SANDRA PETRIGNANI, La corsara, Neri Pozza, 2018

Amo le biografie dei grandi, perché ci mostrano la grandezza. E noi oggi più che mai abbiamo bisogno di grandezza, di esempi. Se non ne troviamo attorno a noi, pazienza: l’epoca in cui viviamo è solo uno scorcio, breve, poca cosa, tanto vale andare un po’ indietro a scovare quegli esempi in un tempo che non è stato il nostro e che chiamiamo, solo per convenzione, il passato. In una concezione temporale meno lineare, siamo tutti quanti insieme in un medesimo non-tempo. Per questo i classici sono i “contemporanei del futuro”, come diceva Pontiggia.

Amo, in particolare, le biografie degli scrittori. Per mestiere e, fatte le dovute differenze, per affinità.

Amo infine di un amore assoluto e smodato, fin da quando ero ragazzina, Natalia Ginzburg.

La corsara di Sandra Petrignani è la biografia, anzi, come dice il sottotitolo, il “ritratto” di Natalia Ginzburg.

Non è certamente solo una biografia, tantomeno una biografia romanzata. L’aggettivo “romanzato” non dice niente, non mi è mai piaciuto. Il libro di Sandra Petrignani è a tutti gli effetti un romanzo. Prima di tutto perché è lei stessa una scrittrice, e una scrittrice, raccontando la vita di una scrittrice, non può che farne un romanzo. Ma è un romanzo diverso dagli altri, perché fa i conti con una vita reale, non può quindi inventare di sana pianta, non può concedersi tutto, ha una libertà condizionata, che lo frena ma anche lo àncora a una solidità. Dunque ha un di più: racconta una storia che si è davvero svolta, nel tempo limitato di una vita umana che è stata eccezionale. E questo è un valore aggiunto: ci conforta, ci dà speranza, in quanto è una storia che sappiamo non solo possibile, ma realmente accaduta.

L’autrice ha studiato per anni, ha analizzato ogni scritto della Ginzburg, ha fatto ricerche, ha esplorato documenti, lettere, foto, testimonianze; e poi ha unito il tutto, evidenziando legami, facendo risaltare il senso, riflettendo, spesso commentando in prima persona. Una scrittrice che racconta un’altra scrittrice. Dunque racconta il suo amore. E studio più amore sono davvero un esplosivo vincente.

Natalia Ginzburg, dunque. Austera e malinconica, pigra, ritrosa, dagli occhi neri e pungenti. Capelli corti, vestiti scuri, sigaretta. Che si sente sempre inadeguata, mai all’altezza. La scrittrice che si definisce “scrittore”, che ama lo sguardo limpido e severo dell’infanzia, che farà della verità il fine della sua vita e della sua arte. La scrittrice che non mente, non media, non segue le convenzioni. Sempre innovativa, temeraria, coraggiosa, sincera: “corsara” sempre, ancor prima di Pasolini. Sobria, nemica di ogni fronzolo, estetico e ideologico, nemica delle frasi fatte, delle parole di fumo. Amica dei grandi: Pavese, Vittorini, Calvino, Morante, Moravia…

Lei, la sua vita. I fatti, le opere, i pensieri, i luoghi, le persone.

La Torino antifascista degli anni Trenta, la nascita della casa editrice Einaudi, il matrimonio con Leone Ginzburg, i figli, il confino a Pizzoli, il lavoro editoriale. Un’intera generazione di intellettuali, il loro lavoro, la loro scrittura, gli ideali, il coraggio anche di morire.

Un intero mondo, scomparso per sempre, temo mai più possibile. Non oggi, almeno. Ma che proprio oggi ci fa un gran bene ripercorrere, ritrovare, con la dolente malinconia per le cose che non sono più e che noi non abbiamo nemmeno avuto il bene di conoscere, ma verso cui proviamo una struggente nostalgia. Un mondo di cui sentiamo una dolorosa necessità. E che ci piacerebbe far rinascere, prima o poi, in quel tempo non lineare in cui tutto è presente, passato e futuro insieme. O far nascere, tout court, come se fosse la prima volta. Perché ogni volta che alcuni esseri umani si trovano uniti per un’idea, un pensiero, una visione del mondo, è sempre la prima volta.

Non mi pare che la Ginzburg sia stata, finora, apprezzata così tanto come avrebbe meritato. Abbiamo fatto di altri scrittori gli idoli del Novecento. Spero che ora la direzione s’inverta, anche grazie al bellissimo libro di Sandra Petrignani.

E comunque mi piace aver iniziato la rubrica Libri del sito Hume nel nome della scrittrice che secondo me, e per me sicuramente, ha contato di più.