Quel che non funziona a sinistra
- Professore, la sinistra italiana si è innamorata del nuovo sindaco di New York, Mamdani. Si cercano nuovi campioni da cui « ripartire » ?
Può darsi, l’ha già fatto Prodi con Clinton (ricordate l’Ulivo mondiale?), Veltroni con Obama (“Yes, we can”), Renzi con Tony Blair e la Terza via (ispirata dal sociologo Anthony Giddens). C’è una differenza cruciale, però, fra ieri e oggi: nessuno degli aspiranti leader del campo largo ha un prestigio comparabile a quello che – ciascuno nella sua epoca – avevano Prodi-Veltroni-Renzi.
- Al fondo, c’è la mancanza di una identità definita ? Il Pd sembra non aver ancora deciso che cosa diventare… Che cosa è andato storto, in quel progetto ?
Su questo le diagnosi si sprecano, mi sembra superfluo farne un elenco. Io però ne aggiungerei una di cui non si parla mai: il Pd è nato all’insegna dell’inclusione, ma la sua pratica politica è sempre stata altamente escludente, e quindi incapace di attirare nella propria orbita nuovi strati sociali, come sarebbe stato imprescindibile per una forza che proclama di avere una “vocazione maggioritaria”.
- In che senso la pratica del Pd è stata escludente?
Nonostante i buoni propositi di Veltroni, il Pd non si è mai liberato del complesso di superiorità morale che da sempre affligge la sinistra. Ma come puoi pensare che gli altri si decidano a votarti se li tratti come eticamente inferiori, rozzi, barbari, disumani?
Io denunciai questa deriva esattamente 20 anni fa nel mio libro Perché siamo antipatici? (sottotitolo: La sinistra e il complesso dei migliori), ma devo constatare che – a dispetto degli sforzi di Veltroni – le cose da allora sono ulteriormente peggiorate, specie dopo il 2019 e la crisi degli sbarchi. Da quel momento in poi, anche per responsabilità della “sinistra culturale” di Saviano-Scurati-Murgia eccetera, il conflitto politico è stato via via eticizzato – noi i buoni, loro i cattivi – con il risultato di allontanare dalla sinistra gran parte degli elettori incerti, moderati o contendibili.
- Romano Prodi non sa più come dirlo. Lo ha scritto due volte in dieci giorni: Schlein è inadeguata, non può sfidare Giorgia Meloni per la premiership. Ha ragione ?
Ma certo che ha ragione, anche perché l’economia esiste: l’idea che a gestirla sia una persona che mostra di non conoscerla e non capirla è terrificante.
- E i riformisti ? La minoranza dem avrebbe, sulla carta, praterie elettorali. Poi però non riesce ad esprimersi, non esprime leadership.
Il riformismo non è un ideale politico forte, un ideale che ti fa sognare. Per il gruppo dirigente attuale del Pd è addirittura una colpa, un marchio di infamia. E il Jobs Act è il peccato originale, la colpa da lavare nel sangue. La Schlein ha vinto le primarie presentandosi come Cristo Redentore, sceso nel Pd per purificare la sinistra dalla macchia con cui Renzi, novello Adamo (o Eva ?), ne aveva sporcato l’immacolato candore.
- Se si facessero le primarie per il leader della coalizione su cui puntare come premier, vincerebbe Schlein, Conte o un terzo incomodo, per esempio Landini?
Landini verrebbe immediatamente liquidato dall’establishment politico-economico-mediatico non tanto per il suo estremismo, bensì per la sua evidente impreparazione.
Fra Schlein e Conte penso vincerebbe Conte, perché ha due assi nella manica importanti.
- Quali?
Primo: è già stato presidente del Consiglio e ha dimostrato di saper fare quel mestiere (personalmente non ne ho apprezzato le scelte, ma riconosco il physique du rôle, che non intravedo nella movimentista Elly Schlein).
Secondo: ha capito che, se continua a ignorare i temi della sicurezza e dell’immigrazione, la sinistra non può vincere le elezioni.
Detto per inciso, a sospingere Conte e i Cinque Stelle in questa direzione sono due donne: Sahra Wagenknect, ospite d’onore “rossobruna” alla costituente Nova di un anno fa, e Chiara Appendino, che ha appena rilasciato un’intervista-bomba su “sinistra e sicurezza”.
- C’è chi punta, un po’ alla cieca, sulla giovane sindaca di Genova, Ilaria Salis. La sua forza sta nell’essere ancora poco conosciuta?
Sì, se sei nuova, giovane, di bell’aspetto, non zavorrata dagli (inevitabili) errori di una carriera politica precedente, hai un indubbio vantaggio. Ma il fattore fondamentale a me pare un altro: il grigiore di tutti i suoi rivali riformisti.
- Al centro intanto qualche novità c’è. Il movimento Più Uno di Ruffini, i Liberaldemocratici di Marattin sono velleitari o possono trovare uno spazio, nelle more delle necessarie riforme elettorali?
Sono velleitari. Se non altro perché a occupare quello spazio c’è già Azione di Carlo Calenda.
10. Su Gaza c’è stata una campagna violenta, sfociata nell’antisemitismo, che in troppi hanno cavalcato a sinistra. Sembra che la tregua sia andata di traverso a molti che scommettevano sulla guerra…
Sì, però era una scommessa utile solo agli imprenditori del rancore anti-sistema e anti-occidentale. Per la sinistra ufficiale, che aspira a tornare al governo, il perdurare di quelle manifestazioni violente e anti-semite sarebbe stato un disastro.
11. La sinistra ha bisogno di un nemico, per vincere? Non riuscendo a dare soluzioni costruttive, indica la sua posizione tramite antinomie. Prima c’era Berlusconi. Ora con Meloni si è fatta più dura. Servono nemici internazionali, icone, totem diversi?
Sì, la sinistra ha sempre bisogno di un nemico. Ma non per vincere, bensì per consolidare la propria identità. Una identità che, ormai, non si fonda su un progetto economico-sociale per l’Italia, bensì sulla proterva convinzione di rappresentare « la parte migliore del paese », quella che sta « dalla parte giusta della storia ».
12. Alle prossime elezioni secondo lei vedremo candidati a sinistra, Sigfrido Ranucci, Francesca Albanese o Maurizio Landini ? Il prerequisito delle star a sinistra sembra quello di non aver mai fatto alcuna politica nei partiti.
Certo, le star devono essere pure e immacolate, non compromesse con le brutture della politica. Solo che poi, a un certo punto vicino ai 60 anni, arriva l’età della pensione, e la politica – che regala pensioni d’oro – diventa improvvisamente e miracolosamente utile. E addio purezza.
13. Quanti anni ancora, secondo lei, governerà Giorgia Meloni in questo contesto?
Sei e mezzo (se non si stufa prima).
(Intervista rilasciata al Riformista, pubblicata il 18-11-2025)