Rassenga stampa Anteprima-25 luglio

Clamoroso

Università presenti a Wuhan, dieci milioni di abitanti a 1.200 chilometri da Pechino: 200 [Stefano Lorenzetto Chi (non) l’ha detto. Dizionario delle citazioni sbagliate Marsilio, Venezia 2019].

 

In prima pagina

• Le vittorie di Federica Pellegrini e Gregorio Paltrinieri ai Mondiali di nuoto

• Conte al Senato: «Savoini era al seguito di Salvini». Il M5s diserta l’aula per protesta

• I No Tav minacciano: «Conte non conosce la nostra determinazione»

• Johnson nuovo premier inglese, gabinetto multietnico

• Russiagate, per il procuratore Mueller «Trump può essere incriminato ma alla fine del suo mandato»

• Facebook multato per 5 miliardi di dollari per Cambridge Analytica

• Stefano Binda è stato assolto per il delitto di Lidia Macchi

• Un presunto caso di Mucca pazza nel Trevigiano

• Matteo Trentin vince in solitaria al Tour de France

• La Juventus batte l’Inter in Cina. Buffon para tre rigori

• Le morti di Carlo Federico Grosso, Rutger Hauer e Giampiero Pesenti

 

Titoli

Corriere della Sera: Conte attacca, Salvini lo sfida

la Repubblica: Moscopoli, Salvini sbugiardato

La Stampa: Metropol, Conte scarica Salvini

Il Sole 24 Ore: Germania inceppata, / il manifatturiero vede / la recessione

Avvenire: Conte c’è. Ma solo

Il Messaggero: Conte sfida Salvini, M5S in crisi

Il Giornale: Conte salva Salvini / Il premier resta solo

Qn: M5s, Lega, Conte: tutti contro tutti

Il Fatto: Conte sbugiarda / Salvini. Ma nessuno / se ne accorge

Libero: Suicidio grillino

La Verità: Conte si salva da Salvini ma non dai grillini

Quotidiano del Sud: Autonomia fraudolenta / serve un’operazione verità

il manifesto: Matteo Bazar

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Rassegna stampa Anteprima- 24 luglio

Clamoroso

Paolo Conte non ha il cellulare [Cotto, Mess].

 

In prima pagina

• Il premier Conte dice sì alla Tav: «Non farla costerebbe di più». Rivolta nel M5s: «Deciderà il Parlamento»

• Pesanti reazioni in Internet al “mandato zero”, ultima idea di Di Maio

• Cantone lascia l’Anac: «È cambiato l’approccio culturale». La Bongiorno lo aveva avvertito: «Se per prevenire tutto blocchiamo tutto, non si fa niente»

• Boris Johnson eletto leader dei Tory. Oggi sarà nominato primo ministro (ritratto in Quarta Pagina)

• Un peschereccio italiano è stato sequestrato in Libia

• A Bibbiano quattro bambini sono stati nuovamente affidati ai genitori naturali

• Simona Quadarella ha vinto l’oro nei 1.500 stile libero ai Mondiali di nuoto in Corea

• Mihajlovic ha terminato senza complicazioni il primo ciclo di terapia

 

Titoli

Corriere della Sera: Svolta sulla Tav, sì di Conte

la Repubblica: Scusa Grillo / La Tav si farà

La Stampa: Ritirata dei grillini, la Tav si farà

Il Sole 24 Ore: Tav, l’Ok di Conte. M5S: il nostro no resta

Il Messaggero: Conte sale sulla Tav: «Si farà»

Il Giornale: Liberi da Toninelli

Qn: Più occupati, il grande inganno

Il Fatto: I 5Stelle sotto il Tav

Libero: Sciopero alla Tafazzi

La Verità: Oggi in Senato la sfida sui soldi russi

Quotidiano del Sud: Abolire le Regioni

il manifesto: Il Conte Tav

 

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Perché Salvini tiene

Che né Salvini né Di Maio abbiano la stoffa dell’uomo di Stato, o perlomeno di ciò che un tempo eravamo abituati a designare con questo termine, era chiaro prima del voto ed è ancora più chiaro oggi, dopo 14 mesi di governo. Né l’uno né l’altro sono stati capaci di mostrare, verso gli altri leader europei, verso le istituzioni comunitarie, verso gli organismi sovranazionali, il rispetto ad essi dovuto indipendentemente dalle differenze di vedute sulle questioni cruciali, siano esse la politica economica o la gestione dei migranti. Quanto alla politica interna, non si può non notare che il tasso di demagogia e di semplicismo toccati in questo primo anno di governo non ha precedenti nella storia unitaria: mai era successo che le analisi fossero così infantili tanto nella diagnosi dei nostri mali, quanto nella indicazione dei rimedi.

Negli ultimi mesi, tuttavia, su queste caratteristiche comuni dei due leader da cui dipende la sopravvivenza del governo, si è poco per volta innestata anche una importante differenza, di atteggiamento e di stile comunicativo. Il linguaggio di Salvini ha mantenuto (e forse accentuato) i suoi tratti più crudi, talora offensivi, mentre quello di Di Maio si è fatto via via più moderato e istituzionale, una differenza che peraltro si è anche sostanziata nel voto per l’elezione di Ursula von der Leyen al vertice della Commissione Europea, con i leghisti schierati contro e i pentastellati a favore.

A fronte di questa evoluzione, e nonostante il duro colpo all’immagine di Salvini inferto dalle recenti accuse di aver preso soldi dai russi, i sondaggi continuano a premiare Salvini e a punire Di Maio. Sembra quasi che, qualsiasi cosa accada nella comunicazione o nella realtà, l’elettorato non abbia alcuna intenzione di cambiare le proprie scelte, molto chiaramente espresse nel voto europeo, che ha più che raddoppiato i consensi alla Lega e quasi dimezzato quelli ai Cinque Stelle.

Su che cosa poggiano questa sorta di invulnerabilità di Salvini e fragilità di Di Maio?

Una possibile spiegazione è che Salvini, grazie alla sua insistenza sulle cose da fare e alle continue denunce delle resistenze altrui, sia riuscito ad accreditare la Lega come “partito dei sì” (sì alla flat tax, sì al Tav, sì all’autonomia delle regioni del Nord) e soprattutto ad appiccicare al Movimento Cinquestelle l’etichetta di “partito del no” (nonostante i Cinque Stelle abbiano anch’essi i loro “sì”, a partire dal salario minimo europeo). In certo senso si potrebbe dire che Salvini è riuscito nel capolavoro di trasformare un errore, o se preferite una scelta azzardata (bruciare risorse per quota 100, sottraendole alla flat tax), in un vantaggio competitivo con l’alleato di governo: proprio perché ho fatto solo quota 100, ora devo fare la flat tax.

Una seconda spiegazione è che gli italiani sono diventati sostanzialmente indifferenti alle presunte malefatte dei politici. Finché non emergono comportamenti clamorosamente immorali o scorretti, e finché i processi si celebrano solo sui giornali e in tv, gli italiani tendono a sospendere il giudizio sui politici chiacchierati, accusati, inquisiti. E’ paradossale, ma proprio la faziosità e superficialità di parte della Magistratura ha fornito alla politica un formidabile scudo contro le inchieste giudiziarie, viste come parti in commedia di una lotta fra poteri più che come strumento di garanzia.

Ma la spiegazione più importante è probabilmente un’altra e sta negli stili comunicativi di Salvini e Di Maio, o forse sarebbe meglio dire: nelle preferenze comunicative degli italiani. A me pare che, dopo un quarto di secolo di seconda Repubblica, almeno due punti dovrebbero essere considerati assodati.

Il primo è che, ci piaccia o no, volgarità, aggressività verbale, mancanza di rispetto dell’interlocutore, sono ormai entrate fra le modalità di comunicazione accettate dalla maggior parte degli italiani, e questo non certo per colpa dei politici. La politica si è limitata ad assorbire, per lo più con notevole ritardo, cambiamenti che si erano già ampiamente imposti in tv, alla radio, su internet, più in generale nel costume. Da questo punto di vista il fatto che la comunicazione di Salvini sia spesso poco ortodossa (eufemismo) e quella di Di Maio sia quasi sempre formalmente educata, non fornisce alcun vantaggio a quest’ultimo. Un esito aggravato dal fatto che, presumibilmente, quella parte (minoritaria) dell’elettorato che apprezza la pacatezza preferisce vederla unita a doti come competenza, preparazione, esperienza, capacità di argomentare in modo non ideologico, semplicistico o preconcetto: tutte qualità che non sono le prime che vengono in mente quando si tratta del capo politico del Movimento Cinque Stelle.

Il secondo punto è che, da quando Berlusconi ha rivoluzionato il linguaggio della politica, verosimilmente la qualità più apprezzata dagli elettori è diventata l’aderenza al senso comune. Agli italiani piace che il politico si esprima come l’uomo della strada, ma piace ancora di più che mostri di pensare e sentire come l’uomo della strada. Una sottile e perversa declinazione dell’ideale egualitario ci rende diffidenti verso i politici che sono (o appaiono) in qualche misura o in qualche senso superiori a noi, e ci fa adorare quelli che si pongono ostentatamente al nostro livello di persone comuni.

E cosa ha fatto Salvini, in questo primo anno di governo, se non esprimere pensieri, concetti, impulsi che chiunque di noi può provare solo che si trovi in determinate situazioni? Quanti milioni di persone, quotidianamente alle prese con i problemi della criminalità e dell’immigrazione nelle periferie della Penisola, hanno potuto constatare che il Ministro dell’Interno la pensava proprio come loro?

La differenza con Berlusconi è solo che Berlusconi si rivolgeva soprattutto ai ceti medi, in un’epoca in cui eravamo ancora pieni di speranze, e credevamo che questo paese potesse risollevarsi. Mentre Salvini si rivolge soprattutto ai ceti popolari, in un’epoca in cui la fiducia nel futuro è ormai un ricordo del passato.

Pubblicato su Il Messaggero del 22 luglio 2019



Rassegna Anteprima- 22 luglio

Clamoroso

Dal 2008 al 2017 gli omicidi in Italia sono diminuiti del 43 per cento. Nello stesso periodo gli ergastolani sono aumentati del 25 per cento [Mattia Feltri, Sta].

 

In prima pagina

• Le morti di Francesco Saverio Borrelli, Ágnes Heller, Ilaria Occhini, Mattia Torre

• Zaia e Fontana attaccano Conte sull’Autonomia: «Se continua questa farsa non firmiamo». Appuntamenti chiave per la sopravvivenza del governo: mercoledì prima Conte e poi Salvini parlano alla Camera della cosiddetta Moscopoli. Giovedì vertice sul testo definitivo della legge che regolerà le autonomie di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Gli analisti concordi: il vero avversario di Salvini adesso è Conte.

• Salvini chiede che i capi della rivolta di sabato sera contro il cantiere dell’Alta Velocità a Chiomonte in Val di Susa siano arrestati. Il M5s non replica e condanna ogni forma di violenza.

• Haftar lancia «l’ora zero» dell’offensiva su Tripoli

• Salvini scrive alla Francia: «L’Italia non è il campo profughi d’Europa». Oggi non si presenterà alla riunione europea di Parigi sui migranti

• Abe vince le elezioni in Giappone, avrà una forte maggioranza, ma non sufficiente a cambiare la Costituzione

• Luca Parmitano è sulla Stazione Spaziale Internazionale

• Medici Senza Frontiere e Sos Méditerranée tornano a salvare i migranti nel Mediterraneo

• La Lega sale al 35,6% nei sondaggi, M5s stabile al 17%

• Berlusconi condannato per aver dato del «fallito» a Soru

• Nel Pd è scoppiato un caso Faraone: renziani e zingarettiani litigano

• Amadeus condurrà Sanremo: lo conferma Fiorello

• Cento chili d’oro in lingotti sequestrati all’aeroporto di Heathrow

• Larissa, figlia di Fiona May, ripete l’impresa di sua madre e vince l’oro nel salto in lungo agli Europei Under 20

• Bronzo di Detti nei 400 stile libero ai Mondiali di nuoto

• Alaphilippe potrebbe anche perdere il Tour, lo incalzano Pinot e Bernal

 

Titoli

Corriere della Sera: «Autonomia vera al Nord»

la Repubblica: Conte, bersaglio grosso

La Stampa: Strappo sull’autonomia / Il Nord: non firmeremo / Conte pronto a trattare

Il Sole 24 Ore: Professionisti / e imprese / alla roulette / delle pagelle fiscali

Il Messaggero: Scontro sui fondi alle Regioni

Il Giornale: Il Nord licenzia Conte

Qn: Verso il sì alla Tav, furia antagonista

Il Fatto: Autonomia light: ecco le prove / del Sì leghista a Conte e 5stelle

Libero: Salvini primo grazie ai nemici

La Verità: Tutte le querele dietro la fuffa del Rubligate

Quotidiano del Sud: Il cuore mette radici ovunque

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Contro l’inferno libico

Non ha convinto quasi nessuno, nelle sue prime dichiarazioni, Ursula von der Leyen, candidata tedesca alla presidenza della Commissione Europea. E La ragione è piuttosto semplice: le forze politiche tradizionali, presunte vincitrici delle elezioni europee, sono in grave disaccordo fra loro su molte questioni cruciali, fra le quali quella migratoria.

Se si esaminano attentamente le sue dichiarazioni, si capisce facilmente perché. Come spesso accade ai governanti europei, la loro preoccupazione centrale è l’affermazione di principi astratti che possano raccogliere il più ampio consenso possibile, ma la loro attenzione alla soluzione concreta dei problemi è minima. Di qui la curiosa diffusione in Europa di una retorica, quella del “ma-anchismo” (voglio A, ma anche B), di cui erroneamente avevamo attribuito l’esclusiva a Walter Veltroni, ai tempi in cui stoicamente tentava di dare una guida alla sinistra italiana.

Oggi il ma-anchismo si ripresenta nelle parole della von der Leyen: difendere i confini, “ma anche” rafforzare i salvataggi in mare; non lasciare sola l’Italia “ma anche” non obbligare gli altri paesi europei a prendere chi sbarca in Italia; no agli scafisti “ma anche” no ai porti chiusi.

Che così dicendo la candidata alla Presidenza della Commissione rischi di scontentare tutti è meno grave del fatto che il ma-anchismo non sia una politica. Una vera politica dovrebbe, per cominciare, offrire un’analisi convincente di come le cose effettivamente funzionano, ed accettare il dato di fatto che, per determinati tipi di problemi, non esistono soluzioni in grado di rispettare tutti i nobili principi cui i politici amano richiamarsi. L’importante è che almeno i problemi risolvibili vengano risolti, e su quelli irrisolvibili ci sia un’assunzione di responsabilità, che inevitabilmente significa avere il coraggio di scegliere, quasi mai fra il male e il bene, e quasi sempre fra un male e un male minore.

Fra i problemi risolvibili vi è quello di sostenere davvero, e non solo a parole, l’UNCHR (Alto Commissariato Onu per i Rifugiati) nel suo lavoro di trasferimento in Europa delle persone che riesce a liberare dai campi libici e che hanno diritto allo status di rifugiato. E’ oltre un anno che l’UNCHR insiste sul fatto che in Africa (in particolare in Niger e in Libia) ci sono già alcuni centri nei quali l’UNCHR stessa riesce a raccogliere i soggetti più vulnerabili e ad effettuare i colloqui necessari per accertare il diritto alla protezione internazionale, ma tutto si scontra con la lentezza e l’opportunismo dei governi europei, che sulla carta promettono posti (4000) ma poi sono lentissimi nel rendere effettivi i trasferimenti in Europa. Voglio dire che il problema dei corridoi umanitari non è la loro inesistenza, ma il fatto che quei pochi che esistono e potrebbero funzionare ad alto regime (primo fra tutti quello che parte dal Niger) si scontrano con l’inerzia e la lentezza dell’Europa. E’ importante sottolineare che stiamo comunque parlando di numeri piccoli (4000 posti promessi da Unione Europea, Norvegia e Canada), e di un problema risolvibilissimo solo che lo si voglia affrontare. E’ noto che i soggetti che hanno diritto allo status di rifugiato, e di cui specificamente si occupa l’UNCHR, sono una piccola frazione del totale dei soggetti in movimento. Anche in Africa il problema più grosso non sono i richiedenti asilo che ne hanno diritto, ma sono gli sfollati delle zone di guerra (in particolare in Libia), e i migranti economici di cui si occupa soprattutto l’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), con programmi di rientro assistito (ed economicamente incentivato) nei paesi di partenza.

Ci sono poi i problemi irrisolvibili, o meglio risolvibili solo pagando un prezzo che pochi politici sarebbero disposti a pagare. Il principale di tali problemi è quello del traffico di esseri umani in Africa, un traffico che non è fatto solo di scafisti, ma di campi di prigionia legali e illegali, con bande armate che spadroneggiano nel territorio macchiandosi dei peggiori crimini: torture, violenze sessuali, umiliazioni, estorsione di denaro, lavori forzati, vendita come schiavi.

E’ il caso di notare che buona parte del problema sta nel business dei guerriglieri che, nel sud della Libia, intercettano le persone in transito per imbarcarsi in Europa. Un’altra parte del problema è costituita dal fatto che i migranti sfuggiti ai campi di prigionia dei signori della guerra spesso, essendo entrati illegalmente in Libia, vengono rinchiusi (in condizioni disumane) nei campi di prigionia governativi, dove fioriscono due ulteriori business, quello della liberazione a pagamento, e quello del trasbordo (sempre a pagamento) su un’imbarcazione diretta in Europa.

Si può fare qualcosa di risolutivo contro questo inferno in terra?

Se escludiamo (e facciamo bene…) l’ennesimo intervento militare occidentale più o meno mascherato da missione umanitaria, l’unica strada efficace che resta aperta è quella di stroncare il traffico di esseri umani rendendolo non profittevole. Sfortunatamente, l’unico modo per renderlo non profittevole è quello di affermare, e mettere fermamente in pratica, il principio che in Europa si entra solo per via legale. Finché l’Europa consente, e per certi versi incentiva, gli ingressi via mare, il progetto di stroncare il traffico di esseri umani resta del tutto velleitario.

E’ qui che nascono i problemi. Per impedire gli ingressi illegali occorrerebbe allargare i canali di ingresso regolari sia per i richiedenti asilo (corridoi umanitari) sia per i migranti economici (sistema di quote), ma al tempo stesso, una volta assicurata la possibilità di entrare legalmente in Europa, occorrerebbe difendere i confini con risolutezza. Questi due gesti, grazie alla velocità del tam tam nell’era di internet, sarebbero un colpo durissimo per i trafficanti, esattamente come lo sarebbe la droga di Stato per gli spacciatori (a proposito, perché i radicali non fanno il medesimo ragionamento pro-legalità quando si tratta di traffico di persone?).

Quello di cui sarebbe ora di prendere atto è che, per quanto scaldi i cuori e faccia la felicità dei media, ogni sbarco irregolare riuscito, che avvenga in Italia o altrove, che sia gestito da una Ong o da uno scafista, è di fatto un formidabile incentivo al business che si dice di voler stroncare. E’ terribile dirlo, ma l’inferno libico è anche la conseguenza della speranza di riuscire a entrare in qualche modo in Europa che un po’ tutti contribuiamo a tener viva, spesso con le migliori intenzioni.

Articolo pubblicato su Il Messaggero del 13 luglio 2019