Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Oggi (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 13 maggio) la temperatura dell’epidemia è calata significativamente (-2,5 gradi pseudo-Kelvin rispetto a quella del giorno precedente), passando da 24.5 a 22.0 gradi pseudo-Kelvin.

Il calo è dovuto al miglioramento di tutte e tre le componenti che compongono l’indice: diminuiscono i nuovi contagi, le ospedalizzazioni e soprattutto i decessi giornalieri.

Il miglioramento osservato (-2.5 gradi pseudo-Kelvin) è il più alto registrato nelle due ultime settimane.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa, in pieno lockdown.

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Nota tecnica

Abbiamo abbandonato lo strumento precedente perché, in una fase di ospedalizzazioni decrescenti come quella in corso da qualche settimana, avrebbe richiesto informazioni che la Protezione Civile non fornisce.

Il nuovo strumento si fonda su 3 tipi di informazioni:

  1. l’andamento dei decessi ufficialmente registrati;
  2. una stima del numero quotidiano di ingressi di pazienti Covid negli ospedali;
  3. l’andamento dei nuovi contagi, corretto per tenere conto del ciclo settimanale e della politica dei tamponi.

Il livello della temperatura è proporzionale al flusso medio giornaliero di nuovi contagi 2-3 settimane fa, epoca cui necessariamente si riferiscono tutti gli indicatori disponibili su base quotidiana.

Una temperatura zero corrisponde a una situazione in cui tutti e tre gli indicatori segnalano un sostanziale arresto dei nuovi contagi: zero nuovi morti, zero nuovi ingressi in ospedale, zero nuovi casi.

Una temperatura pari a 100 corrisponde a un flusso quotidiano di nuovi contagiati intenso come quello registrato nella settimana di picco, collocata fra la fine di marzo e i primi di aprile.

Allo stato attuale dell’informazione, è impossibile stabilire con esattezza a quale temperatura corrisponde 1 grado pseudo-Kelvin. Una stima ottimistica, che assume che il tasso di letalità sia del 2% e il “numero oscuro” dei casi non rilevati sia un po’ minore di 2:1, suggerisce di interpretare ogni grado in più o in meno come una variazione pari a 1000 nuovi contagiati. Una stima meno ottimistica, che assume che il tasso di letalità sia dell’1%, suggerisce che 1 grado pseudo-Kelvin corrisponda a 2000 nuovi casi al giorno.




Liberalismi tra libertà civili e politiche E lo Stato fa da braccio armato del diritto

A mio avviso, il fatto nuovo del nostro tempo è il grande scisma che ha investito il mondo liberale. Negli anni ’70 un assistente universitario che aveva chiesto di poter insegnare Storia delle dottrine politiche in una facoltà letteraria del Nord, aveva incontrato il veto di un noto antichista che aveva obiettato al suo sponsor: «Ma è un liberale!». Il veto rientrò dietro assicurazione che il candidato era, sì, liberale, ma vicino a Norberto Bobbio. Se fosse stato un simpatizzante di Giovanni Malagodi rien à faire. In seguito, siamo diventati tutti liberali al punto che, tranne forse il Manifesto non c’è quotidiano o schieramento politico che non si dichiari ligio a Locke, a Montesquieu, a Constant.

Oggi, però, grazie soprattutto ai dibattiti su populismo, nazionalismo, sovranismo, l’unanimità si va dissolvendo come i nostri bellissimi ghiacciai e ci si va rendendo conto che l’etichetta liberale copre due bottiglie diverse.

Una bottiglia contiene il liberalismo storicista, l’altra il liberalismo universalista. L’uno nasce nell’età romantica con Edmund Burke, con M.me de Stael, con Benjamin Constant come critica al razionalismo rivoluzionario in guerra con la tradizione, la storia, la comunità politica etc.. L’altro nasce nel ’700 come critica delle istituzioni secolari – gli Stati d’ancien régime – che non riconoscono i diritti degli individui. Il liberalismo universalista appartiene alla famiglia per così dire mercatista (o liberista) dell’illuminismo e, pertanto, è decisamente ostile al ramo giacobino e poi socialista. Ad accomunare i due fratelli coltelli, tuttavia, è il fatto che, per entrambi, i diritti individuali sono al centro della legittimazione politica: lo Stato è unicamente al servizio dei cittadini al di sopra dei quali ci sono soltanto ‘astrazioni’, fantasmi inquietanti, divinità esigenti che possono imporre perfino il sacrificio della vita. La differenza rinvia alla  diversa estensione dei diritti che debbono venir tutelati: per i liberisti, vanno assicurati l’ordine pubblico, il rispetto dei contratti, le libertà civili e quelle politiche; per i loro avversari, queste ultime non hanno senso se non vengono garantiti dallo Stato i diritti sociali: alla salute, alla casa, al lavoro etc. Ivan Krastev e Stephen Holmes, autori de La rivolta antiliberale. Come l’Occidente sta perdendo la battaglia per la democrazia (Ed. Rizzoli) scrivono, quasi con rimpianto, che il periodo della guerra fredda ha visto lo scontro «di due ideologie universalistiche – liberalismo occidentale e comunismo sovietico – entrambe nate dalla tradizione dell’illuminismo europeo» e che la mancanza di alternative ideologiche è un problema con cui dovremo confrontarci a lungo. Ma siamo poi sicuri che i ’fratelli germani’, con la ‘fine della Storia’, non stiano per riconciliarsi?

La comune opposizione al ‘sovranismo’ in realtà, sembra ricongiungere l’illuminismo occidentale e l’illuminismo postcomunista in una sorta di union sacreé contro il neo-comunitarismo, visto come reincarnazione del fascismo: il vecchio vizio illuministico di far di tutta l’erba un solo fascio (littorio). Sennonché come l’illuminismo anche il Romanticismo ha avuto un parto gemellare, lo storicismo liberale e il tribalismo ideologico. Entrambi hanno valorizzato le ‘radici’, le ‘eredità’, le affinità profonde ma mentre il primo ne ha fatto il terreno concreto su cui costruire le istituzioni della libertà, il secondo lo ha eretto a Moloch a cui tutto sacrificare. Gli eventi tragici sfociati nelle due guerre mondiali hanno portato gran parte del pensiero politico contemporaneo a una demonizzazione insuperabile dello ‘Stato nazionale’ su cui si è riversata la stessa fatwa che gli illuministi avevano emesso contro le monarchie assolute. E’ una condanna che ha finito per investire lo Stato in quanto tale, tollerato ormai solo in quanto braccio armato del Diritto. Nel suo commento a Montesquieu, Condorcet aveva scritto: «Non si vede perché tutte le province di uno Stato o anche tutti gli Stati non debbono avere le stesse leggi criminali, le stesse leggi civili, le stesse leggi che regolano il commercio. Una buona legge deve essere buona per tutti gli uomini, come una proposizione vera è vera per tutti». Per i liberali illuministi, grazie all’Europa (primo passo verso gli Stati Uniti del Mondo), grazie alle istituzioni internazionali e agli accordi finanziari sempre più vincolanti tra gli stati, la verità enunciata da Condorcet seppellirà le differenze artificiali mantenute in vita dagli Stati nazionali.

Cosa ci riserva il futuro non è dato sapere. Va rilevato, comunque, che la filosofia universalista non garantisce la pace perpetua. A ragione o a torto, uomini e donne rivendicano la diversità come un valore e chiedono all’autorità politica di proteggerla, anche a costo di limitare i diritti. Come ha scritto Umberto Vincenti in un saggio magistrale, La religione dei diritti umani (in Giuseppe Valditara, a cura di, Sovranità democrazia e libertà, Ed. Aracne): «I diritti nati per liberare gli uomini dai vincoli della cetualità medievale e delle religioni di Stato hanno finito con il promuovere la libertà di azione del singolo in ogni dove, spesso in danno di altri e dell’interesse generale o diffuso». Ma possono esistere, si chiede il giurista, “sovranità popolare e democrazia se al popolo” è “interdetto di decidere, almeno oltre una certa misura, sulla libertà d’azione dei singoli individui”? Quello di Vincenti è il liberalismo storicistico che dall’800 arriva fino a Benedetto Croce, Rosario Romeo, Renzo De Felice. Forse i libertarian genere Alberto Mingardi non hanno ancora vinto la partita.

Pubblicato su Il Dubbio del 9 maggio 2020




Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Oggi (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 12 maggio) la temperatura dell’epidemia è pari a 24.5, in diminuzione di 1.2 gradi pseudo-Kelvin rispetto a quella del giorno precedente.

Alla base di questo miglioramento vi sono due fattori: il calo dei decessi, dopo quasi una settimana di sostanziale stabilità, e la diminuzione delle ospedalizzazioni. Stazionario l’andamento dei nuovi contagi.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa, in pieno lockdown.

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Nota tecnica

Abbiamo abbandonato lo strumento precedente perché, in una fase di ospedalizzazioni decrescenti come quella in corso da qualche settimana, avrebbe richiesto informazioni che la Protezione Civile non fornisce.

Il nuovo strumento si fonda su 3 tipi di informazioni:

  1. l’andamento dei decessi ufficialmente registrati;
  2. una stima del numero quotidiano di ingressi di pazienti Covid negli ospedali;
  3. l’andamento dei nuovi contagi, corretto per tenere conto del ciclo settimanale e della politica dei tamponi.

Il livello della temperatura è proporzionale al flusso medio giornaliero di nuovi contagi 2-3 settimane fa, epoca cui necessariamente si riferiscono tutti gli indicatori disponibili su base quotidiana.

Una temperatura zero corrisponde a una situazione in cui tutti e tre gli indicatori segnalano un sostanziale arresto dei nuovi contagi: zero nuovi morti, zero nuovi ingressi in ospedale, zero nuovi casi.

Una temperatura pari a 100 corrisponde a un flusso quotidiano di nuovi contagiati intenso come quello registrato nella settimana di picco, collocata fra la fine di marzo e i primi di aprile.

Allo stato attuale dell’informazione, è impossibile stabilire con esattezza a quale temperatura corrisponde 1 grado pseudo-Kelvin. Una stima ottimistica, che assume che il tasso di letalità sia del 2% e il “numero oscuro” dei casi non rilevati sia un po’ minore di 2:1, suggerisce di interpretare ogni grado in più o in meno come una variazione pari a 1000 nuovi contagiati. Una stima meno ottimistica, che assume che il tasso di letalità sia dell’1%, suggerisce che 1 grado pseudo-Kelvin corrisponda a 2000 nuovi casi al giorno.




A che punto siamo? Bollettino Hume sul Covid-19 (5°)

Il Bollettino di oggi (martedì 12 maggio), torna ad occuparsi dell’andamento dell’epidemia in Italia per capire a che punto sono le diverse regioni nel percorso che dovrebbe condurle alla meta di “zero contagi”.

Fatto 100 il numero giornaliero dei morti e quello dei nuovi casi registrati nel giorno peggiore dall’inizio dell’emergenza, l’Italia nel suo complesso deve ancora percorrere circa un quinto del cammino per arrivare all’azzeramento dei contagi.

La situazione delle singole regioni appare ancora variegata sia dal punto di vista dei decessi che sul versante dei nuovi contagiati.

Come una settimana fa, Emilia Romagna, Liguria, Lazio, Piemonte, Toscana, Abruzzo e Veneto presentano una velocità di caduta dei decessi più bassa dell’Italia nel suo insieme.

Risulta ancora particolarmente preoccupante la situazione del Veneto, l’unica regione che registra un valore vicino al 50%. Come si vede nel grafico che segue, la velocità di caduta dei decessi risulta particolarmente lenta nella regione. Per tutto aprile è rimasta sostanzialmente piatta.

La situazione è relativamente più rassicurante ma in peggioramento (rispetto a sette giorni fa) per cinque regioni, quattro delle quali collocate al Sud: Abruzzo, Basilicata (come si è detto sopra), Calabria, Campania e Lombardia.

In queste regioni, la curva dei decessi, anziché muoversi verso il basso, torna a salire, allontanandosi dalla meta come mostrano i grafici seguenti.

Sul fronte dei nuovi contagi colpisce la situazione del Molise. Rispetto a martedì scorso si è allontanata dalla meta dei “contagi zero” (era quasi giunta all’obiettivo registrando un 5,6%). Lo scoppio del focolaio di Campobasso l’ha portata in coda alla graduatoria. Il Molise è preceduto da Piemonte, Liguria e Lazio che anche questa settimana si trovano in fondo alla classifica.

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Nota tecnica

Le serie storiche dei casi totali di Basilicata, Calabria, Liguria, Piemonte, Sardegna e Sicilia sono state ristimate per eliminare alcune incongruenze dei dati ufficiali forniti dalla protezione Civile.

 

Appendice

Riportiamo, di seguito, i grafici dell’evoluzione dei due indici considerati (calcolati in media mobile a 7 termini) nelle 21 Regioni e Province. Questo ci consente di individuare le regioni che presentano una caduta della curva più piatta (come il Friuli V.G., il Lazio, la Liguria, la Toscana o il Veneto).




Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Oggi (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 11 maggio) la temperatura dell’epidemia è pari a 25.7, in diminuzione di appena 3 decimi di grado rispetto a quella del giorno precedente.

La stazionarietà della temperatura dipende da due tendenze opposte: la diminuzione dei nuovi contagi ufficiali si contrappone ad un (presumibile) aumento degli ingressi nelle strutture ospedaliere. Continuano a rimanere sostanzialmente stabili i decessi.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa, in pieno lockdown.

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Nota tecnica

Abbiamo abbandonato lo strumento precedente perché, in una fase di ospedalizzazioni decrescenti come quella in corso da qualche settimana, avrebbe richiesto informazioni che la Protezione Civile non fornisce.

Il nuovo strumento si fonda su 3 tipi di informazioni:

  1. l’andamento dei decessi ufficialmente registrati;
  2. una stima del numero quotidiano di ingressi di pazienti Covid negli ospedali;
  3. l’andamento dei nuovi contagi, corretto per tenere conto del ciclo settimanale e della politica dei tamponi.

Il livello della temperatura è proporzionale al flusso medio giornaliero di nuovi contagi 2-3 settimane fa, epoca cui necessariamente si riferiscono tutti gli indicatori disponibili su base quotidiana.

Una temperatura zero corrisponde a una situazione in cui tutti e tre gli indicatori segnalano un sostanziale arresto dei nuovi contagi: zero nuovi morti, zero nuovi ingressi in ospedale, zero nuovi casi.

Una temperatura pari a 100 corrisponde a un flusso quotidiano di nuovi contagiati intenso come quello registrato nella settimana di picco, collocata fra la fine di marzo e i primi di aprile.

Allo stato attuale dell’informazione, è impossibile stabilire con esattezza a quale temperatura corrisponde 1 grado pseudo-Kelvin. Una stima ottimistica, che assume che il tasso di letalità sia del 2% e il “numero oscuro” dei casi non rilevati sia un po’ minore di 2:1, suggerisce di interpretare ogni grado in più o in meno come una variazione pari a 1000 nuovi contagiati. Una stima meno ottimistica, che assume che il tasso di letalità sia dell’1%, suggerisce che 1 grado pseudo-Kelvin corrisponda a 2000 nuovi casi al giorno.