Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Anche oggi (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 16 marzo) la temperatura dell’epidemia è aumentata di 2 gradi, passando da 133.3 a 135.3 gradi pseudo-Kelvin.

Questo risultato si deve al peggioramento di tutte e tre le componenti che costituiscono l’indice: sono aumentati soprattutto i decessi (nell’ultima settimana si sono registrati 2.5 mila nuovi decessi rispetto ai 2.1 mila della settimana precedente) e gli ingressi ospedalieri stimati. Sono cresciuti anche i nuovi casi, ma in misura più lieve rispetto ai giorni scorsi.

L’incremento settimanale della temperatura è pari a +12.8 gradi.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa.

La temperatura dell’epidemia è stata calcolata considerando i soli casi identificati mediante test molecolare.

Per maggiori dettagli si rimanda alla Nota tecnica.




Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Oggi (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 15 marzo) la temperatura dell’epidemia è salita di 1.8 gradi, passando da 131.5 a 133.3 gradi pseudo-Kelvin.

Questo nuovo peggioramento si deve, anche oggi, all’aumento dei nuovi casi (nell’ultima settimana si sono registrati 140 mila nuovi casi rispetto ai 128 mila della settimana precedente). Sono aumentati leggermente anche gli ingressi ospedalieri stimati e i decessi.

L’incremento settimanale della temperatura è pari a +13.2 gradi.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa.

La temperatura dell’epidemia è stata calcolata considerando i soli casi identificati mediante test molecolare.

Per maggiori dettagli si rimanda alla Nota tecnica.




Indice DQP: per l’immunità di gregge dobbiamo aspettare aprile 2022

Le autorità politiche e sanitarie, in particolare il ministro Roberto Speranza e la sottosegretaria Sandra Zampa, hanno ripetutamente dichiarato che la campagna di vaccinazione serve a raggiungere la cosiddetta immunità di gregge:

5 dicembre: “Il nostro obiettivo è l’immunità di gregge grazie al vaccino” (Roberto Speranza).

17 dicembre: “Immunità di gregge a settembre-ottobre prossimi (Sandra Zampa).

28 dicembre: “Oggi il ministro Speranza ha precisato che entro marzo raggiungeremo la quota di 13 milioni di italiani vaccinati contro Covid-19, e quindi in estate potremo già essere molto avanti nel perseguimento dell’obiettivo immunità di gregge data dal 70%” (Sandra Zampa).

9 gennaio 2021: “Per arrivare all’immunità di gregge dobbiamo vaccinare l’80% di 60 milioni di italiani” (Sandra Zampa).

Per “immunità di gregge” si intende una situazione nella quale ci sono abbastanza persone vaccinate (e non in grado di trasmettere il virus) da portare la velocità di trasmissione del virus (Rt) al di sotto di 1, con conseguente progressiva estinzione dell’epidemia.

Ma quante settimane occorreranno per vaccinare un numero di italiani sufficiente a raggiungere l’immunità di gregge?

A rispondere a questa domanda provvede l’indice DQP (acronimo di: Di Questo Passo), che stima il numero di settimane che sarebbero ancora necessarie se – in futuro – le vaccinazioni dovessero procedere “di questo passo”.

All’inizio dell’undicesima settimana del 2021 (lunedì mattina, 15 marzo) il valore di DQP è pari a 56 settimane, il che corrisponde al raggiungimento dell’immunità di gregge non prima del mese di aprile del 2022.

Il valore del DQP è leggermente migliorato rispetto a quello della settimana scorsa (immunità di gregge a maggio 2022).

Per raggiungere gli obiettivi enunciati dalle autorità sanitarie (immunità di gregge entro settembre-ottobre 2021), il numero di vaccinazioni settimanale dovrebbe essere un po’ più di una volta e mezzo quello attuale (2 milioni la settimana, anziché 1.200.000).


Nota tecnica

Le stime fornite ogni lunedì si riferiscono alla settimana appena terminata e si basano sui dati ufficiali disponibili il lunedì mattina (quindi possono subire degli aggiornamenti).

Va precisato che la nostra stima è basata sulle ipotesi più ottimistiche che si possono formulare, e quindi va interpretata come il numero minimo di settimane necessarie.

Più esattamente l’interpretazione dell’indice è la seguente:

DQP = numero di settimane necessario per raggiungere almeno il 70% degli italiani con almeno 1 vaccinazione.

A partire dalla prima settimana completa dell’anno (da lunedì 4 a domenica 10 gennaio) la Fondazione Hume calcola settimanalmente il valore dell’indice DQP (acronimo per: Di Questo Passo).

L’indice si propone di fornire, ogni lunedì, un’idea vivida della velocità con cui procede la vaccinazione, indicando l’anno e il mese in cui si potrà raggiungere l’immunità di gregge procedendo “di questo passo”.

Il calcolo dell’indice si basa su 4 parametri:

  1. una stima del numero di italiani vaccinati necessario per garantire l’immunità di gregge;
  2. quante vaccinazioni sono state effettuate nell’ultima settimana (da lunedì a domenica);
  3. quante vaccinazioni erano state effettuate dall’inizio della campagna (1° gennaio 2021) fino alla settimana anteriore a quella su cui si effettua il calcolo;
  4. che tipo di vaccini verranno presumibilmente usati (a 2 dosi o a dose singola).

Nella versione attuale l’indice si basa sulle ipotesi più ottimistiche possibili sul funzionamento del vaccino e sull’andamento della campagna vaccinale. Più precisamente:

  • i vaccini somministrati non solo proteggono i vaccinati dall’insorgenza della malattia, ma impediscono la trasmissione dell’infezione ad altri (immunità sterile);
  • l’obiettivo è vaccinare il 70% della popolazione (anziché l’80 o il 90%, come potrebbe risultare necessario);
  • sul mercato vengono introdotti vaccini per tutte le fasce d’età, compresi gli under 16 (i vaccini attuali sono testati solo su specifiche fasce d’età);
  • ci si accontenta di vaccinare ogni italiano una sola volta, trascurando il fatto che, ove la campagna di vaccinazione dovesse prolungarsi per oltre un anno, bisognerebbe procedere a un numero crescente di rivaccinazioni.



Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Negli ultimi tre giorni (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 14 marzo) la temperatura dell’epidemia è aumentata fino a raggiungere 131.5 gradi pseudo-Kelvin.

Questo peggioramento si deve essenzialmente all’andamento dei nuovi casi, in crescita ormai da più di tre settimane (nell’ultima settimana si sono registrati 139 mila nuovi casi rispetto ai 128 mila della settimana precedente). Rispetto a sabato, sono lievemente aumentati anche i decessi (+2.3 mila nuovi decessi nell’ultima settimana rispetto ai 2.0 mila di sette giorni fa) e gli ingressi ospedalieri stimati.

L’incremento settimanale della temperatura è pari a +12.7 gradi.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa.

La temperatura dell’epidemia è stata calcolata considerando i soli casi identificati mediante test molecolare.

Per maggiori dettagli si rimanda alla Nota tecnica.




La quarta ondata: istruzioni per evitarla

Scenario A. Arrivano i vaccini promessi. Il generale Figliolo fa miracoli, e riesce a far vaccinare il 70% della popolazione entro l’estate. Pochi si spaventano per i casi di reazione avversa, come quelli di questi giorni con AstraZeneca. Le aziende farmaceutiche cominciano a produrre vaccini anche per gli under 16, il che permette di portare la percentuale di vaccinati intorno all’80%. Non emergono, né in Italia né altrove, varianti più trasmissibili o letali di quelle attualmente in circolazione. Gli studiosi scoprono che i vaccinati non trasmettono il virus, o lo fanno in misura molto ridotta. L’arrivo della bella stagione abbatte drasticamente la circolazione del virus, nonostante cospicui flussi turistici in entrata e in uscita. A settembre, dopo un’estate abbastanza tranquilla, tutte le attività ripartono, e il numero di nuovi casi resta molto basso. I pochi focolai che si ripresentano vengono facilmente spenti con il tracciamento e, nei casi più ostici, con pochi, brevi, circoscritti lockdown. Il Papa in persona propone che Mario Draghi sia proclamato santo, ancor prima della sua trionfale elezione alla presidenza della Repubblica.

Se questo, che tutti sogniamo, fosse lo scenario che effettivamente ci attende, la politica sanitaria in atto sarebbe abbastanza razionale, ancorché leggermente cinica. Il rifiuto della linea Ricciardi (lockdown breve e durissimo subito) avrebbe un costo di parecchie migliaia di morti, ma almeno si tratterebbe dell’ultimo tributo al virus. Detto in altre parole: andremmo avanti ancora 3-4 mesi con centinaia di morti al giorno, ma poi l’epidemia si spegnerebbe. E noi incasseremmo il vantaggio di non spendere altri miliardi di euro per controllare l’epidemia con le solite cose che invano si sono chieste al governo Conte, e altrettanto invano una sparuta minoranza sta continuando a chiedere al governo Draghi.

Ma è verosimile lo scenario A? Prima di provare a rispondere a questa domanda vediamo lo scenario opposto.

Scenario B. Le dosi acquisite entro l’estate non sono sufficienti ad attuare il piano vaccinale. Continuano a non essere disponibili vaccini per gli under 16. I (rari) casi di reazioni avverse fanno crescere la quota di popolazione che rifiuta i vaccini. Gli studiosi scoprono che con alcuni (se non tutti) i vaccini utilizzati i soggetti vaccinati continuano a trasmettere il virus. La scelta di vaccinare senza aver prima ridotto la circolazione del virus favorisce la formazione di varianti ancora più trasmissibili. La individuazione delle nuove varianti è sempre tardiva, perché nel frattempo non si è rafforzata a sufficienza la capacità di sequenziamento. L’estate, grazie alla vita all’aperto, conduce sì a un rallentamento dell’epidemia, ma non a una drastica riduzione del numero di nuovi casi, perché i flussi turistici favoriscono la circolazione del virus e l’introduzione di nuove varianti. A settembre quasi tutte le attività riprendono e, dopo poche settimane, ci si accorge dell’arrivo della quarta ondata (la terza, anche se non tutti se ne sono accorti, è quella in corso). A quel punto al governo Draghi vengono rivolti gli stessi (sacrosanti) rimproveri a suo tempo rivolti al governo Conte: non aver rafforzato il trasporto pubblico locale, non aver messo in sicurezza le scuole, non aver varato un protocollo ufficiale di cure domestiche, non aver potenziato il tracciamento, non aver controllato adeguatamente le frontiere, eccetera.

E’ verosimile lo scenario B? O è più verosimile lo scenario A?

A mio parere sono entrambi inverosimili, perché il primo ipotizza che quasi tutto vada per il verso dritto, e il secondo che quasi tutto vada per il verso storto. E’ molto più probabile che, di qui alla fine dell’anno, lo scenario con cui dovremo fare i conti sia intermedio fra l’iper-ottimistico scenario A il catastrofico scenario B. E’ verosimile, in altre parole, che la vaccinazione di massa riduca la circolazione del virus e la mortalità, senza tuttavia condurre alla sostanziale soppressione del virus, come invece è accaduto nei paesi del Pacifico (dal Giappone alla Corea del Sud, dall’Australia alla Nuova Zelanda).

Se questo scenario intermedio è plausibile, la politica sanitaria finora adottata dal nuovo governo non è razionale. Ad essa mancano infatti sia i tasselli preventivi classici (quelli dimenticati da Conte), sia i tasselli – li chimerò tasselli tardivi – su cui una certa consapevolezza sta emergendo solo negli ultimi tempi, grazie alla meritoria opera di studiosi indipendenti.

Senza ripercorrere qui la lista delle omissioni del governo Conte (chi fosse interessato può consultare la petizione del 2 novembre sul sito della Fondazione Hume), vorrei ricordare almeno cinque fra le misure con il rapporto costi-benefici più favorevole. Considerate tutte insieme, costerebbero meno di 2 miliardi, ovvero meno dell’1% del Recovery Fund, e una frazione minuscola dei tanti scostamenti di bilancio varati fin qui.

La prima misura, invano invocata da centinaia di scienziati fin dai primi mesi dell’epidemia, è la messa in sicurezza delle scuole mediante impianti di filtrazione dell’aria. Caldeggiata dall’ing. Giorgio Buonanno e da centinaia di scienziati fin dai primi mesi dell’epidemia, in Italia è stata varata in modo strutturale solo dalla regione Marche, ed è uno dei cavalli di battaglia “costruttivi” di Giorgia Meloni. Il costo per dotare tutte le aule scolastiche italiane di filtri HEPA è dell’ordine di 300 milioni di euro, circa la metà della spesa per i banchi a rotelle.

La seconda misura, incredibilmente ignorata fin qui, è l’attuazione del piano Crisanti per aumentare il numero di tamponi e rafforzare il tracciamento. Il costo è di circa 600 milioni di euro.

La terza misura, anch’essa caldeggiata da decine di scienziati (e in particolare dal prof. Giancarlo Isaia, presidente dell’Accademia di Medicina di Torino), è la somministrazione controllata di vitamina D per rafforzare le difese immunitarie contro il Covid (per un resoconto si vedano i contributi di Mario Menichella sul sito della Fondazione Hume). Si tratta di una misura già da tempo in vigore nel Regno Unito, e finora presa seriamente in considerazione solo dalla Regione Piemonte. Il costo è talmente basso che non richiede necessariamente stanziamenti pubblici.

Una quarta misura è il potenziamento, eventualmente in accordo con le Università, delle capacità di sequenziamento del virus, uno dei talloni d’Achille dell’Italia. Il costo dipende ovviamente dall’ambiziosità degli obiettivi, ma pare fuori discussione che l’individuazione precoce di varianti pericolose potrebbe diventare sempre più cruciale per spegnere tempestivamente i focolai più pericolosi.

Infine una misura a costo zero ma di puro buon senso potrebbe essere il varo di un protocollo nazionale ufficiale, il più possibile condiviso, di cura del Covid nelle fasi inziali, che superi l’attuale balcanizzazione delle cure domestiche, con la sconcertante coesistenza di protocolli più o meno fantasiosamente denominati (Remuzzi, Bassetti Galli, ecc.).

Capisco che la tentazione di pensare che il vaccino risolverà tutto e presto sia, per i governanti, quasi irresistibile. Ma credo che l’esperienza passata, in cui la sordità dei politici e delle autorità sanitarie agli appelli degli scienziati già ci è costata prima l’arrivo della seconda ondata (ottobre), poi quello della terza (febbraio), dovrebbe indurre a fare tutto il possibile per evitare – almeno – l’arrivo della quarta.

Pubblicato su Il Messaggero del 13 marzo 2021