L’Italia e gli altri

di Rossana Cima e Luca Ricolfi

Israele è entrata ieri (venerdì 18 settembre) in un secondo lockdown che durerà almeno tre settimane.  Solo giovedì il paese ha registrato 55.4 nuovi contagi per 100 mila abitanti, un valore che è circa il doppio di quello osservato in Spagna (24.1 nuovi casi per 100.000 abitanti) e 20 volte più alto di quello registrato in Italia (2.6).
Sono scattate restrizioni per circa 10 milioni di persone anche nel Regno Unito. Già nei giorni precedenti era stato imposto il divieto di riunirsi in più di sei persone.

L’epidemia sta dunque rialzando la testa? Per analizzare l’evoluzione dei contagi e valutare la gravità dell’epidemia possiamo basarci sui grafici seguenti che rappresentano l’andamento dei nuovi decessi in rapporto alla popolazione in 49 paesi (vedi nota tecnica) in base ai dati disponibili il 15 settembre.
Le due linee tratteggiate, azzurra e grigia, presenti nei grafici corrispondono rispettivamente all’incremento medio settimanale registrato dall’Italia nel mese di giugno e al valore mediano registrato da tutti i 49 paesi nell’ultima settimana. Questo ci permetterà di valutare la curva epidemica di ciascun paese rispetto 1) alla situazione che presentava l’Italia subito dopo la fine del lockdown e 2) all’evoluzione dei contagi registrata mediamente dall’insieme dei paesi considerati negli ultimi sette giorni.

Sono 12 i paesi che presentano numeri in crescita. Particolarmente significativi sono gli incrementi registrati in Israele, Spagna e Ucraina. Qui la curva epidemica sta crescendo molto più rapidamente di quanto è successo nel nostro paese subito dopo la fine del lockdown. La Croazia ha invece raggiunto lo stesso ritmo dell’Italia solo recentemente.

Il trend è in aumento, ma rimane sotto il livello di guardia italiano post-chiusura, anche in Russia, Turchia, Francia, Repubblica Ceca, Grecia, Portogallo, Ungheria e Irlanda.

Negli ultimi giorni la curva è tornata a puntare verso l’alto anche in Brasile, Stati Uniti, Bosnia e Polonia. Solo nei prossimi giorni sarà possibile capire se questi incrementi siano il risultato di un’inversione di tendenza o se si tratti di una semplice fluttuazione.
Rimane comunque particolarmente elevato il ritmo del contagio in Brasile, Stati Uniti e Bosnia.

La curva dei contagi è invece in discesa in 12 paesi. Romania, Messico e Cile continuano però a registrare un numero di nuovi decessi significativo, di molto superiore al livello dell’Italia di giugno. Armenia, Bulgaria e Albania lo hanno invece raggiunto.

Incrementi contenuti, inferiori al valore mediano dei 49 paesi, si osservano invece in Canada, Regno Unito, Italia, Giappone, Korea, Germania e Danimarca. Il nostro paese fa dunque parte di questo gruppo ma, insieme al Regno Unito, è quello che presenta (almeno nell’ultima settimana) tassi di crescita più elevati.

Sono 10 i paesi che invece presentano una chiara convergenza a zero. Fra essi si trovano l’Islanda che ormai da 142 conta zero decessi, e il Lussemburgo che sembra aver superato definitivamente il picco registrato ad inizio agosto.

Segnali poco nitidi arrivano da 4 paesi. Si deve però osservare come in Moldavia, Montenegro e Macedonia il numero di nuovi contagi continui a rimanere molto alto, ben al di sopra del valore di guardia italiano post lockdown.

Nota tecnica

I dati utilizzati nell’analisi provengono dal database dalla Johns Hopkins University aggiornati al 15 settembre.

Quanto possibile, i dati sono stati corretti per tenere conto dei ricalcoli effettuati dalle autorità nazionali che hanno fornito il dato.

Dall’analisi è stato escluso il Kosovo perché presentava un andamento irregolare probabilmente dovuto ad un mancato aggiornamento dei dati.




Paesi dell’Est, nuovo focolaio?

di Rossana Cima e Luca Ricolfi

Preoccupa l’avanzata dell’epidemia nei paesi dell’Est. Proprio oggi Serbia, Montenegro e Kosovo sono stati aggiunti alla lista dei luoghi a rischio, facendo salire a 16 i paesi per cui vi è il divieto di ingresso e transito in Italia. Nella lista erano già compresi Armenia, Bosnia Erzegovina, Macedonia e Moldova.

Che vi siano indizi di un’accelerazione dell’epidemia in alcuni paesi dell’Est lo si può vedere dai grafici seguenti che rappresentano l’andamento dei nuovi casi settimanali per abitante. Ciò che possiamo fare analizzando questi trend non è tanto valutare la gravità dell’epidemia (l’individuazione di nuovi casi potrebbe dipendere dalle politiche sui tamponi adottate dai vari paesi), ma capire se il contagio si stia allargando.

Su 21 paesi considerati ve ne sono 9 che mostrano chiari segnali di ripresa dell’epidemia. Si tratta si Kosovo, Macedonia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Serbia, Albania, Bulgaria, Romania e Croazia.

La curva di Slovenia e Ucraina sembra invece rallentare dopo un periodo di leggero aumento.

Dopo una forte impennata, il tasso di crescita dei nuovi contagi diminuisce anche in Moldova, Armenia e Russia.

Meno preoccupante è invece la situazione di Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e soprattutto di Lettonia, Lituania, Estonia e Ungheria dove la curva epidemica dà segni di avvicinamento a zero.

Nota tecnica
I dati utilizzati nell’analisi sono quelli pubblicati dalla Johns Hopkins University aggiornati al 15 luglio (ore 18).




L’andamento dell’epidemia nelle province

di Rossana Cima e Luca Ricolfi

I dati comunicati della Protezione Civile non ci consentono, purtroppo, di fare analisi puntuali sulla diffusione dell’epidemia nel nostro Paese sia perché spesso sono oggetto di consistenti ricalcoli, sia perché il 24 giugno si è verificata un’interruzione di serie: a livello provinciale, i nuovi casi di positività non vengono più classificati in base alle ospedalizzazioni, ma in base alla residenza.

Si può però tentare comunque di delineare un quadro generale della diffusione dell’epidemia con i pochi dati a nostra disposizione.

I grafici che seguono rappresentano l’andamento dei nuovi casi settimanali in 97 province (vedi nota tecnica).

In base alle ultime informazioni disponibili (6 luglio, ore 18.00), sono 24 (su 97) le province che presentano, nell’ultima settimana (29 giugno – 6 luglio), un incremento di nuovi casi uguale o superiore a 5 rispetto alla settimana precedente. Tra queste ve ne sono una decina (Mantova, Cremona, Ravenna, Roma, Lodi, Modena, Treviso, Imperia, Torino e Firenze) con aumenti apprezzabili superiori alle 10 unità.
Seguono in graduatoria le province di Parma, Avellino, Cuneo, Sassari, Chieti, Reggio Emilia, Trieste, Lecco e Padova con incrementi fra le 7 e le 9 unità.
Le province di Pescara, Alessandria, Asti, Vercelli e Terni presentano aumenti relativamente più modesti (+5 unità); si tratterà di vedere nei prossimi giorni se questi incrementi sono indicativi di un’inversione di tendenza o se si tratti di una semplice fluttuazione.

Da segnalare sono anche Frosinone, Biella, Vicenza, Grosseto, Pordenone, Salerno, Forlì e Udine. Sono tutte province con incrementi settimanali (29 giugno – 6 luglio rispetto alla settimana precedente) inferiori alle 5 unità, ma con una curva epidemica che tende all’aumento da almeno una settimana. Anche in questo caso, è presto per capire se si tratta di mere oscillazioni.
In tutto vi sono 24+8 province a rischio o relativamente problematiche.

Accanto a queste 24+8 province ve ne sono invece 6 che, seppur registrando ancora un numero di nuovi contagi significativo, presentano una curva epidemica tendente verso il basso. Si tratta di Como, Sondrio, Novara, Varese, Brescia e Bergamo. Nell’ultima settimana migliorano anche le province di Reggio Calabria, Verbano-Cusio, Ferrara, Bologna, Caserta, Macerata, Savona e Belluno.

Segnali positivi arrivano, invece, da 33 province con un profilo di convergenza a zero-contagi o comunque molto vicino allo zero. Si tratta prevalentemente di province del Sud, ma ve ne sono anche del Centro e del Nord (Aosta, Livorno, Lucca, Massa-Carrara, Siena e Perugia).

Segnali meno nitidi arrivano da altre province. Da segnalare Milano, Bolzano, Verona, Genova, Pavia, Monza e Arezzo. In queste province la curva epidemica non da segni di avvicinamento a zero anche se da almeno sette giorni si registra una sostanziale stabilità degli incrementi settimanali.

Difficile valutare l’andamento del contagio nelle altre province. In alcuni casi (ad es. Rimini) le curve mostrano oscillazioni, in altri casi (ad es. Nuoro) i dati sono stati oggetto di ricalcolo e per questo gli incrementi settimanali risultano spesso negativi.

Per avere un quadro ancora più generale sulla diffusione dell’epidemia possiamo ora cercare di capire quante sono le province con un incremento di nuovi casi (per 100 mila abitanti) settimanali superiore alla media nazionale.
Il risultato è il seguente. In base all’ultimo dato disponibile sono ben 26 (su 97) le province con una densità di nuovi casi ogni 100 mila abitanti superiore alla media italiana. Quello che è forse più importante osservare è che il trend, dopo una fase di progressivo calo, è tornato a crescere da metà giugno.

Nota tecnica

I dati utilizzati nell’analisi sono quelli diffusi quotidianamente dalla Protezione Civile aggiornati al 6 luglio (ore 18).

La serie storica dei dati provinciali è stata ricalcolata per tenere conto dell’interruzione di serie che si è verificata il 24 giugno in seguito alla nuova classificazione dei casi positivi (non più in base alla provincia in cui è avvenuta l’ospedalizzazione, ma in base alla residenza della persona risultata positiva al COVID-19).
Data l’impossibilità di stabilire, provincia per provincia, che cosa è effettivamente avvenuto tra il 23 e il 24 giugno, i dati sono stati ricalcolati assumendo che, fra le due date, gli incrementi giornalieri dei nuovi casi fossero pari a 0.

Dall’analisi sono state escluse le province della Sicilia e la provincia di Trento perché oggetto di consistenti ricalcoli.




A che punto siamo? Bollettino Hume sul Covid-19

Bollettino bisettimanale sull’andamento dell’epidemia

Bollettino bisettimanale sull’andamento dell’epidemia
Pubblichiamo oggi il bollettino sull’andamento dell’epidemia nelle regioni italiane in base ai dati disponibili lunedì 4 maggio, giorno in cui è iniziata la Fase 2.
Come nel precedente Bollettino diffuso la scorsa settimana, le domande a cui cercheremo di rispondere sono due:
– (nei primi giorni di maggio) quanta strada hanno percorso le regioni italiane verso la meta dei “contagi zero”?
– vi sono regioni che ancora non sono pronte ad affrontare la Fase 2?

Un modo per valutare la diffusione dell’epidemia è quello di capire come procede la discesa dopo il picco del contagio, ponendo a 100 il numero giornaliero dei morti e quello dei nuovi contagi registrati nel giorno peggiore dall’inizio dell’emergenza COVID-19.
Rispetto alla scorsa settimana, la situazione è migliorata in quasi tutte le regioni. Presentano invece una situazione più in chiaroscuro Valle d’Aosta, Sardegna e Basilicata. Se da un lato, in queste regioni, è diminuito il numero dei decessi giornalieri (la Basilicata ha addirittura raggiunto lo 0), dall’altro la diminuzione dei nuovi contagiati ha subito una battuta d’arresto.
Un peggioramento si osserva anche per il Lazio. Il ritmo quotidiano dei decessi ufficiali è aumentato rispetto alla scorsa settimana. Il peggioramento della mortalità giornaliera ha portato il Lazio a collocarsi in coda alla graduatoria. Il cammino che deve ancora percorrere verso “contagi zero” è del 74%. Questo risultato deve però essere interpretato con estrema cautela perché potrebbe risentire della correzione apportata ai dati per tenere conto del ricalcolo della mortalità. Il 1° maggio la Protezione Civile ha infatti certificato 33 decessi in più nel mese di aprile.

Toscana, Piemonte e Veneto presentano ancora una situazione abbastanza preoccupante sul versante dei decessi, soprattutto il Veneto, l’unica regione che, insieme al Lazio, registra un valore superiore al 50%. Ciò significa che la strada percorsa verso “contagi zero” è meno che la metà. La sua posizione è però meno preoccupante per quanto riguarda i nuovi contagi.

Il Piemonte desta preoccupazione anche per quanto riguarda i nuovi contagiati. È in coda alla graduatoria, preceduto dalla Liguria. Entrambe le regioni toccano valori superiori al 54%.

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Appendice
Riportiamo, di seguito, i grafici dell’evoluzione dei due indici considerati (calcolati in media mobile a 7 termini) nelle 21 Regioni e Province italiane. Questo ci consente di individuare le regioni che presentano una caduta della curva più piatta (come l’Abruzzo, il Friuli V.G., il Lazio, la Liguria, la Toscana o il Veneto).




Aumentano gli italiani poveri

Cresce ancora il rischio povertà o esclusione sociale nel nostro paese. I dati diffusi recentemente dall’Eurostat parlano di un nuovo aumento (seppur basato su dati provvisori) delle persone economicamente vulnerabili nel 2016: sono circa 600mila in più rispetto a quanto registrato nel 2015. Ci riferiamo a quel segmento costituito da poco più di 18 milioni di persone che hanno sperimentato almeno una delle seguenti condizioni:

  • percepire un reddito equivalente inferiore al 60% del reddito medio disponibile nazionale
  • sperimentare difficoltà dal punto di vista materiale (come essere in arretrato nel pagamento di bollette o affitto, o il non poter sostenere spese impreviste di 800 euro)
  • vivere in famiglie con bassa intensità di lavoro.

Sono quasi un terzo degli italiani. Solo nella fase più acuta della crisi (2012) si erano raggiunti valori simili.

Se è il Mezzogiorno a presentare i valori più elevati (qui le cifre superano addirittura il 40%, raggiungendo il 55% in Sicilia), è il Nord-Ovest, con il Piemonte, ad aver registrato, nell’ultimo anno, l’aumento maggiore (+5,7 punti percentuali).