Rassegna stampa- Anteprima 26 luglio

Clamoroso

A causa dell’inquinamento luminoso, l’80% degli italiani non ha mai visto la Via Lattea [Dusi, Rep]./span>

 

In prima pagina

• Caldo torrido in tutta Europa. A Parigi record assoluto

• A largo della Libia è affondato un barcone, si teme che siano morte 150 persone

• La Camera approva il decreto Sicurezza bis ma 17 grillini non votano e Fico esce dall’aula per protesta

• A Salvini le parole di Conte (ieri in Senato sul caso rubli alla Lega) «interessano men che zero». Mattarella invita i politici alla concordia

• Un bambino autistico di 11 anni è stato rifiutato dalla famiglia e ora è in affido al Tribunale dei minori

• I quattro bulli torinesi che fecero mangiare un panino pieno di escrementi a un compagno hanno scontato la pena e insultano la polizia

• Dopo 16 anni, negli Stati Uniti tornano le esecuzioni per mano dello Stato federale

Pedro Sánchez non ottiene la fiducia del Parlamento, la Spagna sta per tornare alle urne

• Epstein in terra senza sensi nella sua cella. Ha tentato di uccidersi?

• Per Ali Ağca «Emanuela Orlandi è viva e sta bene da 36 anni»

• Filippo Penati è stato condannato in appello per il caso Milano-Serravalle. «Ho un tumore causato dai processi», dice

• Consip, niente archiviazione per Tiziano Renzi e Luca Lotti

• La Bce lascerà invariati i tassi fino a metà del 2020. S’annuncia un nuovo Qe

• Al Tour Quintana va in fuga e recupera cinque minuti sulla maglia gialla Alaphilippe

• Il Napoli pagherà 82 milioni per Nicolas Pépé. De Rossi è sbarcato a Buenos Aires. Icardi si avvicina alla Roma.

 

Titoli

Corriere della Sera: Governo, il richiamo del Colle

la Repubblica: Governo sotto zero

La Stampa: Salvini snobba Conte / Mattarella al governo / “Basta con i conflitti”

Il Sole 24 Ore: Bce, Draghi ricarica il bazooka

Avvenire: Morti di guerra

Il Messaggero: Salvini-Di Maio, la tregua d’estate

Il Giornale: L’altolà di Mattarella

Qn: Mattarella al governo: basta risse

Il Fatto: Papà Renzi&C. non si archiviano / Il gip stronca la Procura di Roma

Libero: Meno male, vanno in vacanza

La Verità: Salvini e Di Maio firmano la tregua / per sventare il ribaltone del Colle

Quotidiano del Sud: Parte l’operazione verità

il manifesto: La grande strage

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Rassegna stampa Anteprima- 23 luglio

Clamoroso

Cani obesi in Italia: cinque milioni [Meroni, Libero].

In prima pagina

• Un incendio doloso ha bloccato l’Alta velocità e spaccato in due l’Italia. Rivendicazione degli anarchici: «È stato un gesto d’amore e di rabbia»

• Toninelli licenzia con una mail l’unico esperto favorevole alla Tav. Salvini lo attacca: «Così non ci siamo»

• Autonomia: Zaia parla con il Corriere della Sera e invita a un conclave: «Il governo, secondo legge, faccia una proposta. Poi ci chiudiamo in una distanza». E: «Su questo ci può essere il big bang del governo, ma non quello del Veneto: l’autonomia la chiederemo sempre».

• Gli studenti del Sud hanno superato la maturità con voti nettamente più alti di quelli del Nord. Rovesciati i test Invalsi, è il solito problema dei professori meridionali di manica molto più larga

• Di Maio stravolge la regola dei due mandati introducendo il “mandato zero”

• Le intercettazioni in cui Arata si vanta di aver convinto Salvini a nominare Siri sottosegretario

• Unicredit sta preparando il taglio di 10 mila dipendenti. Lo scrive Bloomberg, Unicredit non nega

• Arrivano a 1,4 milioni le domande per il reddito di cittadinanza

L’Iran dice di aver arrestato 17 spie addestrate dalla Cia

• Haftar all’attacco con le armi di francesi, russi e egiziani. Razzi sull’aeroporto di Tripoli, voli sospesi

• Formigoni lascia il carcere e va ospite da un amico ai domiciliari

• Trattativa Stato-mafia, Mannino assolto anche in Appello

• Di Pietro in lacrime alla camera ardente di Borrelli

• Argento del fioretto femminile ai Mondiali di scherma

• È partito il razzo indiano diretto sulla Luna

• È morto Yukiya Amano, il direttore generale dell’agenzia Onu per l’energia atomica

• Cristiano Ronaldo non sarà processato per stupro negli Usa

• Per avere Neymar il Real offre al Psg 90 milioni più Bale

 

Titoli

Corriere della Sera: Sabotaggio, treni nel caos

la Repubblica: L’Italia paralizzata / il governo anche peggio

La Stampa: L’Italia spezzata dagli anarchici

Il Sole 24 Ore: Le imprese: autonomia / per più efficienza, / ma va tutelata l’unità

Il Messaggero: Un attentato blocca la Tav

Il Giornale: Più cretini che anarchici

Qn: Governo sbugiardato, il lavoro cala

Il Fatto: Gratti Siri / e Giorgetti / ed escono / B. & Letta

Libero: Camera ardente

La Verità: Pronto il ribaltone per far fuori Salvini

Quotidiano del Sud: Basta balle

il manifesto: I senza casa

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Rassegna Anteprima- 22 luglio

Clamoroso

Dal 2008 al 2017 gli omicidi in Italia sono diminuiti del 43 per cento. Nello stesso periodo gli ergastolani sono aumentati del 25 per cento [Mattia Feltri, Sta].

 

In prima pagina

• Le morti di Francesco Saverio Borrelli, Ágnes Heller, Ilaria Occhini, Mattia Torre

• Zaia e Fontana attaccano Conte sull’Autonomia: «Se continua questa farsa non firmiamo». Appuntamenti chiave per la sopravvivenza del governo: mercoledì prima Conte e poi Salvini parlano alla Camera della cosiddetta Moscopoli. Giovedì vertice sul testo definitivo della legge che regolerà le autonomie di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Gli analisti concordi: il vero avversario di Salvini adesso è Conte.

• Salvini chiede che i capi della rivolta di sabato sera contro il cantiere dell’Alta Velocità a Chiomonte in Val di Susa siano arrestati. Il M5s non replica e condanna ogni forma di violenza.

• Haftar lancia «l’ora zero» dell’offensiva su Tripoli

• Salvini scrive alla Francia: «L’Italia non è il campo profughi d’Europa». Oggi non si presenterà alla riunione europea di Parigi sui migranti

• Abe vince le elezioni in Giappone, avrà una forte maggioranza, ma non sufficiente a cambiare la Costituzione

• Luca Parmitano è sulla Stazione Spaziale Internazionale

• Medici Senza Frontiere e Sos Méditerranée tornano a salvare i migranti nel Mediterraneo

• La Lega sale al 35,6% nei sondaggi, M5s stabile al 17%

• Berlusconi condannato per aver dato del «fallito» a Soru

• Nel Pd è scoppiato un caso Faraone: renziani e zingarettiani litigano

• Amadeus condurrà Sanremo: lo conferma Fiorello

• Cento chili d’oro in lingotti sequestrati all’aeroporto di Heathrow

• Larissa, figlia di Fiona May, ripete l’impresa di sua madre e vince l’oro nel salto in lungo agli Europei Under 20

• Bronzo di Detti nei 400 stile libero ai Mondiali di nuoto

• Alaphilippe potrebbe anche perdere il Tour, lo incalzano Pinot e Bernal

 

Titoli

Corriere della Sera: «Autonomia vera al Nord»

la Repubblica: Conte, bersaglio grosso

La Stampa: Strappo sull’autonomia / Il Nord: non firmeremo / Conte pronto a trattare

Il Sole 24 Ore: Professionisti / e imprese / alla roulette / delle pagelle fiscali

Il Messaggero: Scontro sui fondi alle Regioni

Il Giornale: Il Nord licenzia Conte

Qn: Verso il sì alla Tav, furia antagonista

Il Fatto: Autonomia light: ecco le prove / del Sì leghista a Conte e 5stelle

Libero: Salvini primo grazie ai nemici

La Verità: Tutte le querele dietro la fuffa del Rubligate

Quotidiano del Sud: Il cuore mette radici ovunque

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Contro l’inferno libico

Non ha convinto quasi nessuno, nelle sue prime dichiarazioni, Ursula von der Leyen, candidata tedesca alla presidenza della Commissione Europea. E La ragione è piuttosto semplice: le forze politiche tradizionali, presunte vincitrici delle elezioni europee, sono in grave disaccordo fra loro su molte questioni cruciali, fra le quali quella migratoria.

Se si esaminano attentamente le sue dichiarazioni, si capisce facilmente perché. Come spesso accade ai governanti europei, la loro preoccupazione centrale è l’affermazione di principi astratti che possano raccogliere il più ampio consenso possibile, ma la loro attenzione alla soluzione concreta dei problemi è minima. Di qui la curiosa diffusione in Europa di una retorica, quella del “ma-anchismo” (voglio A, ma anche B), di cui erroneamente avevamo attribuito l’esclusiva a Walter Veltroni, ai tempi in cui stoicamente tentava di dare una guida alla sinistra italiana.

Oggi il ma-anchismo si ripresenta nelle parole della von der Leyen: difendere i confini, “ma anche” rafforzare i salvataggi in mare; non lasciare sola l’Italia “ma anche” non obbligare gli altri paesi europei a prendere chi sbarca in Italia; no agli scafisti “ma anche” no ai porti chiusi.

Che così dicendo la candidata alla Presidenza della Commissione rischi di scontentare tutti è meno grave del fatto che il ma-anchismo non sia una politica. Una vera politica dovrebbe, per cominciare, offrire un’analisi convincente di come le cose effettivamente funzionano, ed accettare il dato di fatto che, per determinati tipi di problemi, non esistono soluzioni in grado di rispettare tutti i nobili principi cui i politici amano richiamarsi. L’importante è che almeno i problemi risolvibili vengano risolti, e su quelli irrisolvibili ci sia un’assunzione di responsabilità, che inevitabilmente significa avere il coraggio di scegliere, quasi mai fra il male e il bene, e quasi sempre fra un male e un male minore.

Fra i problemi risolvibili vi è quello di sostenere davvero, e non solo a parole, l’UNCHR (Alto Commissariato Onu per i Rifugiati) nel suo lavoro di trasferimento in Europa delle persone che riesce a liberare dai campi libici e che hanno diritto allo status di rifugiato. E’ oltre un anno che l’UNCHR insiste sul fatto che in Africa (in particolare in Niger e in Libia) ci sono già alcuni centri nei quali l’UNCHR stessa riesce a raccogliere i soggetti più vulnerabili e ad effettuare i colloqui necessari per accertare il diritto alla protezione internazionale, ma tutto si scontra con la lentezza e l’opportunismo dei governi europei, che sulla carta promettono posti (4000) ma poi sono lentissimi nel rendere effettivi i trasferimenti in Europa. Voglio dire che il problema dei corridoi umanitari non è la loro inesistenza, ma il fatto che quei pochi che esistono e potrebbero funzionare ad alto regime (primo fra tutti quello che parte dal Niger) si scontrano con l’inerzia e la lentezza dell’Europa. E’ importante sottolineare che stiamo comunque parlando di numeri piccoli (4000 posti promessi da Unione Europea, Norvegia e Canada), e di un problema risolvibilissimo solo che lo si voglia affrontare. E’ noto che i soggetti che hanno diritto allo status di rifugiato, e di cui specificamente si occupa l’UNCHR, sono una piccola frazione del totale dei soggetti in movimento. Anche in Africa il problema più grosso non sono i richiedenti asilo che ne hanno diritto, ma sono gli sfollati delle zone di guerra (in particolare in Libia), e i migranti economici di cui si occupa soprattutto l’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), con programmi di rientro assistito (ed economicamente incentivato) nei paesi di partenza.

Ci sono poi i problemi irrisolvibili, o meglio risolvibili solo pagando un prezzo che pochi politici sarebbero disposti a pagare. Il principale di tali problemi è quello del traffico di esseri umani in Africa, un traffico che non è fatto solo di scafisti, ma di campi di prigionia legali e illegali, con bande armate che spadroneggiano nel territorio macchiandosi dei peggiori crimini: torture, violenze sessuali, umiliazioni, estorsione di denaro, lavori forzati, vendita come schiavi.

E’ il caso di notare che buona parte del problema sta nel business dei guerriglieri che, nel sud della Libia, intercettano le persone in transito per imbarcarsi in Europa. Un’altra parte del problema è costituita dal fatto che i migranti sfuggiti ai campi di prigionia dei signori della guerra spesso, essendo entrati illegalmente in Libia, vengono rinchiusi (in condizioni disumane) nei campi di prigionia governativi, dove fioriscono due ulteriori business, quello della liberazione a pagamento, e quello del trasbordo (sempre a pagamento) su un’imbarcazione diretta in Europa.

Si può fare qualcosa di risolutivo contro questo inferno in terra?

Se escludiamo (e facciamo bene…) l’ennesimo intervento militare occidentale più o meno mascherato da missione umanitaria, l’unica strada efficace che resta aperta è quella di stroncare il traffico di esseri umani rendendolo non profittevole. Sfortunatamente, l’unico modo per renderlo non profittevole è quello di affermare, e mettere fermamente in pratica, il principio che in Europa si entra solo per via legale. Finché l’Europa consente, e per certi versi incentiva, gli ingressi via mare, il progetto di stroncare il traffico di esseri umani resta del tutto velleitario.

E’ qui che nascono i problemi. Per impedire gli ingressi illegali occorrerebbe allargare i canali di ingresso regolari sia per i richiedenti asilo (corridoi umanitari) sia per i migranti economici (sistema di quote), ma al tempo stesso, una volta assicurata la possibilità di entrare legalmente in Europa, occorrerebbe difendere i confini con risolutezza. Questi due gesti, grazie alla velocità del tam tam nell’era di internet, sarebbero un colpo durissimo per i trafficanti, esattamente come lo sarebbe la droga di Stato per gli spacciatori (a proposito, perché i radicali non fanno il medesimo ragionamento pro-legalità quando si tratta di traffico di persone?).

Quello di cui sarebbe ora di prendere atto è che, per quanto scaldi i cuori e faccia la felicità dei media, ogni sbarco irregolare riuscito, che avvenga in Italia o altrove, che sia gestito da una Ong o da uno scafista, è di fatto un formidabile incentivo al business che si dice di voler stroncare. E’ terribile dirlo, ma l’inferno libico è anche la conseguenza della speranza di riuscire a entrare in qualche modo in Europa che un po’ tutti contribuiamo a tener viva, spesso con le migliori intenzioni.

Articolo pubblicato su Il Messaggero del 13 luglio 2019



Riflessioni su deferenza e rispetto

Mi folgora la parola deferenza. Non la incontravo da decenni e ora mi arriva da un libro di Kenneth Minogue, che mi passeggiava per casa e ho aperto per curiosità, al capitolo 2, “Il progetto di livellare il mondo”.

Il libro è uscito nel 2012 per IBL Libri, s’intitola La mente servile.

Leggo: “Il rango generava autorità e comportava deferenza. In quell’epoca (l’Europa del XV-XVI secolo) la deferenza era la chiave dei rapporti sociali perché implicava un rispetto più o meno automatico”.

La deferenza è ossequio, riverenza, rispetto. È un movimento, in un certo senso, verso il basso (de-ferre), è un abbassarsi, dovuto, doveroso, davanti a qualcuno riconosciuto come superiore.

Intanto c’è l’idea che qualcuno sia superiore. Che esista un sopra e un sotto, un alto e un basso. Può essere un grado socialmente elevato, o una funzione, un ruolo, un’autorità riconosciuta, o anche soltanto una maggiore esperienza, o l’età.

E poi c’è l’idea di un automatismo: il “rispetto automatico” è il rispetto dovuto a qualcuno a priori, non per i suoi meriti personali, ma per la sua funzione, o ruolo, o posto nella società, a cui tutti riconoscono un valore di per sé. Un anziano, un insegnante, un preside, un ufficiale dell’esercito, un vescovo, un direttore di banca.

Minogue dice che nell’Inghilterra dei secoli passati la deferenza era dovuta ai “rappresentanti di una classe che includeva non solo gli aristocratici e i nobili di campagna, ma anche i datori di lavoro, i padroni di servi, i maestri e i docenti universitari, le gentildonne, i preti, i giudici, le donne di una certa età e molti altri”.

Il rispetto non automatico sarebbe invece quello che ognuno di noi sente di dovere a qualcuno, perché gli riconosce dei meriti speciali, a esempio un talento artistico, una genialità, una grandezza d’animo, una nobiltà di sentimenti. Un rispetto che ci verrebbe naturale, e avrebbe molto a che fare con l’ammirazione, persino con la riverenza.

Molti della mia generazione provavano riverenza verso i propri insegnanti, i maestri, i grandi scrittori, artisti, scienziati, registi.

Ricordo che a vent’anni mi capitava di chiudere certe lettere (non so ora dire rivolte a chi) con l’espressione: Deferenti saluti. Mi chiedo se si usi ancora, o sia ritenuta una formula ridicola.

Deferenza oggi? Potrebbe significare non dire parole volgari, non fare gesti triviali, vestirsi in modo acconcio (non andare dal Preside con gli infradito, per esempio), usare il lei, e anche le maiuscole (tipo Professore, Ingegnere, Direttore).

Mantenere distanza. Una certa distanza.

Minogue: “La deferenza richiedeva formalità nei rapporti, il cui scopo era di mantenere la distanza tra le persone. Dietro questo formalismo c’era la convinzione che la distanza fosse una condizione necessaria del rispetto”.

Oggi non vogliamo deferenza anche perché non vogliamo distanza, ma il più possibile vicinanza, contiguità. Non facciamo altro che “abbattere le distanze”. Ci fa sentire più uniti, più fratelli.

Non vogliamo mostrare deferenza verso altri, ma non vogliamo nemmeno essere noi oggetto di deferenza. Ci metterebbe fortemente a disagio. Così come ci mette a disagio ogni forma che sia segnale di una qualche superiorità che noi attribuiamo ad altri o che altri attribuiscono a noi. Sarebbe la crisi del nostro credo egualitario.

Oggi una donna anziana potrebbe anche offendersi se un giovane sul tram le cedesse il posto. Lei sta facendo di tutto per apparire giovane, va in palestra, fa dieta, prende gli integratori giusti, si veste alla moda, e un giovane che le cedesse il posto la smaschererebbe, rendendo vano il suo duro lavoro.

Anche una donna, di fronte alla cavalleria di un uomo, oggi potrebbe sentirsi offesa. Ma come? Mi apri la portiera, mi offri il pranzo? Magari mi prendi anche in braccio, in una gita in montagna, per attraversare un torrentello, in modo che io non mi bagni le scarpe? Ma sei matto? E dove starebbe l’uguaglianza? Io sono uguale a te, quindi dividiamo il conto, io mi apro la portiera, io vado a piedi sulle pietre del ruscello perché sono perfettamente in grado di farlo, almeno quanto te. Se poi mi mandi dei fiori, attento! Ti denuncio per molestie.

Non voglio dire, con tutto ciò, che c’è un abisso tra il 1500 e oggi, o anche solo tra i nostri anni ’60 e oggi, o addirittura rispetto a quand’ero giovane io, cioè quarant’anni fa. Sarebbe piuttosto ovvio. Mi sto solo chiedendo se dobbiamo davvero, oggi, lasciar cadere tutto ciò, se davvero parole come rispetto e deferenza debbano farci venire l’orticaria e le vogliamo espellere per sempre dal nostro lessico, e soprattutto dalla nostra vita.

D’altronde, se i politici vanno in felpa, se appaiono in tivù in camicia con le maniche arrotolate e il colletto slacciato (perché è estate e sì, in estate fa caldo); se le condizioni atmosferiche dunque prevalgono sul concetto di rispetto e formalità; se odiamo la parola forma e connessi (formalità, formalismo) perché ci paiono irredimibilmente lontani da quella autenticità-spontaneità-naturalezza che è  attualmente il nostro mito da aspiranti neoselvaggi; se “mettere distanza” ci fa orrore e non facciamo altro che “ridurre le distanze”, abbracciandoci tra sconosciuti in un amplesso selfico (voglio dire “da selfie”);  se mantenere la nostra posizione eretta difronte a un bambino ci fa problema e sentiamo subito l’esigenza di metterci in ginocchio per essere alla sua altezza; se l’idea di una predella in classe, che sopraelevi la cattedra, ci fa vergognare perché ci sembrerebbe ignobile anche solo immaginarlo.

Se tutto ciò è vero, non vedo come potremmo auspicare la presenza, nella nostra vita sociale, di deferenza e rispetto.

In realtà noi usiamo molto, oggi, la parola rispetto. Aleggia ovunque. È una delle parole più gettonate. Anzi, ne abbiamo fatto una stucchevole litania. Ma è sempre e soltanto il rispetto in relazione a ciò che è diverso, straniero, in qualche modo vulnerabile. Sempre e dovunque predichiamo il rispetto per le minoranze etniche, per i migranti, i profughi, i disabili, i poveri, e ogni sorta di sventurati e svantaggiati. Sacrosanto, ci mancherebbe! Quel che però non ci viene nemmeno in mente è il rispetto per chi è di più, per chi è più in alto e sta meglio, o è più bravo in qualcosa, o ne sa di più: per chi insomma è superiore, come abbiamo detto, in grado, funzione, talento o altro. Questo non ci piace. Non ci pare dovuto. Anzi, ci pare indebito e scorretto. Perché contraddice il principio di uguaglianza. Sarebbe come ammettere che no, non siamo tutti uguali, tu sei meglio di me, o sei più in alto. Quindi, il rispetto che ti dovrei sarebbe la prova di una insopportabile, inaccettabile, disuguaglianza tra me e te.

Lo dico meglio con Minogue: “La democrazia ha concepito la deferenza come una forma di servilismo (…). Non c’è qualcosa di degradante, o di servile, nel mostrare deferenza verso un altro essere umano? Non siamo sostanzialmente tutti uguali? Non accade spesso che molti personaggi altolocati non ci siano affatto superiori per saggezza, sapere o competenza? La deferenza si potrebbe estendere al concetto di saper stare al proprio posto e saper stare al proprio posto è diventato un problema nel momento in cui la società è ormai sempre meno un insieme di posti”.

E ancora: i politologi hanno concettualizzato la deferenza “come un residuo irrazionale del feudalesimo e, di conseguenza, anche come un insulto alla democrazia”.

Ecco. Ma allora, se rispetto e deferenza portano in sé il virus di un’antidemocraticità, se implicano un’ammissione di non uguaglianza; se, quindi, in nome dei valori democratici, umanitari, solidali, siamo convinti che il rispetto e la deferenza siano un male, non dovremmo mai indignarci né protestare di fronte al genitore che va a picchiare l’insegnante perché ha dato un quattro a suo figlio. In fondo, sta dimostrando una condizione paritetica: lui, l’insegnante e il figlio studente sono finalmente – e a dispetto del ruolo, dell’età, dell’esperienza (e magari anche dell’intelligenza, sapienza, e altre innominabili doti) – tre entità perfettamente uguali, che non si devono niente l’un l’altro, meno che mai deferenza. Non è così?

Fine.

Era solo un inizio di riflessione, pensieri errabondi di inizio estate, su parole molto complesse, e molto desuete.

Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 1 luglio 2019