Il silenzio di Schlein

È di qualche giorno fa una lettera che un nutrito gruppo di femministe hanno indirizzato a Elly Schlein. Oggetto: la posizione del Pd e della neosegretaria in materia di utero in affitto, o GPA (gestazione per altri).

Le scriventi sono contrarie, e si rivolgono a Elly Schlein, che invece si è ripetutamente dichiarata a favore, perché riveda la sua posizione. Inoltre, parlano con accenti critici della pretesa, da parte delle coppie che sono ricorse alla GPA, di ottenere la trascrizione automatica (all’anagrafe italiana) dei certificati di nascita rilasciati all’estero. La loro preoccupazione principale è che la sinistra lasci il tema alla destra che, a loro dire, lo distorcerebbe “per piegarlo a un progetto di riaffermazione della famiglia tradizionale istituzionalizzata e obbligatoria”.

La lettera è alquanto mielosa e adulatoria, e forse anche per questo ha suscitato la vivace reazione di Marina Terragni, la esponente più attiva della Rete per l’Inviolabilità del Corpo femminile, un gruppo ben più coerentemente impegnato, da tempo, non solo contro la pratica dell’utero in affitto, ma contro tutto il complesso delle pratiche del “progetto transumano”: autoidentificazione di genere (self-id), carriera alias nelle scuole, transizione facilitata, ricorso agli ormoni, sex work, assistenza sessuale ai disabili. Su questo, il gruppo della Terragni avrebbe apprezzato un pronunciamento più chiaro e una presa di posizione più netta, con particolare riguardo all’idea di dichiarare reato universale l’utero in affitto, come vorrebbe il governo.

Dalla lettura dei due testi si capisce che, su questi temi, il mondo femminile è spaccato. E lo è non tanto fra sostenitrici e nemiche dell’utero in affitto (i sondaggi mostrano che la maggioranza delle donne è contraria), ma sulla adesione al progetto transumano. Qui le posizioni sembrano essere tre: iper-femministe alla Schlein, favorevoli a tutto o quasi tutto il pacchetto; femministe della lettera a Schlein, contrarie all’utero in affitto ma prudenti o favorevoli sul resto; femministe radicali, come Terragni, contrarie a tutto il pacchetto.

Al di là delle convinzioni sui vari elementi del pacchetto, è interessante la dinamica politica che si è innescata. Le femministe della lettera a Schlein le chiedono di fare un passo indietro, perché hanno capito che – se si andasse allo scontro – la gente starebbe con chi critica l’utero in affitto, e il Pd ne sarebbe travolto. Il gruppo di Marina Terragni, viceversa, si chiede perché rivolgersi proprio a Schlein, visto che se ne conoscono le posizioni oltranziste su tutto o buona parte del pacchetto.

Credo che Marina Terragni abbia ragione. La questione non è politica, ma etica e culturale. E la vera posta in gioco non sono i diritti dei bambini, o le discriminazioni fra tipi di famiglie, ma l’accettabilità del pacchetto transumano. Una faccenda che chiama in campo considerazioni morali, antropologiche, filosofiche, bioetiche, su cui i progressisti sono molto più divisi dei conservatori. Se la sinistra non lo capisce, e la vuole buttare in politica, può anche farlo. Ma, così facendo, offrirebbe alla destra il proprio scalpo su un piatto d’argento.

Forse è per questo che, oggi come in passato, Schlein si guarda bene dal rispondere alle femministe.