri partner condizioni più vantaggiose per il nostro paese —Italy first!— ci troviamo davvero dinanzi all’arroganza di un potere, che, legittimato dal suffragio popolare, pretende di stravolgere le norme che stanno a fondamento della democrazia liberale?  E quand’anche il governo gialloverde avesse in mente la brexit e la Costituzione ce lo impedisse ciò non  vorrebbe dire che quanto è lecito agli Inglesi non lo è agli Italiani e che, quindi, configurando la nostra Costituzione un sistema politico meno democratico di quello inglese, sarebbe proprio il caso di rivederla? Non è la Costituzione italiana (pur se ‘nata dalla Resistenza’) che nobilita la democrazia ma è la democrazia a dover passare al vaglio la Costituzione. Personalmente, voterei senz’altro contro la Italexit ma riterrei lesivo dei diritti del popolo sovrano non dargli la possibilità di pronunciarsi al riguardo.