Cornificio, chi era costui?

In un’epoca in cui, con l’avvento dei dispositivi digitali, sembra sempre più difficile l’impresa di interpretare un testo, mi sembra appropriato proporre brevi riflessioni sulle sempre più rare doti dell’elocuzione, ampiamente studiate dal Cornificio nella sua Rhetorica ad Herennium, opera che risale al I secolo a.C. Parafrasando Manzoni: Cornificio, chi era costui? Ciò che più mi ha incuriosito di questo personaggio è il mistero e la leggenda che circonda la sua figura.

Nonostante esistano opere “cornificiane” – è persino esistita una scuola “cornificiana” – non vi è alcuna certezza sull’identità del personaggio. Cornificio come tale non è probabilmente mai esistito, ma è uno pseudonimo. Alcuni studiosi (come si legge per esempio nella “garzantina” di filosofia, alla voce “cornificiani”) affermano che si tratta dello pseudonimo di un personaggio descritto nella Vita Vergilii di Donato (IV secolo d.C.), quale detrattore di Virgilio.

Ciò, tuttavia, non mi pare verosimile, poiché Quintiliano (35-95 ca d.C.) già lo cita nella sua “Institutio Oratoria”, quando parla della “licenza di Cornificio”: quam Cornificius licentiam vocat, Graeci παρρησίαυ. Vi sono quindi solo due possibilità: a) o il Cornificio della Vita Vergilii è lo stesso della Rhetorica ad Herennium, ma allora lo pseudonimo non se l’è inventato Donato; b) il Cornificio della Vita Vergilii non è l’autore della Rhetorica ad Herennium. Il mistero resta. Ed è piuttosto intricato. Infatti qualcuno ha pure ipotizzato che l’autore della Rhetorica ad Herennium potesse essere Cicerone senza mai metter in dubbio, però, che Cicerone e Cornificio fossero due persone diverse.

Tuttavia già nel 1491, Raffaele Regio ritenne d’aver dimostrato nel trattato Vitrum ars rhetorica ad Herennium Ciceroni falso inscribatur che l’attribuzione a Cicerone fosse totalmente errata. Anche altri due studiosi di Cornificio ritennero errata l’attribuzione ciceroniana: Pier Vettori in un’opera del 1553, Variarum lectionum libri XXXVIII, Florentiae 1582 e soprattutto, per venire ai giorni nostri, il Professor Gualtiero Calboli, dell’Università di Bologna, importante curatore di un’edizione critica della Rhetorica (Pàtron Editore, 1993) nel libro Cornificiana 2.

In sostanza: qualche autore (e non Cicerone) noto come Cornificio, ma chissà chi?, è l’unico cui possa essere attribuita la Rhetorica, in accordo con Quintiliano che tratta ampiamente sulla “licentia” di Cornificio, definendo la Rhetorica ad Herennium quale “migliore opera” del nostro misterioso personaggio.

Mi sorge però un altro grande dubbio: come può conciliarsi la grande abilità retorica del Cornificio vantata da Quintiliano con le disposizioni impartite nel Rhetorica ad Herennium, dove l’autore afferma di essere contrario all’uso di vocaboli complicati? Del Rhetorica ad Herennium non si sa non solo l’autore ma neppure la data di quando fu scritta: i più affermano essere redatta fra l’86 e l’82; meno sono coloro che datano l’inizio della redazione fra il 75 e il 70 e quasi nessuno pensa possa essere stata scritta nel 50, come pensava il Douglas (Clausulae 74-78). Io propendo decisamente per la tesi del Douglas, a causa delle varietà retoriche usate che erano assenti prima del 70 a.C., o tra l’86 e l’82. Il Douglas afferma anche che il modo di scrivere del Cornificio era ben più complesso di altre sue opere, perciò si potrebbe dedurre che la migliore supposizione sia l’ultima.

Prima di concludere l’articolo vorrei ricordare la presenza di un altro Cornificio. Infatti, ben meno conosciuto, esiste un Cornificio grammatico ed etimologo citato da Macrobio, da Festo e da Arnobio, ricordato varie volte da Gualtiero Calboli, nel suo libro Cornificiana 2. I due si potrebbe pensare che siano la stessa persona, ma nessun romano sarebbe stato capace di occuparsi di etimologia senza studiare prima quella greca: infatti si notino tutte le parole etimologiche greche usate dal Cornificio grammatico. Ciò che però distingue i due Cornifici è che tali vocaboli etimologici greci sono assenti nella Rhetorica ad Herennium.

Nel Foreign Clientelae dell’E. Badian si parla anche di un destinatario del Rhetorica ad Herennium, ovvero un tale noto come Gaio Erennio. Da lì deriva il nome dell’opera cornificiana (Rhetorica ad Herennium), che apparteneva alla famiglia plebea degli Erenni, alla quale pur apparteneva Gaio Mario. La famiglia romana degli Erenni era abbastanza strana: famiglia plebea, ma con la maggior parte dei membri favorevoli a Silla, pur essendo consapevoli di non poter trarre alcun vantaggio da quest’appoggio.

Tra l’altro il Gelzer, nel libro Klein Schriften I, richiama il rapporto tra Mario e gli Erenni. E pur essendo documentata la sua appartenenza alla famiglia degli Erenni, Mario non l’ammise mai completamente. E’ anche possibile che Mario avesse ragione, poiché un Erennio fu tribuno di Silla nell’80. Come poteva essere parente di un nemico? Gualtiero Calboli non biasima l’atteggiamento di Mario anche se un certo C. Herennium si rifiutò in un’occasione di testimoniare contro Mario.

Da un po’ di tempo sto lavorando su Cornificio cercando fra i vari retori latini che si possono trovare nell’Orationes et epistulae de historiarum libris excerptae, più noto come Historiae, di Sallustio Crispo, e cercando di estenderne le informazioni, se presenti, nelle note biografie di Cornelio Nepote per poi paragonarle al Cornificio, per verificare le possibili relazioni con esso. Ciò che mi preoccupa è, però, il fatto che l’opera di Sallustio sia giunta a noi incompleta, mancando di catalogare alcuni retori.

Infine vorrei ricordare il nome del professor Francesco Capello, uno studioso che s’interessava con passione delle arti del trivio (retorica, stilistica e metrica). Grazie al suo pregevole manuale Hoepli(1) del 1890 dedicato alla stilistica, capitatomi per caso tra le mani frugando tra i volumi della biblioteca paterna, mi si è accesa quella curiosità che mi ha spinto a pensare alla figura enigmatica di Cornificio.

(1) Ulrico Hoepli è il popolare editore di origine Svizzera che contribuì alla diffusione della cultura popolare già tra le due guerre, lanciando la fortunatissima collezione dei manuali intitolati al suo nome che si trovano spesso nelle bancarelle sotto i portici di Via Po.