La prudenza e la paura

Quel che sta accadendo da una decina di giorni sul problema del Coronavirus è decisamente illuminante, perché mostra nel modo più spietato a quali aberrazioni possa portare il politicamente corretto.

Mentre le persone normali, con più o meno ansia a seconda della personalità di ciascuno, si domandano semplicemente che cosa fare per proteggere sé stessi e i propri cari, i guardiani del bene vedono nel coronavirus l’ennesima, insperata occasione per istruirci e redarguirci. Secondo loro, la paura è irrazionale, i bimbi provenienti dalla Cina vanno accolti nelle classi “senza alcuna limitazione”, il problema vero non è il virus ma il rischio che si verifichino “episodi di discriminazione”. Se c’è un’epidemia, è “un’epidemia di stupidità”. E il vero problema è arginare il “cretinismo di massa” e “l’isteria popolare”. Chi ha ruoli politici, ammonisce il presidente del Consiglio, “ha anche il dovere, la responsabilità di dare messaggi di tranquillità e serenità. La situazione è sotto controllo”. I governatori se ne facciano una ragione, e si fidino di “chi ha specifica competenza”.

Può accadere così che una lettera, molto rispettosa e ragionevole, redatta da alcuni governatori del Nord raccogliendo le preoccupazioni delle famiglie, venga respinta al mittente perché “non ci sono i presupposti per allarme o panico”. Curioso. Il governo ha appena decretato lo stato di emergenza sanitaria, ma si oppone a un provvedimento elementare e assai blando suggerito dai governatori.

Che cosa proponevano i governatori del Nord nella loro lettera?

Semplice, che i bambini italiani e cinesi appena stati in Cina per il capodanno (che lì quest’anno è caduto il 25 gennaio), attendano 14 giorni prima di rientrare a scuola. Che è lo tesso tipo di misura adottata per gli adulti che, negli stessi giorni, il nostro governo aveva fatto rientrare in Italia dalla Cina con un volo speciale dell’Aeronautica militare. Se è sembrato prudente isolare per un breve periodo gli adulti, perché non fare la medesima cosa con i bambini, tanto più che l’ambiente scolastico è notoriamente adatto alla trasmissione dei virus?

Già, perché?

La domanda sorge spontanea non tanto e non solo perché l’argomentazione dei governatori era tutt’altro che irragionevole, ma perché nella medesima direzione si è espressa una delle voci più autorevoli in materia, quella del virologo Roberto Burioni, che ha spigato come, in assenza di un vaccino o di una cura, quella dell’isolamento temporaneo dei soggetti potenzialmente portatori del virus sia al momento l’unica difesa possibile. E’ vero che il Coronavirus pare meno letale di quello della Sars, ma il suo potenziale di diffusione è molto maggiore: “il Coronavirus ha le potenzialità per diffondersi in tutto il mondo e anche se avesse mortalità più bassa potrebbe causare più morti”. In breve, dice Burioni, quella attuale “è la situazione più grave che ho visto nella mia carriera”.

Il bello è che, sulla medesima linea di prudenza, si stanno muovendo molte famiglie e comunità cinesi. Anziché esigere che i propri figli siano immediatamente ammessi a scuola, anziché accusare di razzismo le famiglie che temono il contatto con i bambini (cinesi e italiani) provenienti dalla Cina, stanno scegliendo spontaneamente di mettere in quarantena i loro bambini, con l’importante risultato di tranquillizzare le famiglie dei bambini altrui, e di non esporre i propri figli ad atteggiamenti di rifiuto e di timore da parte dei loro compagni.

Dunque, di nuovo torno a chiedermelo: perché, anziché adottare (o consentire di adottare), una misura così elementare, il governo emana una circolare in cui scarica tutte le responsabilità sul personale scolastico?

Già, perché la circolare ministeriale proprio questo fa: al personale scolastico, docente e non, raccomanda di prestare “particolare attenzione a favorire l’adozione di comportamenti atti a ridurre la possibilità di contaminazione con secrezioni delle vie aeree, anche attraverso oggetti (giocattoli, matite, etc.)”.

Ma ci rendiamo conto? Supponete che, in uno dei prossimi giorni, un bambino appena stato in Cina finisca per trasmettere il virus a qualche compagno, e che nella sua scuola anche un solo bambino si ammali e muoia. Penserete mica che il governo centrale, a quel punto, si scuserebbe e riconoscerebbe la giustezza delle preoccupazioni dei governatori?

No, a quel punto succederebbe un’altra cosa. Un magistrato aprirebbe un’inchiesta, e il personale scolastico verrebbe setacciato e scannerizzato giorno per giorno, ora per ora, classe per classe per appurare se ha ottemperato alla circolare ministeriale. Ha fatto o non ha fatto tutto il possibile per “l’adozione di comportamenti atti a ridurre la possibilità di contaminazione?” Ha considerato solo il rischio di contaminazione “con secrezioni delle vie aeree”, oppure, come puntigliosamente prescrive la circolare, ha anche diligentemente controllato che la contaminazione non avvenisse “attraverso oggetti (giocattoli, matite, etc.)”? Ha ingiunto ai bimbi di lavarsi le mani con il sapone, e di farlo spesso, per almeno 20 secondi, specie dopo essersi scambiati giocattoli e matite? Si è assicurato che il sapone fosse disponibile a scuola, magari incluso nel “materiale didattico” come talora incredibilmente è dato osservare?

Insomma, scatterebbe – come sempre in Italia – la commedia della ricerca del colpevole, perché “la tragedia si poteva evitare”. Mente le autorità cinesi tengono sequestrate nelle loro case decine di milioni di famiglie, noi preferiamo caricare di responsabilità ingestibili il personale scolastico pur di evitare di tenere qualche giorno a casa poche migliaia di bambini che hanno passato le vacanze in Cina.

Quindi me lo richiedo per la terza volta. Perché?

Forse, solo perché l’impulso pedagogico dei benpensanti è irrefrenabile. Per loro ogni occasione è buona per insegnarci come dobbiamo vivere, come dobbiamo agire, come dobbiamo pensare. Per loro è essenziale ricordarci che in tutti noi cova il virus del razzismo, della discriminazione, del rifiuto dell’altro. Se questa è la missione, anche una tragedia come quella che il mondo rischia di vivere, è un’occasione da non sprecare. Anche i bambini potenzialmente infetti, e le paure più o meno proporzionate che ogni pandemia suscita, sono opportunità preziose per ribadire che loro sono gli illuminati, e noi, con le nostre paure e la nostra stupidità, siamo solo gregge cui indicare la via.

Salvare vite umane potrà essere anche importante. Ma più importante, per loro, è cogliere anche questa occasione per ricordarci che loro sono gli illuminati, i buoni, i giusti, e noi siamo materiale umano di scarto, vittime delle nostre paure e dei demagoghi che le alimentano. Non sanno, gli illuminati, che anche la paura fa parte della vita, e quel che a loro pare sempre e soltanto paura, o irrazionalità, è spesso semplicemente prudenza. Una virtù ormai sopita, ma che riemerge ogniqualvolta il mondo torna a mostrare il suo volto minaccioso.

Pubblicato su Il Messaggero del 7 febbraio 2020



Ma guai se il festival vuole dividere tra buoni e cattivi

«Bellissimo» ha definito Amadeus il monologo di Rula Jebreal sul femminicidio, in cui – come si legge nell’articolo  sul “Dubbio” di Giulia Merlo – «racconta storie di donne, tra le quali quella di sua madre» vittime di stupri in tutto il mondo e «declama versi delle canzoni di uomini» meravigliandosi che sanno scrivere di donne in modo così rispettoso. Poi chiede che si parli di come lei era vestita a Sanremo, ma non di come era vestita una donna la notte in cui è stata stuprata. Che le donne vengano “lasciate essere” ciò che vogliono. Tutto giusto, lacrime tra il pubblico e anche negli occhi della Jebreal, standing ovation». Una battaglia civile, quella di Rula Jebreal, che condivido in toto, specie se penso alle domande di certi magistrati alle donne che hanno denunciato la violenza subita: le stesse degli anni in cui Pietro Germi girava uno dei suoi capolavori, Sedotta e abbandonata (1964). Altrettanto civile ritengo l’impegno dell’Associazione Luca Coscioni a favore dei malati di SLA e del diritto alle disposizioni anticipate di trattamento che dovrebbe essere pienamente riconosciuto.

Tutto bene, quindi? No: alla stampa nazionale che esalta Amadeus e considera le performances di Rula Jebreal e di Maria Antonietta Farina Coscioni – che ha portato sul palcoscenico dell’Ariston un ventunenne colpito dalla SLA, Paolo Palumbo – e parla di un “vero” successo, mi sento di rispondere, si licet magnis componere parva, come Giordano Bruno, nel celebre sonetto di Trilussa, «nun è vero un corno» (con la tranquilla sicurezza, però, di non fare «la fine dell’abbacchio ar forno”).

Sanremo, ha detto la Farina, non è solo le “canzonette” «spesso è anche “impegno”, nel senso più alto, più nobile, della parola. Un palcoscenico per comunicare, far sapere, rendere consapevoli». Sorvolo sul termine “canzonette” che fa pensare (impropriamente) a forme d’arte minori e plebee e vengo al punto. Ma è normale, mi chiedo, utilizzare, solo per questioni di audience, uno spettacolo musicale seguito da milioni di telespettatori, al fine di far conoscere all’opinione pubblica l’autentica passione civile che anima la bella giornalista palestinese e la matura signora italiana? Nel mondo, la fabbrica del dolore e della sofferenza è attiva in ogni continente e le cause degne di attenzione sono infinite. Chi sceglie quelle da portare all’attenzione del paese? E in base a quali criteri selettivi?

Sennonché anche se le cause grancassate a Sanremo trovassero concordi tutti i membri dell’ideale giuria preposta alla selezione, resta la domanda: ma che tipo di società stiamo costruendo? Vogliamo vivere in un paese in cui non ci sono domeniche per l’impegno civile, per la partecipazione alle battaglie ideali, per l’esenzione ad essere sempre vigili e memori? E non è questo l’ideale dei regimi (e dei partiti) totalitari? E’ un’ideologia di questo tipo che ha  sostituito alla satira politica l’ironia sarcastica di “Fratelli di Crozza”; che ha preteso che la scuola diventasse il luogo in cui indottrinare i giovani col catechismo repubblicano (altro non è l’“educazione civica” ricomparsa ora al posto del ben più utile insegnamento di “Elementi di diritto costituzionale italiano ed europeo”); che ha delegittimato tutti coloro che non si riconoscono nella retorica antifascista giacché credono che la democrazia liberale sia un valore più alto e più “universale” dell’antifascismo di marca azionista o comunista; che si riservano il diritto di criticare quanti, se dipendesse da loro, istituirebbero non uno ma cento, mille, giorni della memoria e vorrebbero che tutti ci cospargessimo il capo di cenere per delitti commessi quando non eravamo nemmeno nati.

Stiamo ben attenti. A Sanremo si è vista la politicizzazione (per altro non nuova) di un momento collettivo di svago, in cui il dolore del ricordo e la sofferenza del presente hanno – sia pure inconsapevolmente – segnato sulla grande lavagna repubblicana i nomi dei buoni e quelli dei cattivi.

A scanso di equivoci, riconosco a ogni essere umano il diritto all’autodeterminazione – come del resto ha raccontato Paolo, il ragazzo affetto da SLA che lotta ogni giorno per sopravvivere e realizzarsi, grazie all’aiuto della sua famiglia – ma non voglio vincere la partita per decisione dell’arbitro e prima ancora che le squadre rivali scendano in campo. Quando al liceo qualche professore, a lezione, infilava nel discorso le sue opinioni politiche mi sentivo a disagio: soprattutto se erano anche le mie!

Oggi si è parlato di stupri e di liberazione dei malati terminali dal carcere della vita, domani si potrebbe parlare dell’obbligo di accoglienza universale, degli orrori del capitalismo e del mercato, del diritto della magistratura a perseguire i reati con ogni mezzo. Tutte battaglie legittime (anche se non le condivido) ma che vanno combattute negli spazi ad esse assegnati da una società civile che nella separazione delle “sfere vitali” vede l’essenza dell’etica liberale.




Dalla tribù all’universo, e il nazionalismo diventa il male assoluto

Da tempo, grazie anche alle esortazioni di figure istituzionali come il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, veniamo invitati a distinguere tra il patriottismo, valore alto e positivo, e il nazionalismo, negazione di ogni virtù civica. Cominciò Giuseppe Mazzini, in un testo del 1871, Nazionalità e nazionalismo, a porre sullo stesso piano il fraintendimento delle parole “tolleranza” e “indifferenza” con quello che rendeva sinonimi «la santa parola Nazionalità» e il «gretto geloso nazionalismo. È lo stesso errore che confonde Religione e superstizione o Unità e «concentramento amministrativo». In realtà, il nazionalismo al quale si riferiva l’apostolo genovese non aveva nulla a che vedere con quello moderno, riferendosi piuttosto agli ingrandimenti degli Stati promossi da dinastie avide e prive di scrupoli. Per i retori del patriottismo e del republicanism, però, tutto fa brodo. Anche il richiamo a Benedetto Croce che, nel 1943, scriveva sulla ‘parola desueta: l’amor di patria’ che «si potrebbe dire che corre tra l’amor di patria e il nazionalismo la stessa differenza che c’è tra la gentilezza dell’amore umano per un’umana creatura e la bestiale libidine o la morbosa lussuria o l’egoistico capriccio». Il senatore, qualche anno dopo, tuonava contro il Trattato di Pace imposto all’Italia, che toglieva allo Stato nazionale lembi sacri di territorio e le colonie ma questo non interessa chi nella storia cerca solo argomenti a sostegno di una tesi ideologica.

Certo si può distinguere il patriottismo dal nazionalismo, rifacendosi al lungo Ottocento, ma non è lecito ignorare un dato fondamentale: che negli scrittori dell’età postrisorgimentale, il nazionalismo era la degenerazione di una cosa buona mentre oggi è diventato il segno stesso del male radicale, di un pendio al fondo del quale si trovano razzismo, fascismo, antisemitismo etc. Un grande e dimenticato filosofo del diritto, Alessandro Levi – assieme a Rodolfo Mondolfo espressione di un socialismo riformista, europeista e occidentale scriveva nell’articolo La crisi della democrazia ( 1912): «La democrazia che non chiuda gli occhi alla realtà non può disconoscere la verità storica e anche l’efficienza civile delle lotte fra le classi e fra i popoli. Né può negare, se non voglia addormentarsi cullata dalle nenie di un bamboleggiante pacifismo, che, nella vita nazionale e internazionale, ‘pace è vocabolo/ Mal certo’. E sa la democrazia che non si perda in rosei sogni, come gli individui, le classi, le Nazioni nulla ottengono se non si fanno valere».

Oggi queste parole sarebbero inconcepibili: il rigetto del nazionalismo è così radicale da estendersi allo stesso concetto di Nazione. Con le parole di un allievo di Norberto Bobbio, Michelangelo Bovero, «il concetto di Nazione è in se stesso inconsistente e implausibile, e come tale inaccettabile; la teoria che difende il diritto di autodeterminazione dei popoli – peraltro sancito in questi termini in documenti di diritto positivo – è una teoria mal costruita, ambigua e almeno per certi aspetti contraddittoria, e pertanto ricusabile».

Per capire quel che sta succedendo, a mio avviso, può essere utile adottare un approccio transpolitico, riprendendo e laicizzando la filosofia della storia di Augusto Del Noce. Per il pensatore piemontese (uno dei più geniali del nostro tempo) «anziché vedere il vero motore della storia nella causalità materiale, nei conflitti di classe o nel progresso tecnologico, dovremmo riconoscere che tutti questi processi, certo importantissimi, forniscono però solo la materia della trasformazione storica. La forma, che è poi l’elemento decisivo, dipende dalla visione filosofica complessiva che fornisce le categorie attraverso le quali il mutamento viene pensato». Non si tratta di un approccio idealistico (in base al quale sarebbero le idee a fare la Storia) ma di disposizioni mentali che segnano in maniera indelebile un’epoca storica.

Per comprendere davvero il nostro tempo, a mio avviso, occorre prendere coscienza della ‘rivoluzione culturale’ che lo distingue dalle epoche passate, finite nel ’68 come aveva ben compreso il compianto Roger Scruton. Si tratta della fine di quell’equilibrio tra etica e politica, tra morale e diritto, tra religione e scienza, fra passato e avvenire che aveva fatto grande l’Occidente e che costituiva la stessa ragion d’essere del vecchio Stato nazionale – anello di congiunzione, per adoperare una splendida metafora di Pierre Manent tra l’universo e la tribù. Uno studioso della Scuola di Raymond Aron, Marcel Gauchet così ne parlava: «E’ precisamente nel quadro degli Stati-nazione, e in esso soltanto, che l’individuo universale ha potuto prender corpo. E questo il motivo che ha portato all’adozione di tale forma politica. La finitudine umana ci condanna a non poter accedere all’universale se non all’interno del particolare. Le Nazioni sono l’espressione politica della particolarità sociale che ha consentito di pensare l’universalità dei diritti dei loro membri, ovverosia il loro superamento in una federazione pacifica di particolarismi. Non prendiamone le distanze senza prima aver valutato quel che dobbiamo a esse».

Oggi, sui piani alti della cultura politica si assiste, per restare nella metafora di Manent, alla cancellazione della ‘tribù’ e al trionfo su tutta la linea dell’’universo’. E’ come se la mens illuministica avesse imposto le sue misure: a ciò che è ‘particolare’ – la comunità umana che persegue un suo interesse specifico che può entrare in conflitto con gli interessi di altre comunità – non viene quasi più riconosciuto uno status morale, una sua ‘ragione sociale’ o ‘ragion di Stato’.

La stessa endiadi gloriosa delle rivoluzioni atlantiche: i diritti dell’uomo e del cittadino va in frantumi. I ‘diritti del cittadino’ sono legittimi finché non cozzano contro i diritti dell’uomo. La Politica, che trova nello Stato il suo luogo naturale, diventa un cane mastino a guardia del Diritto e della Morale: le sue frontiere sono le mura di cinta delle ville del privilegio, il cui accesso viene impedito ai dannati della terra. (v. il ‘diritto cosmopolitico’ del filosofo del diritto, un altro allievo del neo-illuminista Norberto Bobbio, Luigi Ferrajoli). Le ‘appartenenze’ al plurale diventano, tutt’al più, ’qualità secondarie’ e nell’età dei diritti, conta solo l’appartenenza al genere umano. E’ esemplare quanto scriveva Voltaire nella VI ‘lettera inglese’: «Entrate nella Borsa di Londra, luogo più rispettabile di tante corti; vi trovate riuniti, per l’utilità degli uomini, rappresentanti di tutte le Nazioni. Là, l’ebreo, il maomettano e il cristiano trattano l’uno con l’altro come se fossero della stessa religione, e chiamano infedeli soltanto coloro che fanno bancarotta; là, il presbiteriano si fida dell’anabattista, e l’anglicano accetta la cambiale del quacchero. Uscendo da queste libere e pacifiche riunioni, gli uni si recano in sinagoga, gli altri vanno a bere; questo va a farsi battezzare in una grande tinozza nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; quello fa tagliare il prepuzio di suo figlio e fa mormorare sul bambino parole ebraiche che non comprende; altri vanno nella loro chiesa col cappello in testa ad attendere l’ispirazione divina, e tutti sono contenti». Sembra il manifesto della globalizzazione economica: è, in ogni caso, la sintesi dei tre universalismi che oggi tengono il campo. L’universalismo economico: si produce, si vende e si compra là dove c’è più convenienza. L’universalismo etico: gli uomini sono tutti uguali, sotto ogni latitudine e longitudine. L’universalismo giuridico: la cittadinanza deve essere sempre più inclusiva. Come ha ben sintetizzato Fernando Savater, nel libro Contro le Patrie (Ed. Elèuthera 1999): «Nell’evoluzione delle idee politiche, tutto ciò che ha qualcosa di progressista e di emancipatorio va in una direzione di riaffermare il carattere convenzionale e ‘artefatto’ dell’organizzazione sociale. Al contrario, tutto quanto insiste nel ‘naturalizzare’ la gerarchia sociale o nel ‘sovrannaturizzarla’ (sovente ambedue gli impegni apparentemente antitetici funzionano in modo complementare) è inequivocabilmente reazionario. Da qui il ripudio illuministico della teocrazia e del razzismo, del diritto divino dei re e dei ceti socialmente superiori per sangue, della schiavitù e delle leggi inappellabili del divenire storico. ‘Nazionalismo’, ‘patriottismo’, sono ideologie che, già nella loro etimologia, si richiamano più alla biologia che al patto sociale».

Diceva il vecchio Hegel che la tragedia umana sta nel fatto che a scontrarsi non sono quasi mai una ragione e un torto ma sovente due ragioni. Se questo è vero, il nostro tempo ha eliminato la tragedia sostituendola col dramma (rassicurante) della lotta dei buoni contro i cattivi. Solo all’etica universalistica (kantiana) è stata riconosciuta l’eccellenza mentre alla Nazione tribalizzata – sono state impresse le stimmate del fascismo.

E’ una frattura epocale che si fonda sulla rimozione della storia: definito il fascismo come negatività assoluta non si è più in grado di comprenderlo come la trasformazione del buon dottor Jekyll (lo Stato liberale risorgimentale) nel bieco Mister Hyde: trasformazione dovuta a contesti istituzionali e a sfide storiche, non inventati dalle camicie nere ma abilmente sfruttati. In quello che considero uno dei testi fondamentali per la comprensione della genesi e della natura del fascismo, la Storia delle origini del fascismo. L’Italia dalla grande guerra alla marcia su Roma, (Ed. Il Mulino 2012) Roberto Vivarelli scrive: «Il fascismo, tanto più alle sue origini, non si definisce propriamente in termini di classe, ma di adesione o meno allo Stato nazionale e ai suoi valori e di rapporto con la tradizione risorgimentale». Cent’anni fa, e non solo in Italia, si ebbe la lacerazione tra la classe e la nazione. Oggi abbiamo quella tra il mondo e la nazione: tra quanti economicamente, culturalmente, antropologicamente vivono un’esistenza che sta oltre le frontiere nazionali e quanti si vedono nel loro abbattimento la fine della ‘protezione sociale’. E’ un vero e proprio ‘scontro di civiltà’ che rischia di fare a pezzi la democrazia liberale giacché questa richiede la condivisione di valori iscritti, soprattutto, nell’etica pubblica, e quando si affrontano non più avversari divisi dal modo di realizzare le idealità comuni ma nemici ontologici – catapultati dall’Inferno – e al confronto pacifico e rispettoso delle parti subentra un’interminabile guerra civile. E’ da un secolo, per tornare nel nostro Paese, che gli antifascisti sono considerati anti-italiani, ovvero nemici della comunità nazionale, e i fascisti (nazionalisti, sovranisti, razzisti etc.) non-umani, giacché ignari dell’eguaglianza di tutti i figli della terra. Con la sua trentennale riflessioni storiografica sul fascismo, Renzo De Felice aveva fatto opera elevata di educazione civica consentendo agli Italiani il disarmo degli spiriti e una riappropriazione del passato nel segno della comprensione e non della demonizzazione. Ma la sua fu la classica vox clamantis in deserto.

Pubblicato su Il Dubbio



Rassegna stampa 11 dicembre

Clamoroso

Il cuore della balenottera azzura può rallentare fino a due battiti al minuto [Post].

 

In prima pagina

• Le quarantamila sardine scese in piazza Castello a Torino hanno cantato Bella ciao e Fratelli d’Italia. I fondatori non vogliono Casapound a Roma.

• A Roma, la protesta degli operai dell’Ilva. A Taranto, il giudice non dà lo proroga per l’altoforno 2.

• Il boom dei biscotti alla Nutella costringe a tenere aperti gli impianti anche il sabato e la domenica

• Manifestazioni a Stoccolma mentre viene consegnato il Nobel per la Letteratura a Peter Handke

• Impeachment per Trump, la Camera presenta gli articoli. Il primo voto giovedì

• Consegnato il Nobel a Peter Handke, Stoccolma invasa dalle manifestazioni di protesta

• Il Barcellona B batte l’Inter e la butta fuori dalla Champions. Il Napoli ne fa 4 al Genk e vola agli ottavi.

• Un magnate texano a un passo dalla Roma

• Ritrovato il Ritratto di Signora di Klimt: era in un intercapedine della Galleria d’arte moderna Ricci Oddi di Piacenza, da cui risultava rubato 22 anni fa

• La marcia dei 600 sindaci per la Segre, contro l’odio.

• L’assessore della Regione Lombardia Stefano Bruno Galli è indagato per riciclaggio nell’ambito dell’inchiesta sui 49 milioni della Lega

• Erdogan minaccia di intervenire in Libia in aiuto di al Sarraj

• La Corte dei Conti archivia l’istruttoria contro Fabio Fazio. Per i giudici il compenso è regolare

• Biotestamento: Speranza ha firmato il decreto sulla banca dati nazionale. Ora le volontà dei cittadini verranno archiviate e i medici potranno consultarle

• Sparito un aereo militare cileno diretto in Antartide con 38 persone a bordo. Le speranze che siano vive sono poche

• Il giallo dei tre sub di Chernobyl scomparsi nel 1986 e improvvisamente ricomparsi

• La polizia stradale propone di sequestrare la patente a chi guida telefonando col cellulare

• Perde 6-0, 6-0 senza mai segnare un punto. Il peggior match nella storia del tennis (forse truccato)

 

Titoli

Corriere della Sera: Governo, tensioni nei 5 stelle

la Repubblica: La carica dei 600

La Stampa: Italia, sì al piano verde europeo

Il Sole 24 Ore: Ilva, il giudice: l’altoforno 2 va spento

Avvenire: Più lavoro e meno odio

Il Messaggero: Governo appeso ai dubbi M5s

Il Giornale: Una fattura inguaia Conte

Qn: Affitti e detrazioni, ecco cosa cambia

Il Fatto: Lega, trovati / i soldi “riciclati / fino al 2018”

Libero: Bello ciao, vattene (con foto di Conte)

La Verità: Non sanno neanche fare la manovra

Quotidiano del Sud: Certificato lo scippo da 60 miliardi

Il manifesto: Alta velocità




Rassegna stampa 10 dicembre 2019

Clamoroso

Alfonso La Marmora «faceva costruire le caserme senza scale così i soldati erano costretti a entrare e uscire dalle finestre a forza di braccia» [Domenico Quirico Generali Mondadori, Milano 2006, pagina 28].

 

In prima pagina

• La Russia esclusa per quattro anni dalle Olimpiadi. La Wada l’ha condannata per aver falsificato i controlli antidoping. Mosca può ancora appellarsi al Tas. Ma è poco probabile che la spunti. Gli atleti puliti potranno comunque gareggiare, ma senza bandiera, come avvenne a PyeongChang

• Terremoto al Mugello: 270 gli sfollati, ma solo per precauzione. Non ci sono feriti. I danni più grossi a Barberino. Salvi gli Uffizi

• De Laurentiis manda via Ancelotti, Gattuso nuovo allenatore del Napoli

• Cattelan spiega il significato della banana attaccata al muro (e venduta per 120 mila dollari) e aggiunge: «Non mi importa se è stata mangiata»

• La casa natale di Pino Daniele, pignorata dalla banca, è finita all’asta. A gennaio il fratello Salvatore verrà sfrattato

• Erano le olgettine a minacciare Berlusconi. Lo dice Ivo Maria Redaelli, l’architetto che gestiva le ville del Cavaliere. Barbara Guerra, che andava in escandescenze anche per una lampadina fulminata, minacciava, se non veniva pagata, di vendere ai giornali foto e video del Cav. in canottiera

• Tutte le nomination del Golden Globe. Niente da fare per Bellocchio. Il traditore non è entrato nella cinquina dei migliori film stranieri

• I giovani italiani si informano solo online, e solo se costretti. Peggio di noi americani ed inglesi

• Venerdì traffico aereo bloccato per uno sciopero

• Mifsud, l’introvabile uomo del Russiagate, è indagato per peculato. Avrebbe speso per scopi personali, quando era presidente del consorzio universitario di Agrigento, forse addirittura un milione e mezzo di euro

• Anche Mattarella punta il dito contro l’evasione fiscale: «È indecente». Con quei 119 miliardi si sarebbero potute alzare le pensioni e abbassare le tasse.

• A gennaio verifica di governo per una nuova agenda. Il premier Conte ha accettato la sfida di Bettini (Pd). E promette, dopo la manovra e le feste, «un cronoprogramma fino al 2023»

• Nel Milleproroghe il quarto rinvio della riforma delle intercettazioni, la proroga dello stato di emergenza per il ponte Morandi e il bonus verde per sistemare giardini e terrazzi condominiali

• La Procura di Taranto dà il via libera alla proroga per mettere in sicurezza l’Altoforno 2 dell’Ilva

• Erutta vulcano in Nuova Zelanda. Almeno cinque morti. Dieci dispersi, 18 feriti

• Proteste da destra per un  emendamento alla finanziaria che stanzia 400 mila euro per ricordare la nascita del Pci

• Finalmente in Arabia Saudita le donne potranno cenare con i loro mariti anche al ristorante

• La magia di Banksi che trasforma un barbone in Babbo Natale

• Miss Universo, vince una nera

• Il Barcellona sfida l’Inter senza big. Non giocano Messi, Piqué, Sergi Roberto. Gran pubblico: è il maggior incasso nella storia del calcio

• Teheran in piazza per Stramaccioni

 

Titoli

Corriere della Sera: «Governo, serve il rilancio»

la Repubblica: Evasori, io vi accuso

La Stampa: Ue, il maxipiano verde / Trentacinque miliardi / per industrie sostenibili

Il Sole 24 Ore: Riforme, su antitrust / e patto di stabilità / via al cantiere d’Europa

Avvenire: Indecenti evasioni

Il Messaggero: Contratto a rate per gli statali

Il Giornale: Follia, 400mila euro / per celebrare il Pci

Qn: Galera e daspo per gli spacciatori

Il Fatto: Se scrivi di lei / la Casellati / ti cerca a casa

Libero: Immigrati esentasse

La Verità: Marchette di fine Giuseppi / danno soldi persino al Pci

Quotidiano del Sud: Le mani dei clan sul Nord

il manifesto: Muscoli gonfiati