Come procede l’epidemia negli altri paesi?

Il 27 luglio scorso l’OMS, certificando 16 milioni di contagi e oltre 640 mila decessi nel mondo, ha lanciato l’allarme per un’accelerazione dell’epidemia rilevando come, nelle ultime 6 settimane, il numero totale di casi positivi sia quasi raddoppiato.

I grafici che seguono ci aiutano a capire in quali paesi l’epidemia sta avanzando e in quali invece risulta per ora sotto controllo. La valutazione della diffusione del virus si basa sull’andamento dei nuovi casi settimanali per abitante registrato in 49 paesi avanzati o relativamente avanzati in base alle informazioni disponibili il 29 luglio.

Come si vede, sono almeno 17 (su 49) i paesi in cui si possono osservare segnali preoccupanti. Di questi, 8 presentano una curva epidemica con una chiara tendenza all’aumento. Nella maggior parte dei casi si tratta di paesi dell’Est-Europa (Romania, Serbia, Albania e Kossovo) cui si aggiungono due paesi dell’America centro-meridionale (Brasile e Messico). Ma fra i paesi a rischio ritroviamo anche Belgio e Spagna.

In altri 6 paesi (Bulgaria, Israele, Lussemburgo, Bosnia Erzegovina, Stati Uniti e Macedonia) il trend è in crescita, anche se negli ultimi giorni l’epidemia sembra aver rallentato la sua corsa.

Vi sono poi Ucraina, Moldova e Repubblica Ceca. Qui la curva, dopo aver oscillato, ha ripreso a puntare leggermente verso l’alto.

Oltre a queste 17 zone critiche vi sono 6 paesi (Australia, Austria, Paesi Bassi, Canada, Svizzera e Giappone) in cui è possibile intravedere una leggerissima tendenza all’aumento.

Accanto a questi 17+6 paesi ve ne sono altri (Germania, Polonia, Regno Unito, Turchia, Danimarca e Slovenia) in cui i segnali sono meno chiari. Si può però osservare come il procedere dell’epidemia non converga ancora verso il basso.

Segnali positivi arrivano invece da 7 paesi (Croazia, Montenegro, Russia, Svezia, Portogallo, Cile e Armenia): qui la curva epidemica ha iniziato a tendere verso il basso, anche se il numero di nuovi contagi continua a rimanere, nella maggior parete dei casi, ancora alto.

Vi sono infine 13 paesi in cui il numero di nuovi casi settimanali per abitante risulta relativamente contenuto. L’Italia, con circa 3 nuovi contagi per 100mila abitanti, fa parte di questo gruppo.

Un altro modo per capire come sta procedendo l’epidemia è quello di valutare la capacità diagnostica di ogni paese. Un indicatore utile a tale scopo è il numero di nuovi decessi in rapporto ai contagi avvenuti 2-3 settimane prima. Più un paese si dimostrerà in grado di identificare in maniera accurata i soggetti affetti dal virus, minore sarà la letalità apparente (morti su positivi diagnosticati) registrata nel paese.

Naturalmente questo dato ci può fornire solo un’indicazione generale delle reali capacità di diagnosi. L’indicatore potrebbe infatti risentire di due fattori che variano da paese a paese: a) il tasso di mortalità effettiva che potrebbe essere più alto di quello registro dalle fonti sanitarie e b) la pressione sulle strutture sanitarie che potrebbe essere eccessivamente elevata nella fase critica dell’epidemia incidendo negativamente sulla capacità di intervento.

Il risultato di questa analisi è sintetizzato nell’istogramma che segue. Come si vede, solo 7 paesi (fra cui Regno Unito e Irlanda) presentano una letalità apparente (indicativa di una incapacità diagnostica) superiore a quella dell’Italia.

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Nota tecnica

I dati utilizzati nell’analisi provengono dal database dalla Johns Hopkins University aggiornati al 29 luglio.

I dati della Spagna devono essere interpretati cautela perché presentano interruzioni di serie: i primi giorni di giugno le autorità spagnole hanno sospeso l’aggiornamento delle serie per effettuare un ricalcolo della mortalità. In più, nel mese di luglio, il numero dei nuovi contagi non è stato aggiornato quotidianamente.