Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Oggi (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 1° settembre) la temperatura dell’epidemia è tornata a salire, passando da 6.2 a 6.4 gradi pseudo-Kelvin (+0.2 gradi).

Questo aumento si deve soprattutto all’andamento degli ingressi ospedalieri stimati, saliti in modo più marcato rispetto ai giorni precedenti. Più lievi sono invece gli incrementi dei nuovi contagi e dei decessi.

Anche oggi, la variazione settimanale della temperatura è pari a +1.8 gradi.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa.

Per maggiori dettagli si rimanda alla nota tecnica




Siamo un popolo che non perde la testa

Una grande potenza come la Cina scatena – non si sa se per colpa dei suoi laboratori di ricerca o per i mancati controlli dei mercati alimentari e dei macelli – la più grande pandemia che si ricordi dal tempo delle pestilenze medievali, per quanto terribili territorialmente limitate; mette in crisi l’economia planetaria, unendo i continenti in una comune tragedia; stravolge i modi di vivere di società che si sentivano sicure dai flagelli antichi, al riparo delle loro tecnologie. Eppure il grado di maturità degli italiani è così alto che non si sono avute recriminazioni incomposte, maledizioni da parte delle vittime del covid19, episodi razzisti. Nessun sit in dinanzi alle ambasciate cinesi, nessun assalto ai megastore che in certe città hanno cambiato il volto di vecchi quartieri, nessuna condanna, nessuna esecrazione degli eredi di Mao. Qualcuno ha fatto notare che un regime democratico non avrebbe tenuto nascosto un “incidente” mille volte più esiziale di Chernobyl e che i ritardi nel darne l’annuncio hanno comportato un costo specie per l’Occidente. Quasi nessuna accusa, però, si è levata contro la Cina: una terribile disgrazia può capitare a tutti. C’è persino qualche giornalista “liberale” che s’è affrettato a elogiare l’industria e la chimica cinese alla notizia che si stava preparando un vaccino antivirus da distribuire urbi et orbi senza ricavarne alcun vantaggio economico (come avrebbero fatto le potenze capitalistiche). Se la notizia fosse stata confermata, chissà, avremmo dovuto chiedere scusa al rosso-celeste Impero per aver parlato di ritardi nell’informazione. Questa è civiltà! E certo nulla sarebbe cambiato se la pandemia fosse venuta dagli Stati Uniti, dall’Ungheria, dal Brasile.. Comprensione, solidarietà, rassegnazione, in nome dell’ever green “legge del Menga”, sarebbero state riservate anche ai governi di Washington, di Budapest e di Brasilia. O sbaglio?




Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Dopo gli aumenti degli ultimi giorni, la temperatura dell’epidemia (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 31 agosto) è rimasta invariata a 6.2 gradi pseudo-Kelvin.

Alla base di questo risultato vi è la sostanziale stabilità dei nuovi contagi e dei decessi. Diminuiscono leggermente gli ingressi ospedalieri stimati.

La variazione settimanale della temperatura è pari a +1.8 gradi.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa.

Per maggiori dettagli si rimanda alla nota tecnica




Il partito della prudenza

Alla fine Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza (e rappresentante dell’Italia nell’OMS), si è lasciato scappare la verità: la riapertura delle scuole è a rischio, e le elezioni pure. Era un’ovvietà, lo sa chiunque segua i dati dell’epidemia. Ma lo hanno costretto a rimangiarsela: non si stava riferendo all’Italia, avevamo capito male. Il totem della riapertura non si può toccare.

In questi mesi il governo ha finto di puntare tutto sulla riapertura delle scuole. Ma la verità è che la priorità del governo non è mai stata la riapertura delle scuole. Se lo fosse stata avrebbe agito diversamente.

Ricapitoliamo. E’ da due mesi, non da pochi giorni, che i segnali di una ripresa dell’epidemia si moltiplicano. Per tutta risposta, il governo ha accuratamente evitato di imporre la chiusura delle discoteche, lasciando pilatescamente la patata bollente alle Regioni. E su tutti gli altri fronti si è mosso nella medesima direzione: chiudere un occhio su ogni infrazione delle regole, prima fra tutte il distanziamento, per non danneggiare il turismo; permettere che la gente (aiutata da esperti negazionisti o minimizzanti) si autoconvincesse che il peggio era passato, che il virus era in ritirata, e che le regole potevano essere violate impunemente.

Eppure l’evidenza scientifica (e sociologica) diceva tutt’altro. I più giovani si ammalano raramente e poco gravemente, ma sono un vettore formidabile del virus. Il contagio fra coetanei è inevitabile in qualsiasi situazione diversa dal lockdown. Se si vuole impedire che il contagio deflagri nelle scuole, mettendo a rischio innanzitutto la salute di insegnanti e familiari, la via maestra non sono i banchi a rotelle ma è portare il più possibile vicino a zero il numero di contagiati; approfittare dell’estate (alte temperature, poco smog, vita all’aperto) per appiattire ancora la curva epidemica, in modo che il primo giorno di scuola i ragazzi contagiosi siano il meno numerosi possibile.

Perché è vero che dobbiamo imparare a convivere con il virus, è vero che non siamo ancora nelle condizioni di azzerare i contagi, ma è completamente diverso combattere il virus quando i contagiati sono uno ogni 10 mila, uno ogni mille, o uno ogni cento. Fino a un paio di mesi fa eravamo vicini alla prima soglia (1 su 10 mila), ora abbiamo superato la seconda (1 su 1000), e stiamo puntando a vele spiegate verso la terza (1 su 100). E’ una situazione pericolosissima, che molto somiglia a quella di febbraio. Come ha recentemente osservato l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, il problema è che – lasciando correre il virus come finora si è fatto – si stanno creando le condizioni per “l’innesco di una seconda ondata. Lo stesso innesco che a febbraio, semplicemente, non abbiamo rilevato e che poi ha provocato la grande ondata”.

Non sono considerazioni nuove. Sono il nucleo della “dottrina Crisanti”, più volte enunciata pubblicamente da lui stesso, e sottoscritta da una piccola minoranza di istituzioni, studiosi, operatori dell’informazione, preoccupati dell’imprudenza del governo centrale e di non pochi governatori delle Regioni.

Ora, però, siamo a 6 mesi esatti dallo scoppio dell’epidemia (Codogno, era il 21 febbraio), e il “partito della prudenza” è chiaramente e inequivocabilmente sconfitto. Inutile nasconderlo, inutile insistere con i numeri e con le analisi. Persa la battaglia in favore di un vero contrasto dell’epidemia, è forse giunto il momento di capire perché abbiamo perso. O meglio: perché abbiamo perso in modo così rovinoso e totale, perché mai non siamo riusciti a vincere nemmeno una delle nostre battaglie.

Sconfitta (a febbraio) la linea della prudenza verso i cinesi e i voli (diretti e indiretti) dalla Cina. Persa la battaglia contro la campagna “Milano non si ferma”. Sconfitta l’idea di fermarsi subito, ai tempi delle mancate chiusure di Nembro e Alzano. Ignorati (una prima volta a marzo e una seconda a maggio) gli appelli per i tamponi di massa. Snobbate, ai primi di giugno, le analisi che indicavano che alcune regioni del Nord non erano pronte per la riapertura. Recepita con mesi di ritardo la proposta di un’indagine sierologica nazionale. Completamente disattesa la richiesta, non solo nostra ma di tutta l’opinione pubblica, di indicazioni chiare e ragionevolmente stabili su mascherine, distanziamento, assembramenti. Indifferenza alle proteste per le incredibili incongruenze delle norme sul distanziamento (rigorosamente distanziati a teatro, nei musei, sui Freccia Rossa; appiccicati come sardine sui bus, sui treni ordinari, sui vaporetti, sugli aerei). Incomprensibile sordità agli inviti a tenere chiuse le discoteche, nonché alle denunce sulla violazione delle regole nei luoghi della movida e del divertimento. Snobbata ogni critica sulla disastrosa gestione degli sbarchi. Demonizzata ogni idea di limitazione e regolazione dei flussi turistici (un errore che la Sardegna sta pagando a caro prezzo proprio in questi giorni). Del tutto ignorate le richieste degli studiosi di accedere ai dati analitici dell’epidemia.

E’ solo un piccolo campionario della guerra che abbiamo rovinosamente perso. Dunque, veniamo al punto: perché il “partito della prudenza” ha perso tutte le sue battaglie?

Io credo che la risposta, se vogliamo andare subito al succo, sia essenzialmente una: la stella polare della politica, di tutta la politica (non solo del governo), è solo il consenso di breve, brevissimo periodo. Non c’è altro, nelle scelte che fanno i nostri politici, anche se c’è molto altro nelle chiacchiere con cui le accompagnano. Se governo e Regioni avessero agito con maggiore prudenza avrebbero avuto contro almeno tre poteri fondamentali: il mondo dell’economia, interessato alla riapertura persino quando (fine febbraio) era palesemente una follia; l’opinione pubblica, assetata di risarcimenti economici (sussidi) ed esistenziali (vacanze senza restrizioni) dopo il lockdown; l’opposizione politica, schierata dal lato della ripartenza ancora più accanitamente del governo.

Certo, è stato il governo a non avere il coraggio di tenere chiuse le discoteche, e a perseverare in quell’errore nei giorni (Ferragosto) in cui tutti avevano capito che era un errore fatale. Ma non si può dimenticare che, di fronte a una scelta così irresponsabile, Salvini non trovava di meglio che dichiarare: “L’unico problema legato al virus non sono i ragazzi che ballano ma quelli che sbarcano”. Difficile pensare che un governo imprudente possa cambiare rotta se il maggiore partito di opposizione è su una linea ancora meno prudente.

Lo stesso discorso vale per gli altri attori in campo. Se la gente non ha capito quanto erano pericolosi i comportamenti di cui ora constatiamo le conseguenze, è perché il governo, dopo il lockdown (e in particolare dopo la chiusura delle scuole e l’inizio delle vacanze), non ha mai veramente provato a far rispettare le regole. Ma è altrettanto vero che se ci avesse provato, come era suo preciso dovere, avrebbe perso molto del consenso accumulato nei mesi precedenti. Gli attori economici si sarebbero ribellati, le famiglie e i giovani si sarebbero sentiti ingiustamente deprivati dei loro sacrosanti, inalienabili, diritti a vacanze, spiagge, divertimento, movida ecc. (resta naturalmente da vedere se il calcolo del governo non sia stato miope: se le scuole riaprissero a singhiozzo, se dovessimo essere costretti a un nuovo lockdown, se i nuovi danni all’economia risultassero superiori ai vecchi benefici dell’apertura precoce, la gente si arrabbierebbe molto).

E’ questa la logica di quel che è successo. E’ per questo che noi “prudenti” abbiamo perso tutte le nostre battaglie. Siamo stati ingenui, ora non ci resta che sperare di aver avuto torto, e che a settembre si verifichi il miracolo: le scuole riaprono, le elezioni hanno luogo in sicurezza, gli oltre 1000 focolai attuali diminuiscono drasticamente di numero, ci sono abbastanza tamponi per tutti i bambini e i ragazzi messi in isolamento, pochi insegnanti si ammalano, nessuno di loro muore, la stagione fredda e lo smog della pianura padana non alimentano una seconda ondata, l’economia riprende vigore, gli ospedali si svuotano, non ci sono nuovi lockdown.

E’ un atto di fede, ma è tutto quel che ci resta.

Pubblicato su Il Messaggero del 22 agosto 2020




Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Il termometro dell’epidemia ha iniziato a mostrare una leggera tendenza all’aumento fin dai primi giorni di agosto. Un mese fa (1° agosto) la temperatura era pari a 1.5 gradi pseudo-Kelvin, uno dei valori più bassi toccati dall’inizio dell’epidemia. Dopo circa una settimana, lievi incrementi hanno portato il termometro a superare la soglia del 2 fino a raggiungere 2.4 durante la nostra ultima rilevazione (14 agosto). Ma è nell’ultima parte di agosto che il ritmo di crescita del contagio si è fatto via via più sostenuto. Si è passati dal 2.7 del 19 agosto al 4.0 del 23 agosto, fino a toccare 6.2 domenica 30 agosto. In poco meno di due settimane siamo tornati ai livelli di metà giugno.

Questo aumento si deve essenzialmente alla crescita dei nuovi contagi e in misura più lieve all’andamento degli ingressi ospedalieri stimati. Sono invece rimasti sostanzialmente stabili i decessi.

La variazione settimanale della temperatura è pari a +2.2 gradi.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa.

Per maggiori dettagli si rimanda alla nota tecnica